La Chiesa in Sopoćko dovrebbe essere come lievito, sale e luce del mondo (cf. Mt 5,13) e cioè impegno per la vita stessa del mondo. Pertanto, la Chiesa non può, per così dire, ritirarsi all’ombra del campanile o nelle sacrestie. In effetti, Gesù stesso ha mandato i suoi primi discepoli a non rimanere nascosti, ma ad evangelizzare il mondo, proclamando “il tempo della misericordia”. Per poter “predicare il messaggio della misericordia” e “assumere la categoria privilegiata sacramentaria”, la Chiesa dovrebbe “porre l’accento sull’opera salvifica di Dio misericordioso” nel mondo. La predicazione della misericordia, però, non è compito di pochi generosi, ma dimensione imprescindibile dell’essere cristiani[1]. 

L’opera salvifica di Dio è indubbiamente l’opera della sua misericordia nel mondo, che consiste nell’evangelizzazione e nella celebrazione dei sacramenti. Tuttavia, il frammento di mondo già “salvato” nel sacramento, per sua natura tende a diffondersi, estendendo a tutto il creato il dinamismo dell’incarnazione che lo vivifica. Notiamo anche, che l’opera salvifica della Chiesa si dilata nella “promozione umana”[2].

Consideriamo che questo termine “promozione umana” si diffonde  nell’ambiente ecclesiale a seguito della costituzione Gaudium et spes. Al numero 35, questo termine viene usato per distinguere gli “umanesimi materialisti dall’umanesimo cristiano”, avente come orizzonte la promozione integrale dell’uomo, in tutte le dimensioni: personale, comunitaria, temporale, spirituale, storica e trascendente. Possiamo dire che la “promozione umana” ha una radice teologica che la pone al riparo da possibili, distorte riduzioni. Essa indica l’impegno dei cristiani a rendere presente in una società secolarizzata, o non ancora cristiana, la salvezza portata da Cristo. Nell’ottica della “promozione umana”, Sopoćko scrive che:

   «Cristo ama la nostra persona, considerata anche come corpo. La misericordia con la quale il Salvatore ci abbraccia, supera ogni tipo d’intelligenza umana. Grazie al suo sguardo che ci rende felici, con i suoi occhi guarda tutti i membri del corpo mistico e nello stesso tempo ciascuno individualmente. Cristo è presente in noi attraverso lo Spirito Santo, il quale in continuazione si dona e opera in noi. E se Cristo  è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione» (Rm 8,10)[3]. 

 L’espressione “Cristo presente in noi” sta ad indicare “il nuovo umanesimo di Cristo” donato e operato dallo Spirito Santo nell’uomo capace di lasciarsi “abbracciare” da Dio misericordioso. Egli ama tutta la persona umana e prende in considerazione anche l’aspetto corporale, offrendogli il dono della vita nuova. 

Secondo Sopoćko, i compiti più specifici della Chiesa nella prospettiva pastorale sono: l’annuncio del “vangelo della misericordia” e la “celebrazione dei sacramenti”. Da questi due compiti, essendo segni dell’amore misericordioso di Dio, scaturisce necessariamente l’impegno per “la promozione integrale dell’uomo”. Se si dovesse affermare che l’annuncio del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti non abbiano una ripercussione nella storia, si rischierebbe di cadere in “un dualismo”, che sicuramente farebbe procedere fede e storia su due piani paralleli, senza punti d’incontro[4]. I punti d’incontro, invece, esistono e sono necessari. Essi consistono nelle mille sfaccettature, che assume la carità cristiana: dalle opere di misericordia corporali alle spirituali, dall’impegno sociale e politico alla ricerca scientifica, dall’elemosina all’accoglienza e dal volontariato alla condivisione[5].   

don Gregorio Lydek - ks. prof. Grzegorz Lydek



[1] Cf. M. Sopoćko, Kazania o Miłosierdziu Bożym, pp. 46-48. 
[2] Cf. ibidem, pp. 63-65.
[3] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. III, pp. 233-234.
[4] Cf. M. Sopoćko, De misericordia Dei, p. 43: Miłosierdzie Boga w dziełach  Jego, vol. II, p. 38: Jezus Król Miłosierdzia, pp. 126-128; Kazania o Miłosierdziu Bożym, pp. 67-69; Poznajmy Boga w Jego  Miłosierdziu, pp. 118-119.
[5] Potremo dire, seguendo il papa Benedetto XVI, che «non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina, solo allora essa sarà anche veramente umana»: Benedictus xvi, Lettera nell’indire l’Anno della Fede - Miei cari sacerdoti, in AAS 98 
(2006) 52-53. Teniamo ben presente, che «alla base della missione della Chiesa, in tutte le sfere di cui parlano le numerose indicazioni del più recente Concilio Vaticano II e la plurisecolare esperienza dell’apostolato, è attingere alla fonte del Salvatore. Solo Lui traccia molteplici orientamenti alla missione nella vita dei cristiani, delle singole comunità ed anche dell’intero Popolo di Dio. L’attingere alle fonti del Salvatore non può essere realizzato in altro modo se non nello spirito della povertà a cui ci ha chiamato il Signore, con la parola e con l’esempio: Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10, 8). Così, in tutte le vie della vita e del ministero della Chiesa - attraverso la povertà evangelica dei ministri ordinati e dell’intero popolo, che rende testimonianza alle grandi opere del suo Signore - si è manifestato ancor meglio il Dio ricco di misericordia» (DM, 14).