Il 3 ottobre è la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, nella data che ricorda il naufragio di un'imbarcazione proveniente dalla Libia, avvenuto nel 2013 non lontano dal porto di Lampedusa,  in cui perirono circa 400 persone.

Ma nonostante sia stata istituita questa ricorrenza, i migranti (compresi donne e bambini) continuano ancora a morire nel Mediterraneo: sono oltre 15.000 dal 2013 ad oggi.

Questo nonostante i vari Paesi europei si alternino, senza far nulla di concreto, nel dichiarare la necessità di vie d'accesso sicure.

Così si è espressa sull'argomento Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children: «Sei anni fa, di fronte alle centinaia di corpi delle vittime del tragico naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, l'Europa aveva detto "Mai più", ma dal 2013 ad oggi oltre 15mila persone tra cui tantissimi bambini e adolescenti, hanno perso la vita o risultano disperse tentando di attraversare il Mediterraneo.

Negli anni l'Europa ha progressivamente rinunciato alle operazioni di ricerca e soccorso, scegliendo di proteggere i confini e non le persone, mentre l'impegno per il salvataggio in mare è stato scoraggiato.

Il recente summit di Malta potrà rappresentare il primo passo per l'avvio di un'azione europea condivisa a condizione che il Consiglio europeo Giustizia e Affari Interni, previsto per il 7 e 8 ottobre, impegni concretamente i Paesi membri nel garantire il pieno rispetto del diritto internazionale, riconoscendo - anche alla luce dell'allarme crescente delle Nazioni Unite - che la Libia versa oggi in una terribile situazione di fragilità e instabilità e non può essere considerata in alcun modo come un porto sicuro.

È insopportabile continuare ad essere testimoni delle morti in mare. È fondamentale e urgente che l'Europa si impegni stabilmente a garantire vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare così che decine di migliaia di bambini, donne e uomini continuino ad essere costrette a ricorrere ai trafficanti, subendo ogni tipo di violenza e mettendo a rischio la propria vita».

Ma è inutile sperare che da parte delle istituzioni ci sia un'assunzione di responsabilità sul tema, almeno finché continueranno a far politica dei personaggi senza umanità e senza scrupoli che utilizzano la vita delle persone a scopo propagandistico, facendo credere a degli sprovveduti che lasciare annegare delle persone in mare serva a tutelare la sicurezza dei cittadini italiani.