TACCUINO #48
1. Decadenza Dentro la Decadenza
Un Mondo in Sopore
Perdita dell'Antidoto: la decadenza è rappresentata come una malattia senza cura, un disfacimento inevitabile dell’essere. Questo richiama l'idea che la modernità, nella sua volontà di "progresso", abbia distrutto ogni possibilità di "salvezza" autentica.
Vergogna e Sopore: il mondo, incapace di risvegliarsi dalla propria alienazione, si rifugia nel torpore. Il concetto di sopore non è solo un’indifferenza, ma una complicità con il disfacimento.
2. L’Uomo Perso e la Vergogna
Vergogna come Essenza della Decadenza:
La vergogna non è solo una reazione morale, ma una manifestazione ontologica. L’uomo che si è perso ha abbandonato la propria essenza, riducendosi a un simulacro.
Simulazione e nulla: in questo contesto, l'uomo non vive, ma recita. La decadenza è il risultato dell’abbandono del sentire viscerale, della connessione con l’essere.
Disfacimento e Orrore:
La cosa uno e la uno cosa cosiddetta uomo è privata di radici, abbandonata in un vuoto che si moltiplica.
Il nostro parallelismo tra la condizione dell’uomo e la carnefice è essenziale: ciò che è dentro il mostro si proietta fuori, trasformandosi in un mondo che riflette questa distruzione.
3. Mostrare il Mostro: La Praxis
Esporre l’orrore:
Il nostro lavoro assume una funzione rivelatrice. Non esercitiamo salvezza. Mostriamo al mondo ciò che si cela nel buio.
Questo atto è sia una denuncia sia una forma di creazione: rivelare il mostro significa sfidare il mondo a vedere ciò che preferirebbe ignorare.
Terribile Meraviglia:
L’orrore che esponiamo non è privo di bellezza. È una "terribile meraviglia", qualcosa che affascina e respinge, come un abisso che invita a essere osservato.
4. Il Ruolo dell’Efferatezza
Efferatezza come Verità:
L’efferatezza che riconosciamo nella carnefice e nel mondo non è un’eccezione, ma il nuovo tratto distintivo di una realtà che ha perduto autenticità. È un elemento strutturale della condizione umana decadente.
Io Sono Chi Mostra il Mostro:
La nostra frase racchiude un’identità radicale e una incombenza filosofica. Siamo colui che non solo osserva, ma serviamo a altri osservazione. In questo atto, trasformiamo il silenzio della complicità in un grido di consapevolezza.
«Chi non vede il vero è nascosto dietro falsi specchi d'illusione».
5. Proposta per un Nuovo Lavoro
Titolo Provvisorio: Mostrare il Mostro. L’Efferatezza dell’Uomo e la Decadenza del Mondo
Introduzione:
Esplorazione del concetto di mostruosità come rivelazione dell’essenza decadente.
Parte I: Decadenza come Condizione Universale
Analisi della perdita dell’antidoto e dell’abbandono della connessione con l’essere.
Parte II: Mostrare il Mostro
La rivelazione dell’orrore come praxis filosofica.
La connessione tra efferatezza interiore e realtà esteriore.
Parte III: Terribile Meraviglia
L’orrore come forza creativa.
Come affrontare la bellezza del disfacimento senza cedere alla disperazione.
1. Decostruzione del Sacro Moralistico
Critica alle illusioni moralistiche
La morale come strumento di oppressione: analisi del moralismo storico, con particolare attenzione all'influenza cristiana nel trasformare il senso comune in una prigione concettuale.
Il sacro come separazione: non come morale, ma come inviolabile. Un territorio immune alle fallacie e alle imposizioni culturali.
Impermeabilità alla logica convenzionale
Rigetto del compromesso: la filosofia non deve adattarsi a convenzioni. Questo è un manifesto per la purezza del pensiero, libero da contaminazioni utilitaristiche o politiche.
2. Superamento delle Fallacie Aristoteliche
Critica del sillogismo e della categorizzazione
Aristotele ha creato strutture logiche che hanno influenzato il pensiero occidentale per millenni. Qui proponiamo:
Decostruzione delle basi logiche: mostrare come il sillogismo spesso costruisca verità apparenti piuttosto che reali.
Rifiuto delle dicotomie: bene e male, giusto e sbagliato, e altre strutture binarie come limiti del pensiero umano
3. Polverizzazione del Pensiero Socratico e delle Fantasie Platoniche
Socrate: il problema della maieutica
Criticare il dialogo come strumento di scoperta della verità.
Socrate come simbolo di un approccio che perpetua l'illusione della conoscenza razionale.
Platonismo e Cristianesimo
Platonismo cristianizzato: identificare come le idee di Platone siano state piegate alla narrazione religiosa, contribuendo a costruire una teologia astratta e alienante.
Critica dell’iperuranio: rifiuto dell’idea che esista un mondo "perfetto" al di fuori della realtà materiale.
4. Oltre il Pensiero: Proposte per un Nuovo Paradigma
Pensiero biologico-viscerale: riconnettere il pensiero alle sue radici biologiche e sensoriali.
Antifilosofia come azione: non pensare per costruire sistemi, ma per distruggere strutture e liberare energia creativa, dall'analisi di ogni frammento.
Una nuova sacralità: non un dogma, ma un terreno inviolabile di autenticità.
L'Illusione dell'Innamoramento e la Fuga dal Corpo
L’Amore come Fusione Corporea, l'Innamoramento come Inganno Sensoriale
In questa visione, l’amore non si riveste di emozioni o di affezioni: è una semplice e nuda unione dei corpi, spogliata di sovrastrutture concettuali, interpretative o metafisiche. Il corpo diventa qui il solo e unico attore, mentre ogni altro aspetto è illusorio. Esso non si costruisce su affetti, ricordi o promesse, ma solo sull’istante della presenza fisica, una realtà priva di suggestioni emotive.
Innamoramento come Appercezione Metafisica: un Inganno del Senso
L’innamoramento, in antitesi, rappresenta l’appercezione metafisica e l’inganno dell’essere umano, una fabbrica di illusioni prodotte dal sistema sensoriale e percettivo. È un fenomeno metafisico, nell'accezione che si tratta di una sovrapposizione immaginaria sulla realtà dell’altro, un involucro di aspettative e interpretazioni in cui l’oggetto d’innamoramento viene falsato, quasi annullato.
L’Essere che Fugge dall’Essenza dell’Altro: la Paura dell’Incontro Autentico
Quando la realtà della persona amata appare senza più il filtro dei sensi, vi è un’istintiva repulsione, un ritorno all’essere puro che si ritrae, spaventato dalla concretezza e dalla finitezza. È questo il paradosso dell’innamoramento: mentre ci illudiamo di cercare unione, fuggiamo appena emergono i limiti e la verità concreta dell'altro. Così, ciò che è "altro" non è più un prolungamento della propria appercezione, ma un enigma inquietante.
Percezione Autentica e Distacco dai Sentimenti
La percezione autentica, quale intesa prerogativa, consiste in una visione sgombra da affetti e proiezioni. Vedere il mondo senza alcuna deformazione sensoriale è percepire l’essenza pura delle cose. È una forma di conoscenza asciutta, diretta, libera dall’intossicazione di quelle interpretazioni che distorcono il reale.
La Critica all’Uomo Liquido e il Risveglio dall’Intossicazione
Se l’uomo contemporaneo, intossicato dal “sociale", percepisce solo attraverso le lenti dell’apparenza e delle affezioni, la vera essenza richiede una disintossicazione radicale. Una volta abbandonati questi filtri, l’essere umano scopre la vacuità di quei sentimenti che attribuiva alle cose. Tale disintossicazione porta a un radicale distacco da ciò che è convenzionalmente noto come “amore,” “sentimento” o “connessione".
«Ancora, sottolineiamo le realtà contemporanee, ove, se un tempo l’essere "primitivo" possa o non possa aver avuto pudore, la morale ha cancellato la natura delle cose. Il dramma cristiano, che abbia acceso la miccia di una, o su una, polveriera, o che abbia ideato dinamite, fatto quel che voleva, quel che doveva, tra nodi e libertà, conduce tempi e baruffe. Oggi, dovremmo essere contenti di un risultato liquido e multiforme? Dovremmo essere contenti dell’abbandono, del sacro mancato, del capovolgimento dei cosiddetti "valori"? Le cosiddette divinità sono morte perché certo, chi, dalla morte dell’uomo non avrebbe abbandonato la moribonda specie che oggi sopravvive il pianeta Terra? Chi non avrebbe abbandonato la miseria che ad ogni apertura di ogni palpebra di ogni cosa mortale fa assistere alle manifestazioni dell’accaduto e dell’accadere tra panorami che hanno visto animali nudi relegati alla propria natura delle cose nei deserti, nelle savane, nella tundra, nei mari, nei cieli, nei boschi, nelle foreste, e oggi, altri animali e tutti, "in rete", all’interno di contenuti sociali, nei porno, lupanari senza vita di pelli che han ben spiegato l’uguaglianza tra “professionisti” e “amatori”, nella facilità per tutti di sapersi attratti da facilità non dell’uomo, quale il denaro, e facilità ad appannaggio di imbellettati e inutili, alla moda e classici, parlanti e muti, violenti e sdegnati, quale il sesso? Bene, avete spiegato. Avete ben spiegato? Ora basta. Si vive nell’apparire dell’apparire del doveroso “venir fuori”, nello sconfinamento di privato, sensibile, intimo. Ma non c’è ribaltamento. Non c’è “il mondo capovolto”! Solo la condizione dell’egolatra che tra animali in piccolissimo numero sul cosiddetto geoide, o globo, oppure l'orbis terraqueus, o ancora la piatta lastra, si discute se debbano o non debbano partecipare delle statistiche d’estinzione. Ma non ne siamo certi. Anche se non vi fossero parlanti, scriventi, pensanti, vi sarebbero riflettenti, quantomeno partecipanti del riflettere sul pensiero proprio non pensato, scaturito dall’origine dell’impulso che muove i neuroni cariaci. E, domani, un altro, un’altra, aprirà gli occhi sull’orrore, sulla meraviglia. E, domani, si farà tesoro di un movimento che ha condizionato paure e dissertazioni sull’ultima fine dell’ultima fine, e sull’ultima attesa dell’ultima attesa, caricando di nuova linfa l’ignoto, il buio, la morte. Ma qui, noi non sappiamo. Ancora vediamo. O non vediamo?».
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