Amore pratico, utile e fugace
Ho scelto il dipinto che vedete in foto, “Il bacio furtivo” di Jean-Honoré Fragonard, perché mi sembra una metafora adatta ai tempi che stiamo vivendo, dove tutto è veloce, frugale, furtivo appunto; un'epoca dove amore e amicizia devono essere utili a qualcosa. Un profitto che alla fine deve costituire un vantaggio economico o un'affermazione del proprio narcisismo.
Non è «l'amor che move il sole e l'altre stelle», che Dante narrava nell'ultimo canto del Paradiso inebriato da un sensazione di perfezione al di sopra di ogni cosa, quel sentimento divino che determina la ragione stessa dell'esistenza. Il “bacio furtivo” è invece una frivolezza, una momentanea esigenza di piacere e appagamento, che Fragonard rappresenta nel suo quadro in maniera davvero percettiva. E si lega benissimo al modo in cui oggi si vivono amori e amicizie.
Assale anche il dubbio che la stessa passione divenga sempre più materiale e inespressiva di un vero e genuino donarsi al partner. Si cerca solo di prendere, per sé, il più possibile. L'amore si consuma come ogni altro oggetto, e nemmeno ce ne rendiamo conto perché assuefatti dai modelli che la società imprime nelle nostre menti e nel nostro spirito sin dall'infanzia.
Più di mezzo secolo fa Erich Fromm avvertiva: «La soddisfazione, nell'amore individuale, non può essere raggiunta senza la capacità di amare il prossimo con umiltà, fede e coraggio» ("L'arte di amare", 1956). E poco tempo dopo Zygmunt Bauman, grande sociologo scomparso nel 2017, faceva proprio questo assunto nell'opera “L'amore liquido” (2003), sottolineando l'importanza di quelle qualità umane immateriali e concludendo che «in una cultura in cui queste qualità sono rare, l’acquisizione della capacità di amare è condannata a restare un successo raro».
La ferma critica di Fromm e Bauman - ma non sono certo i soli - ai valori della società moderna ha fondato questo contesto buio dell'amore utilitaristico e “liquido”. Un disvalore, in realtà; un modello che disorienta la natura umana, che per sé possiede il gene della solidarietà e dell'amicizia disinteressate, di specie. Pensiamo a quegli eventi catastrofici che talvolta purtroppo si verificano nel mondo, e che smuovono tutti gli animi superando le nostre corazze di cinismo. Si parte a scavare sotto le macerie, ci si cala nei pozzi senza pensare ai pericoli, non si bada alla propria formazione e ci si espone pur di riuscire a salvare vite di sconosciuti, si dona tutto il denaro che si può.
E' il momento senza un fine; è l'istante in cui emerge quell'amore per la specie, per il prossimo, con quella fede e coraggio che sottolineava Fromm.
Il male che affligge la quotidianità ci riporta presto alla nostra corazza. Cessato quel momento di pathos in cui la parte migliore di noi emerge e ama davvero, torniamo a vestirci di cinismo e nutrirci di rapporti economicamente utili, trascurando ogni forma affettiva altruistica e spirituale.
Non credete che sia venuto il momento di pensare a tutto questo? Non credete che barattare i sentimenti più puri che abbiamo con il bieco interesse in qualcosa stia distruggendo la nostra capacità di essere umani? Portandoci di continuo a fraintendere l'interesse stesso come sentimento di amore o amicizia?
E' urgente rispondere a queste domande. E se del caso respingere questo modello di “amore liquido” contro natura. Prima che davvero ci privi della nostra forma più nobile di umanità.
Foto: J-H Fragonard, “Il bacio furtivo”, 1780, Museo dell'Emitage (pubblico dominio)