Wall Street Dream
Meno male che abbiamo trascorso anni a berci quelle favole incantatrici chiamati film, ma dobbiamo averli guardati in monofonia o escludendo il campo lungo, senza attivare la nostra personale multicam: laddove ci siamo identificati, è stato sufficiente a spegnere gli altri piani e gli amplificatori della mente.
Nel 1987 uscì “Wall Street”, cult e stracult diretto da Oliver Stone, con l’allora divissimo Michael Douglas e la stella nascente, presto offuscata, Charlie Sheen, comprimaria Daryl Hannah, al tempo nota come fidanzata di John Kennedy jr.
Il protagonista Gordon Gekko affascinò più di quanto non fosse disprezzabile. Il finale moralista, come si impone sempre secondo i canoni della mecca del cinema, non riusciva a smontare la leggenda dell’uomo “fatto da solo”, cinico in un mondo che non ammette debolezze; e se esistesse una ideale continuazione, il discepolo arrapato Bud Fox avrebbe avuto seri grattacapi nel prosieguo della sua esistenza: chi tradisce il benefattore, di solito non è ben visto.
Poco dopo ci divertimmo con “Donna in carriera”: altro parterre di protagonisti top, da Harrison Ford a Melanie Griffith e Sigourney Weaver, consueta trama finto rigorosa, poiché i giochi tra quei grattacieli “non cambiano in corsa” come fa notare Tess che, sempre nel nostro immaginario prosieguo, subentra come boss buonista, ma dovrà, presumibilmente, adeguarsi alle feroci regole dell’ambiente, per non soccombere.
I clintoniani anni novanta sembrano volersi dedicare a sogni e fantasie di un mondo nuovo, in cui la Cia non ci spia più e finalmente i tesori dei pirati della “strada del muro” vengono liberati dai forzieri e distribuiti al popolo.
“Firewall – accesso negato”, del 2006, mostra un disperato Harrison Ford, ancora in forma, aggirarsi attraverso i dedali della vita on line, della quale pure si riteneva esperto, un nuovo mondo che mette a rischio tutte le certezze su cui ancora l’uomo della strada crede di poter fidare: realtà virtuale, pericolo reale.
Nell’ottimo “ The company men”, del 2008, rivediamo Affleck, affiancato, tra gli altri, da Tommy Lee Jones e il carismatico Chris Cooper, perdere tutto e ritrovarsi sull’orlo dell’abisso, perché le società chiudono, con il contorno di macerie di vita e suicidi, pur di buttarsi suoi nuovi business, prima fra tutti la sanità.
Nel 2013 viene prodotto “Assalto a Wall Street”, protagonista il palestratissimo Dominic Purcell – e rivediamo dopo tanto tempo Eric Roberts; l’operaio, già in affanno per la malattia della moglie, perde tutto, compresa lei, che spira per mancanza di cure, a causa delle speculazioni impazzite: il giustiziere oggi non va in cerca di teppisti, ma di quelli che crede tirare i fili nella torre d’avorio, protetti meno di quanto crede.
Lo stesso anno vede apparire il kolossal “ The Wolf of Wall Street” , dietro la cinepresa un altro mito come Martin Scorsese, e siamo ovviamente stregati dallo sfrontato new tycoon Leonardo Di Caprio che calpesta ogni forma vivente gli si pari davanti, pur di arrivare in vetta, in un tripudio di orge lisergiche e sessualmente disorientate.
Era il 1989, la trama: due frivoli giovanotti costretti a lavorare in una torrida estate a New York, scoprono, del tutto casualmente e non certo per ansito di mani pulite, che il loro capo, viveur cocainomane e apparentemente milionario, ha messo in piedi una grande truffa – che oggi sappiamo aver viaggiato in tandem con lo schema Ponzi – irritando la mafia che lo supportava ( in verità, i malavitosi da questo disegno escono meglio di altri).
In certi frangenti, o si ride o si muore