Esteri

Giappone, pochi crimini e poche carceri: come?

Il Giappone ha una delle più basse percentuali di detenuti e di tassi di recidiva.
I carcerati sul totale della popolazione sono 55 ogni 100 mila abitanti e meno del 40% di loro tornano a commettere reati una volta scontata la loro pena.

Inoltre,  il rapporto detenuti / agenti è anch'esso basso (di 1 a 4 mentre in Italia è un agente ogni 1,5 detenuti), ma sono quasi 80 anni che non scoppia una rivolta e sono rarissimi i casi di violenza nei confronti dei secondini.

L’impero del Sol Levante gode di una microcriminalità estremamente ridotta e sono al minimo gli indici di percezione della paura da parte dei cittadini di essere aggrediti, di subire furti, rapine, vandalismi o di andare in giro da soli per le strade.

Tutto questo accade innanzitutto perché il Giappone ha un sistema di istruzione e formazione che laurea quasi la metà della popolazione, la quale in questo modo può garantirsi con il lavoro un Pil  medio di 36mila € pro capite l'anno.

L'educazione a rendersi operosi si riflette anche sulla detenzione.
Ad esempio,  il lavoro in carcere non è una scelta o un privilegio, ma un obbligo per tutti e non viene retribuito, bensì serve a compensare i costi della detenzione.
Secondo la stessa mentalità operosa, ogni detenuto è responsabile della tenuta e della pulizia della propria cella, solitamente singola e senza una macchia.

Secondo il senso dei giapponesi, per ottenere la riabilitazione chi ha preferito disonestà e crimine in vece dell'onestà e dell'impegno va ricondotto alla quotidianità di tutti, quella del lavoro e della cortesia .

Seppur con una dimensione culturale e spirituale diverse dalle nostre, la riabilitazione è prioritaria in Giappone.
Ad esempio, nella terra del Sol Levante i contatti tra pregiudicati sono molto limitati già durante la detenzione e non solo se si tratta di arresti o pene domiciliari.
Inoltre, non sono ammessi comportamenti maleducati o scortesi verso gli agenti carcerari, cosa che consente di limitarne rischi e numero.

La 'qualità' delle carceri è tale che da anni esiste il fenomeno di anziani bisognosi che all'ospizio  preferiscono il carcere, dove sono garantiti tre pasti al giorno, cure mediche gratuite e assistenza continua.

Andando ai crimini molto gravi, la mentalità giapponese è fondata sul karma e li recepisce come "non redimibili", cioè prevale una logica di espiazione e deterrenza:

  1. l'ergastolo equivale al carcere a vita senza possibilità di permessi premio, diminuzioni della pena per buona condotta e visite coniugali;

  2. la pena di morte resta nei casi di omicidio con l’80,8% dei cittadini favorevole, specialmente per rispetto delle vittime e dei loro familiari. 

In Giappone, da oltre 20 anni si assiste ad un costante calo degli affiliati alla Yakuza, la temuta mafia nipponica.



Fonti: www.poliziapenitenziaria.it - www.osservatoriodiritti.it

Autore italianblogger
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