Esteri

Mutazioni genetiche

Il decennio degli anni ’90 comprende le più significative modifiche economiche, politiche e militari a livello mondiale.

E’ molto interessante affrontare il fenomeno della criminalità organizzata che in quegli anni  subiva una modificazione radicale, dimostrando di  possedere uno spirito di iniziativa , senso degli affari e del potere molto superiore ai Paesi occidentali infatti nel 1993, la mappa della criminalità in Europa mostrò delle  novità estremamente inquietanti: la mafia russa comparve in Svezia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Inghilterra e in molte città americane, la mafia americana comparve in Russia e nel contempo la mafia siciliana, presente anch’essa in Russia, collaborava sia con i russi che con gli americani.

I mafiosi americani e siciliani avevano a Sverdlovsk, nel centro pulsante del complesso industriale-militare russo, una “Banca internazionale della Russia meridionale”. Di rimando, negli Stati Uniti i mafiosi russi e americani avevano a Rochester, nello stato di New York, una “Himbank”.

Non poteva mancare un clan della ‘ndrangheta che aveva intenzione di convertire tramite una banca tedesca due miliardi di dollari in rubli per acquistare una banca tutta sua a San Pietroburgo oltre a un’acciaieria russa e una raffineria di petrolio.

Mentre i ceceni della mafia russa operavano attivamente nella City di Londra per crearsi una base finanziaria.

I colombiani avevano un “ufficio di rappresentanza” a Varsavia e erano in affari con la mafia russa in un colossale traffico di cocaina a San Pietroburgo.

Si scoprì all’improvviso che le famiglie mafiose siciliane operavano attivamente non solo in Germania ma anche in Francia, Belgio e Olanda. In America emergeva che i siciliani stavano defenestrando due famiglie della mafia americana, di Boston e Filadelfia.

I leader della potente organizzazione giapponese, la Yakuza , si stavano incontrando con i loro colleghi occidentali a Milano, Venezia, Genova e Londra.

Nel contempo le Triadi stavano rafforzando la loro presenza inviando da Hong Kong una massa di adepti in America, Inghilterra e Olanda infiltrandosi gradualmente in quasi tutti i Paesi dell’Europa occidentale.

Emerse che la Germania era il fulcro dell’intera operazione criminale internazionale infatti nel suo territorio operavano ben settantadue organizzazioni infatti più del cinquanta per cento appartenevano a gruppi misti internazionali con collegamenti triangolari: da Berlino alla Russia e all’America; da Francoforte all’Italia e all’America; da Monaco alla Thailandia e all’America.

Non c’era bisogno di prove per la mafia siciliana che operava liberamente sin dagli anni ’60 tra Germania e America. Ciò che lasciava sorpresi erano i ceceni, i georgiani, gli ucraini, gli azeri che costituivano una massa di delinquenza pericolosa che stava invadendo la Germania proveniente dall’ex URSS dopo il crollo del muro come avevano previsto gli investigatori di Mosca infatti solo dopo tre anni che aveva raggiunto Berlino  la mafia russa aveva trasferito illecitamente sette miliardi di dollari dalla Russia alla Germania e, secondo il Ministero degli Interni russo, era responsabile di circa un terzo dei reati commessi dalla criminalità organizzata. Si calcolava che circa trecento bande si erano installate nel paese e trattavano droga, armi, materiale radioattivo, denaro falso, antichità, auto rubate, riciclaggio di denaro e ricatto e si stava espandendo con rapidità in tutti i campi possibili e immaginabili.

In questo tipo di attacco criminale le distinzioni tra America e Europa erano insignificanti. Il BKA aveva assistito al delinearsi di questa situazione si dall’estate del 1991 quando i ceceni – molto attivi all’interno della colonia di immigrati - iniziarono la lotta per il controllo dei territori: accaddero numerose uccisioni di capi dei gruppi criminali in Germania, nel Lussemburgo, in Danimarca e in America. Come mai i ceceni comparivano in varie parti del mondo? Secondo il BKA nella mafia russa tutti viaggiavano. Nel febbraio del 1993 fu intercettato a San Pietroburgo un carico di più di una tonnellata di cocaina, fu il più grosso sequestro di droga mai visto in Russia, il secondo in Europa che segnava il debutto della mafia russa sulla scena del traffico internazionale di stupefacenti. Il BKA ricostruì il sistema di acquisto, trasporto e spaccio utilizzato dalla mafia russa. Il cartello di Calì si era accordato con i trafficanti israeliani in Colombia che lavoravano per una gang della mafia russa in Belgio, questa a sua volta collaborava con altri criminali russi ad Amsterdam, che infine mandarono i loro uomini per prendere il carico a San Pietroburgo e farlo proseguire verso la Germania.

Dalle indagini emerse che cinque o sei russi finiti nella rete del sequestro di droga erano coinvolti in affari ancora più sporchi ed erano sotto controllo da più di un anno dagli inquirenti tedeschi infatti appena i confini orientali della Germania erano caduti, i malviventi russi che operavano a Berlino avevano iniziato a creare una fitta rete di joint ventures connesse tra loro e con Mosca.  Le “direzioni centrali” erano sempre a Berlino; le “filiali” spuntavano qua e là in Belgio, in Olanda, nel Lussemburgo, in Ungheria, nella Corea del Sud, a New York, Los Angeles e Miami. Nell’inverno del 1993 altre filiali sarebbero state aperte nei paesi baltici.

In una intervista il capo della squadra del BKA Wolfram Bieling affermava: “Proprietari e dirigenti sono sempre gli stessi. Cinque o sei mandano avanti le cose all’estero, e sono molto, molto affaccendati. Hanno legami con quelli che trattano diamanti ad Antwerp, e con la mafia russa a Brooklyn. Hanno contatti con tutta l’Europa orientale. Vanno e vengono dalla Russia. Sappiamo che sono in contatto stretto e permanente con i più grossi boss mafiosi di Mosca e San Pietroburgo…”. Il responsabile ammise che non era possibile penetrare la cortina di copertura.

Nell’inverno del 1993 sbarcavano a Londra due malviventi ceceni con un milione di sterline in contanti per creare una base finanziaria nella City di Londra – tutti e due vennero assassinati il giorno successivo al loro arrivo nei loro appartamenti lussuosi-  erano dei trafficanti di eroina, sicuramente producevano anfetamine. Utilizzando due delle loro compagnie di facciata, l’American Eagle e l’MS international importavano le sostanze base dall’Europa orientale e utilizzavano i chimici della Stasi (ex polizia segreta comunista), la raffinazione avveniva all’interno delle caserme dell’Armata Rossa in Germania. Le loro compagnie facevano regolari spedizioni per via aerea dal Sud Est asiatico agli USA  di solito con un solo scalo a Berlino. Era solo una giacca o un soprabito in pelle di poco valore dentro un contenitore vuoto di qualsiasi altra cosa.

Che cosa era realmente accaduto in Europa dopo la caduta del muro di Berlino?

Rimasti abbandonati al loro destino i 280 mila uomini dell’Armata Rossa dislocati nei Lander orientali divennero una facile preda per la mafia russa che ne arruolò moltissimi tra le sue fila addirittura alti ufficiali. Gli stessi costituivano una fonte inesauribile di tutti i materiali che fanno parte dell’equipaggiamento di un numero così elevato di militari, un agente della dogana americana dopo una visita disse: “Le caserme russe sono spalancate. Chiunque può fare il carico di bevande alcooliche, sigarette, mobili, armi, materiale vario…. È un incubo!”

Compagnie locali appena fondate per l’occasione come la Russobalt West e la Nevikon Share Holding vendevano armi in quantità industriali: Kalashnikov, razzi, mine, missili anticarro, le granate dirompenti a mano erano vendute a cinque marchi al pezzo (tre dollari).

Il traffico avveniva senza alcun intervento del governo, i soldati godevano di “uno sdoganamento esente da dazio per questi e per tutti gli altri tipi di forniture militari e avevano una zona privata di frontiera libera per l’accesso in Polonia a Katnin-Swinemunde , sotto esclusivo controllo militare russo”.

Tali fatti non fanno parte delle statistiche criminali ufficiali e per questo i russi facevano una figura migliore degli altri criminali. Ufficialmente i comportamenti criminali sembravano contrari alla loro natura perché: “I corpi che ricoprivano con il calcestruzzo erano di altri russi; gli uomini che terrorizzavano erano immigrati russi; non alzavano un dito sui cittadini tedeschi, né ammazzavano malviventi loro rivali di altre nazionalità, né si legavano ai più grossi team criminali multinazionali. I loro reati più visibili, furto d’auto e contrabbando, erano in gran parte commessi con polacchi e altri europei dell’Est (il terminale italiano di automobili rubate era gestito perlopiù proprio in Italia).

La loro principale fonte di reddito consisteva nel frodare il governo tedesco, con poca violenza e nessun rischio. Usavano l’Armata Rossa per contrabbandare alcol, sigarette, video, televisori, computer e armi dentro e fuori del paese, liberi da ispezioni e obblighi doganali. Falsificavano ricevute di commissari dell’esercito e chiedevano rimborsi fiscali su enormi carichi mai esistiti. Rubavano i carichi che effettivamente venivano spediti, e si facevano assegnare rimborsi fiscali (200 tonnellate di alcool puro spedito alle truppe in Germania finirono sul mercato nero polacco).

Più di ogni altra cosa, esigevano moneta forte dalla banca centrale tedesca per commerci fittizi con l’ex blocco sovietico; il loro capolavoro fu il bidone del ‘rublo di trasferimento’. Il rublo di trasferimento non era una moneta, ma una quotazione artificiale stabilita per il commercio con il Comecon, il mercato comune del blocco sovietico, caratterizzato da valuta debole. Economicamente non aveva senso in un libero mercato, dove produsse devastazioni per un periodo di due anni dopo il crollo del blocco sovietico.

Nel 1989, mentre i regimi comunisti dell’Europa dell’Est iniziavano ad affondare, le loro banche centrali erano costrette a pagare il rublo di trasferimento, finché questo non venne formalmente abolito nel gennaio 1992. Questo periodo di tempo permise alla mafia russa e al KGB, fra gli altri, di derubare a tutto spiano le banche.

In Polonia, dove la moneta locale, lo zloty, è convertibile, 158 presunte compagnie di import-export comparvero dal nulla e presentarono al cambio banconote per un ammontare complessivo di due miliardi e mezzo di rubli, pagati per inesistenti spedizioni di beni in Russia. Parecchie di queste compagnie risultarono essere dei prestanome del KGB; il ministro degli interni polacco riteneva che le altre fossero mafia russa o KGB o entrambi. Chiunque fossero, nel 1991 si fecero versare dalla Banku Handlowego di Varsavia tre miliardi in dollari, quaranta volete la quotazione del rublo di allora.

La Germania fu colpita molto più duramente. Dopo aver formato un’unione monetaria con la Germania orientale, la banca centrale tedesca dovette pagare il doppio per il rublo di trasferimento, perché pagava in marchi della Germania Federale, che valevano il doppio di quelli della Germania dell’Est”.

L’esperto di criminalità organizzata del BKA Jurgen Maurer commentò. “Operavano attraverso la Deutsche Augsenhandelsbank di Berlino Est, utilizzando falsi contratti con la Russia, falsi documenti per beni ‘made in the German Democratic Republic’, false fatture di carico, ecc. ecc. . La Banca accettava qualsiasi pezzo di carta. Con i rubli di trasferimento, qui, i russi fecero massacri”.

Nel 1993 la commissione speciale per le frodi relative all’unificazione quantificò in 7 miliardi per i rubli di trasferimento e 20 miliardi di marchi per le altre truffe per un totale di 13 miliardi di dollari.  La mafia russa e le altre organizzazioni criminali di 68 nazionalità diverse oltre al danno economico stavano infliggendo un danno psicologico alla popolazione amante dell’ordine e della tranquillità.

Solo nel 1992 furono accertati 6 milioni di atti di violenza, un aumento del consumo di eroina, 2091 morti per overdose, vi erano interventi quasi quotidiani delle teste di cuoio: la Germania sembrava un campo di battaglia al punto che un giornalista dichiarò pubblicamente che il paese stava raggiungendo "il livello americano" mentre la criminalità diventava sempre più ricca e potente.

Autore Lucia Pomponi
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