Se il Quirinale tentenna …
Mi auguro di non avere avute le traveggole così a lungo se negli ultimi anni, almeno dieci, mi è parso che sulla scena politica italiana si siano avvicendati solo comici, ciarlatani, smemorati, fantocci, spacconi, palloni gonfiati, in rappresentanza più o meno di tutte le colorature politiche.
Un apparato scenico reso ancora più avvilente dal diffondersi, perfino a livello istituzionale, di espressioni gergali e di linguaggi più confacenti al bar dello sport.
In questo preoccupante bailamme l’unico punto di riferimento al quale rivolgere lo sguardo per non essere sopraffatto dalla destabilizzante marea di mediocrità, mi era sembrato, almeno fino ad oggi, l’inquilino del Colle, l’unico in grado di garantire il rispetto dei principi costituzionali e democratici.
Ripeto fino ad oggi, però, perché in queste ultime ore qualcosa sta facendo vacillare anche la mia fiducia in questo riferimento istituzionale.
Ad onor del vero qualche momento di perplessità l’avevo già provato quando al Quirinale c’era il suo predecessore ma ammetto che da quando , nel febbraio 2015, era salito al Colle il presidente Mattarella mi sentivo più rassicurato, nonostante la sua nomina fosse stata voluta e patrocinata da Matteo Renzi, un individuo rivelatosi ben presto inaffidabile.
Devo riconoscere che al presidente Mattarella è toccata in sorte la difficile crisi seguita al voto del 4 marzo 2018, crisi che ha saputo gestire con equilibrio e fermezza pur nel confronto con due interlocutori ruspanti ed istituzionalmente rozzi, Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Anche per questo mi sarei atteso che con altrettanto equilibrio e fermezza il Capo dello Stato si confermasse garante della Costituzione e degli impegni internazionali anche nel valutare e promulgare i provvedimenti del governo.
Nei giorni scorsi, invece, il presidente Mattarella ha firmato e promulgato il cosiddetto decreto Salvini, Immigrazione e Sicurezza, pur nutrendo evidentemente perplessità sulla sua costituzionalità.
Infatti, con una procedura anomala si è premurato di inviare subito una lettera al presidente del Consiglio invitandolo a farsi lui garante del rispetto della Costituzione, espressamente dell’art. 10, e delle leggi e dei trattati internazionali a cui aderisce l’Italia.
Mi domando: se il Capo dello Stato nel contenuto del decreto non ha riscontrate sufficienti garanzie sia costituzionali che di rispetto degli impegni internazionali del nostro Paese, come mai non si è avvalso delle sue prerogative ricorrendo alla cosiddetta “moral suasion” per suggerire modifiche al testo che dissolvessero i suoi dubbi?
Mi appare alquanto singolare, cioè, il proposito di rovesciare sul premier la responsabilità di farsi lui garante di attribuzioni che competono innanzitutto proprio al Capo dello Stato.
Anche perché al presidente Mattarella non sarà sfuggito, in questi mesi, che il premier Conte subisce le pensate di Salvini e ad agosto nel caso del pattugliatore Diciotti della Guardia Costiera, ad esempio, è intervenuto solo, a caso conclamato, per metterci una toppa su sollecitazione però del Quirinale.
Se anche il Capo dello Stato incomincia a titubare … mala tempora currunt !