Secondo la polizia, alle 21:35 Yousef Abu Jaber, arabo israeliano di 44 anni residente a Kafr Qasem (città israeliana ad una ventina di Km ad est di Tel Aviv), ha guidato la sua Kia in direzione sud sulla strada adiacente al lungomare di Tel Aviv, prima di svoltare a destra a tutta velocità sulla pista ciclabile che la fiancheggia per circa 100 metri investendo alcune persone che la stavano percorrendo, prima di ribaltarsi sul prato del Parco Charles Clore.

A questo punto, sono arrivati ​​sul posto un agente di polizia e una guardia municipale che hanno sparato numerosi colpi di arma da fuoco al conducente che, ancora a terra, si era trascinato fuori dal veicolo. Per gli agenti di sicurezza stava tentando di raggiungere un oggetto simile ad un fucile.

L'auto di Abu Jaber ha ucciso sul colpo un turista italiano, identificato dalla Farnesina in Alessandro Parini, avvocato romano di 35 anni. Altre cinque persone sono rimaste ferite e ricoverate in ospedale. Sono anch'esse dei turisti, italiani e britannici. Tre di essi, un uomo di 74 anni, un altro di 39 e una ragazza di 17 anni, hanno riportato ferite non gravi. Invece, un uomo di 50 anni e una donna di 70 anni, per fortuna sono rimaste ferite solo leggermente. Quattro dei feriti sono stati poi dimessi. Altre due persone, un uomo di 31 anni e una donna di 27 anni, sono state medicate sul posto. 

Chi era il presunto terrorista? Secondo quanto dichiarato da un parente era una persona tranquilla che non aveva mai mostrato segni di radicalità. Anche secondo la polizia Abu Jaber non era affiliato a nessun gruppo terroristico.

Secondo una fonte della polizia, nel veicolo di Abu Jaber non è stata trovata alcuna arma, ma solo una pistola giocattolo. Il comandante del distretto di Tel Aviv, Ami Eshed, ha affermato che la polizia sta esaminando la possibilità che non si tratti di un attacco terroristico. Anche il servizio di sicurezza dello Shin Bet è coinvolto nelle indagini. Figuriamoci...

Poco dopo l'accaduto, il fatto è stato classificato come attacco terroristico... perché si è verificato a Tel Aviv.

Se lo stesso fatto si fosse verificato in una qualsiasi città europea, sarebbe stato classificato come presunto attacco terroristico, il responsabile sarebbe stato tratto in arresto e dopo le verifiche del caso, probabilmente entro le 24 ore, le autorità lo avrebbero etichettato come un attacco terroristico o un incidente.

In Israele, questo non accade. Quello che potrebbe anche essere un incidente è subito identificato come un attacco terroristico... perché conviene a tutti. Conviene al governo israeliano per giustificare la politica di repressione e apartheid in atto da decenni contro il popolo palestinese. Conviene ai gruppi estremisti che la combattono con le armi per arruolare tra le loro fila chiunque ritengano utile a giustificare la lotta armata contro lo Stato ebraico, facendolo diventare un militante e un martire. E conviene alla comunità internazionale perché può parlare di terrorismo in modo da non dover giustificare le proprie responsabilità nei confronti del conflitto in atto tra israeliani e palestinesi.

Quindi, se l'atto di terrorismo possa anche esser stato uno sfortunato incidente non lo sapremo mai... perché non conviene.

E nessuno si domanderà neppure perché un arabo israeliano che vuol vendicarsi degli ebrei, uccidendone indiscriminatamente quanti più possibile, non abbia diretto la sua vettura contro i manifestanti che a decine di migliaia si sono riuniti per settimane a Tel Aviv, bloccando sempre una delle strade più transitate della città, mentre abbia investito solo un gruppetto di persone che passeggiavano sul lungomare, in un periodo dell'anno in cui tutti i residenti locali sanno che la città è frequentata da numerosissimi turisti?

Questo vuol dimostrare che quanto avvenuto non sia stato un attentato? No. Vuole solo dimostrare che se a tutti conviene non presumere neppure l'ipotesi di un incidente prima che un'inchiesta possa stabilire la natura dell'accaduto, è impossibile che si possa arrivare a discutere di un accordo di pace e che la comunità internazionale possa aiutare in tal senso israeliani e palestinesi a raggiungerlo. Non conviene a nessuno.