"Far parte di quella squadra è stato per me un gran divertimento e un grandissimo privilegio. Quando abbiamo sollevato la Coppa eravamo esaltati, felici per noi stessi e per i tifosi. Eravamo forti, ma soprattutto, eravamo un gruppo fantastico. I quattro anni passati in Italia sono stati i migliori della mia carriera, e non mi riferisco solo alle vittorie. Dell'Italia mi piacciono la mentalità delle persone, lo stile di vita, la moda, la cucina... Mi sono goduto il periodo trascorso a Milano, i risultati sportivi e la vita fuori dal campo sono stati indimenticabili. In quegli anni, i tedeschi giocavano nell'Inter, gli olandesi nel Milan e i sudamericani nel Napoli o nella Roma. Era un periodo in cui tutti i migliori calciatori del mondo giocavano in Italia, la Serie A somigliava a una sorta di campionato Mondiale per club."
L'Inter dei record a propulsione teutonica aveva nel suo motore i muscoli e il cervello di Lothar Matthäus, colui che Maradona definì l'avversario più forte contro cui avesse mai giocato.
Un'investitura del genere non poteva di certo essere una frase di circostanza: il tedesco acquistato dal Bayern era infatti un centrocampista totale, un leader tecnico e carismatico, capace di ricoprire ogni ruolo in mezzo al campo.
Tatticamente brillante, era in grado di abbinare alla perfezione compiti di rottura e costruzione risultando peraltro spesso decisivo in fase realizzativa grazie alla sua grande botta che lo rendeva anche abile realizzatore sui calci piazzati.