L'Italia continua a registrare un calo preoccupante nel tasso di natalità. Nel 2022, in base al dato odierno diffuso dall'Istat,  il numero di nascite è sceso a 393mila, segnando un calo del -1,7% rispetto all'anno precedente, stabilendo così un nuovo record negativo.

La tendenza alla denatalità non mostra segni di arresto nemmeno nel 2023.

Secondo i dati provvisori dei primi sei mesi, le nascite sono diminuite di circa 3.500 rispetto allo stesso periodo del 2022. Il tasso di fecondità per donna è sceso a 1,24, mostrando una leggera flessione rispetto al 2021 (1,25).

La stima provvisoria basata sui primi sei mesi del 2023 indica un tasso di fecondità ulteriormente in calo di 1,22 figli per donna. Per dare un quadro più ampio, nel 2010 il tasso medio di figli per donna aveva raggiunto il picco massimo degli ultimi vent'anni con 1,44 figli.

Il calo delle nascite - riporta l'Istat - è in parte causato dai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne sono infatti meno numerose di un tempo.

Quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) sono quasi tutte uscite dalla fase riproduttiva mentre quelle che oggi ancora vi si trovano scontano l'effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di continua riduzione della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

Negli ultimi anni si è inoltre attenuato l'effetto positivo sulle nascite determinato dalla popolazione straniera, esercitato a partire dai primi anni Duemila. In quegli anni le donne straniere realizzavano i loro progetti riproduttivi contribuendo in modo importante all'aumento delle nascite e della fecondità di periodo.

Tale apporto negli ultimi dieci anni tende a perdere di efficacia, mentre aumenta la presenza straniera (oggi pari all'8,6% della popolazione residente totale, contro il 7,6% del 2012) e maturano i processi di integrazione e di adeguamento agli stili di vita del Paese di accoglienza. La diminuzione dei nati è comunque attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani (311.117 nel 2022, quasi 169mila in meno rispetto al 2008).

A diminuire sono poi soprattutto le nascite all'interno del matrimonio, pari a 230.016, circa 10mila in meno rispetto al 2021 e 233mila in meno nel confronto con il 2008 (-50,3%). Può dirsi, di fatto, conclusa quella fase positiva che nel primo decennio degli anni Duemila vedeva le donne italiane recuperare le nascite rinviate dagli anni Novanta.

I nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero continuano a diminuire nel 2022, attestandosi a 82.216 unità e costituendo il 20,9% del totale dei nati. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull'anno precedente, queste nascite sono diminuite di 25.789 unità.

I nati da genitori entrambi stranieri sono 53.079 (26.815 in meno sul 2012) e costituiscono il 13,5% del totale dei nati. I nati in coppia mista, passati da 28.111 nel 2012 a 29.137 nel 2022, presentano nel tempo un andamento tutt'altro che regolare. Il crescente grado di “maturità” dell'immigrazione nel Paese, testimoniato anche dal notevole aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana, rende però sempre più complesso misurare i comportamenti familiari dei cittadini di origine straniera.

Si riscontra, infatti, un numero rilevante di acquisizioni di cittadinanza proprio da parte di quelle collettività che contribuiscono in modo più cospicuo alla natalità della popolazione residente. Dai dati più recenti sulle acquisizioni emerge che, nel 2021, circa il 40% delle acquisizioni di cittadinanza da parte di donne straniere riguarda le collettività albanese, marocchina e rumena.

L'evoluzione della fecondità di periodo è fortemente condizionata dalle variazioni nella cadenza delle nascite, ovvero dalle modifiche osservate nel tempo nella distribuzione per età delle madri.

L'aumento del numero medio di figli per donna registrato tra il minimo del 1995 e il 2010, ad esempio, si è verificato nei territori interessati dal recupero delle nascite precedentemente rinviate dalle donne italiane, e dove la presenza straniera è più stabile, radicata e con un profilo per età delle madri più giovane (quindi più nati stranieri o con almeno un genitore straniero).

Storicamente, ciò è accaduto in particolare nelle regioni del Nord e del Centro mentre nel Mezzogiorno è proseguito il fenomeno della denatalità a causa della posticipazione delle nascite, ancora in atto da parte delle cittadine italiane, neanche compensata dalla quota, modesta in questa area, di nascite di bambini con almeno un genitore straniero.

Per il totale delle donne residenti l'età media al parto rimane stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni, più alta per le italiane (32,9) rispetto alle straniere (29,6), ma rispetto al 1995 la crescita è di oltre due anni. In misura marcata è cresciuta anche l'età media alla nascita del primo figlio, che oggi si attesta a 31,6 anni, oltre tre anni in più rispetto al 1995.