Professore, secondo lei stiamo smantellando la legislazione antimafia per crearne una nuova e più moderna, oppure, dobbiamo dedurre che la legislazione antimafia è irriformabile?Non credo assolutamente che non si possa creare una nuova legislazione antimafia efficace e al passo con i tempi e le evoluzioni delle nuove mafie. C’è solo una “condicio sine qua non” da superare: la volontà di farlo. Riscrivere una nuova legislazione non è cosa semplice poiché richiede coraggio e soprattutto determinazione a volte non curandosi delle conseguenze di alcune scelte necessarie. In passato avevamo Chinnici, Falcone, Borsellino, per citarne i più noti, oggi, quelle competenze credo manchino e la loro mancanza si sente, ma questo, ovviamente, non vuol dire che l’impresa non sia possibile.

Sentiamo spesso dire che lottare la mafia sia irrealizzabile perché le mafie sono ormai infiltrate nelle istituzioni, secondo lei è così?Solo in parte, ma credo anche che se il Parlamento avesse la forza e la volontà di riformare seriamente la legislazione antimafia, alla fine ci riuscirebbe e l’ha già dimostrato dopo la morte di Falcone e Borsellino. Mi auguro non dovremo ripetere quell’esperienza per avere una nuova legislazione in materia. Spero e credo che siamo ancora in uno Stato dove la forza della legge prevalga sulla forza del crimine. Se così non fosse, allora dovremmo cominciare a preoccuparci e non poco!

Secondo lei quindi è la politica a non volere un’efficace lotta alle mafie?C’è una parte di verità oggettiva in questa domanda. Ci sono all’interno dello Stato dei poteri deviati che spesso hanno retto il gioco alle mafie e sono stati in un certo senso funzionali agli interessi della criminalità organizzata. Sembra una tesi suggestiva, ma credo non sia affatto infondata.

Non è che la politica sia ferma nella lotta al crimine organizzato perché subisce il potere delle mafie?Direi che subisce il potere economico e corruttivo delle mafie e che spesso le conviene viste le numerose collusioni e complicità tra i due. Ciò che mi preoccupa di più, tuttavia, è l’indifferenza rispetto al problema mafia. Il Parlamento oggi sembra avere dimenticato la sua funzione: creare leggi per il bene della comunità, della democrazia e della sicurezza dei cittadini.

È così difficile apportare nuove modifiche alla già esistente legislazione antimafia?Non credo sia particolarmente complicato. Il problema di base è che per farlo dovremmo avere anche le persone giuste al posto giusto. Oggi purtroppo costato un grande deficit di competenze in materia di strategie di lotta alle mafie.

Chi potrebbe ovviare a questo problema? Non credo che in Italia non riusciremo a trovare un paio di giuristi competenti, onesti e responsabili in grado di scrivere proposte di legge concrete e ragionevoli.

Il Parlamento poi le approverebbe?Intanto cominciamo con lo scriverle, poi se il Parlamento non le approvasse, se ne dovrebbe assumere la piena responsabilità.

Secondo lei chi potrebbe essere annoverato tra i giuristi di cui lei ha parlato?Non è corretto fare dei nomi, sicuramente si dovrebbe scegliere tra gli avvocati, i magistrati e i docenti universitari. Sono certo che potremmo trovare le giuste competenze.

Che cosa pensa di quello che sta accadendo nella revisione oggettiva del cd. “sistema Falcone”, mi riferisco ai permessi premio e alla liberazione condizionale concessa ai mafiosi non collaboranti?Non è una novità, di queste revisioni si parlava da qualche tempo. La cosa che più mi preoccupa è il vuoto normativo in materia. Se questa lacuna non sarà colmata, sarebbe davvero sconcertante.

Secondo lei cambierà qualcosa?Come ho detto prima, per cambiare occorre volerlo e quello cui assisto spesso, purtroppo, non mi fa ben sperare.

Come è cambiata la lotta alle mafie dai tempi di Falcone a oggi secondo lei?Innanzitutto credo ci fossero livelli di impegno e di abnegazione nella lotta al crimine organizzato ben più alti. Per questo senso del dovere, molti sono morti. Naturalmente sono cambiate anche le mafie che da “grezze” si sono evolute diventando “mercatistiche”. Oggi alla violenza prediligono la corruzione. A queste metamorfosi credo bisogna adeguarsi al più presto anche in senso normativistico.

Intervista di Lucia De Sanctis


Vincenzo Musacchio
, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E' ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.