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TACCUINO #44
 

L'Inganno delle Idee: Dall'Origine dell'Uomo alla Caduta nella Fede
 

Introduzione: L'abisso come origine e destino
 

Il pensiero umano è una tensione perpetua tra il viscerale e l'intellettuale, tra ciò che è pre-riflessivo e ciò che si costruisce come narrazione. Questo saggio si propone di sondare come alcune delle idee fondanti delle civiltà – dal tal Paolo di Tarso al tal Platone, dal concetto di famiglia alla fede cristiana – abbiano agito non come strumenti di liberazione, ma come catene che legano l'essere umano a una condizione di alienazione e illusione.

 

Ma vi è molto, molto di più.

 

Esploreremo il modo in cui culture arcaiche, culti, testi sacri e filosofie abbiano trasformato l’essenza viscerale dell’uomo in un terreno di manipolazione, giungendo a falsificare persino la morte come condizione esistenziale e inevitabile. Il viaggio che intraprenderemo ci condurrà attraverso strati profondi di pensiero e mito, alla ricerca di crepe da cui possa filtrare una luce nuova e non ancora immaginata.

 

Questo saggio si ferma sull’orlo di un abisso. Ma è qui che il pensiero può ritrovare la sua forza: non ascendendo a mondi immaginari, ma immergendosi nelle profondità della materia, del sentire viscerale, e dell’essere. Solo accettando l'ombra e la morte come parte della vita possiamo spezzare le catene dell'illusione.

 

I. Il tal Paolo di Tarso e l'illusione del Messia
 

1. Il contesto storico e culturale
 

Forse, nel I secolo dopo l'anno cosiddetto zero, il mondo mediterraneo pare fosse un crogiuolo di culture, lingue e credenze. L’Impero Romano dominava territori vastissimi, imponendo ordine con la forza e, al contempo, assimilando culti locali. In questa cornice, il messaggio ebraico del "messia" – il liberatore promesso – trovò un terreno fertile, non solo come liberazione politica, ma come risposta spirituale e cosmica alle inquietudini dell'epoca.

 

La tradizione messianica ebraica: fatta radicare nei testi "profetici", il messia era visto come un re-sacerdote, un liberatore che avrebbe restaurato Israele. Tuttavia, questa figura era concreta, legata alla terra e al popolo.
 

L'incontro con i culti ellenistici e misterici: Mithra, Osiride, Dioniso. Figure divine che muoiono e risorgono, simboli di fertilità e di cicli cosmici. Paolo, cittadino romano e fariseo, si trovò a convergere queste tradizioni in un messaggio che potesse essere universale.

 
2. Il cristo come "topos" narrativo
 

Paolo prese il concetto ebraico del messia e lo trasformò. "Cristo" divenne una metafora cosmica, un simbolo di salvezza universale. Il frizionato che unge il Mondo.

 

La costruzione del simbolo: Cristo morente e risorgente riecheggia i miti di Osiride e Dioniso. Ma Paolo lo incornicia in una narrazione che promette redenzione personale e ordine universale.

 
Il tradimento dell’essenza viscerale: se il messaggio originale era radicato nella terra e nella storia, Paolo lo sposta nell’eterno e nell’astratto, recidendo ogni legame con la materia e il presente.

 
3. La manipolazione della paura
 

Paolo comprese il potere della morte come leva psicologica. Egli promette non la comprensione della morte come parte della vita, ma la sua sconfitta.

 

La paura della morte come strumento di controllo: promettendo vita eterna, Paolo pose il cristianesimo in netto contrasto con la visione ciclica della vita-morte-rinascita che caratterizzava molti culti antichi.

 
Il dividi et impera spirituale: la distinzione tra "salvati" e "perduti" crea una frattura ontologica che separa non solo l’individuo dal mondo, ma anche le persone tra loro.

 
4. Culti solari e influenze indo-iraniche
 

Non possiamo ignorare l’influenza delle tradizioni indo-iraniche, che portano con sé concetti profondi di luce e ombra, ordine cosmico e dualità.

 

Mithra e il Sole Invitto: il culto di Mithra, diffuso tra i soldati romani, era incentrato sulla luce che trionfa sulle tenebre. Il Cristo di Paolo eredita simbolicamente questo trionfo.

 
Zoroastrismo e dualità: sebbene il cristianesimo rinneghi la dualità come sistema filosofico esplicito, essa sopravvive nella dicotomia bene/male, Dio/Satana, luce/tenebra.
 

Riflessione.Il cristianesimo non rinnega esplicitamente la dualità come sistema filosofico, ma non la abbraccia nemmeno in senso stretto o sistematico. Piuttosto, la integra e la trasforma attraverso un paradigma teologico che la utilizza come struttura interpretativa, senza mai ridursi pienamente a un dualismo filosofico rigido come quello di tradizioni quali lo zoroastrismo o il manicheismo.
La Dualità nel Cristianesimo e il Suo Superamento
1. Non un Dualismo Ontologico Assoluto Il cristianesimo classico, in particolare nella sua forma cattolica e ortodossa, respinge un dualismo rigido in cui due principi opposti (bene e male) sono uguali e contrapposti in eterno. Dio è visto come il principio assoluto e unico, e il male non è un'entità indipendente, ma una privazione del bene (privatio boni), secondo la filosofia del tal Agostino.
2. Un Dualismo Funzionale
Tuttavia, il cristianesimo accetta una dualità "pratica" o "esistenziale", per spiegare il conflitto tra grazia e peccato, carne e spirito, terra e cielo. Questa dualità è parte del dramma della salvezza, ma non è ontologica: il conflitto è temporaneo e trova il suo compimento nell’unità escatologica.
3. Il Superamento della Dualità
- L’incarnazione di Cristo è presentata come la risposta ultima alla dualità: Dio e uomo, spirito e carne, eterno e temporale si uniscono nella persona di Giosuè.
- La resurrezione e la redenzione propongono una visione unitaria, in cui tutte le contraddizioni sono risolte nel "nuovo cielo e nuova terra" (Apocalisse 21:1).
4. Critica al Dualismo Filosofico
- Il cristianesimo respinge il dualismo radicale di correnti come il manicheismo, che postula una lotta eterna tra due principi opposti e autonomi (luce e oscurità).
- La Chiesa ha storicamente condannato interpretazioni dualistiche che sfociavano nell’eresia, sottolineando l’unità della creazione e il primato di Dio come fonte di tutto ciò che esiste.
Confronto con il Dualismo Filosofico
Mentre un sistema dualistico filosofico tende a cristallizzare la realtà in una contrapposizione permanente tra opposti, il cristianesimo enfatizza il dinamismo e il fine ultimo della riconciliazione. La dualità nel cristianesimo è sempre subordinata a un progetto teologico di unità finale.
Il cristianesimo non rinnega esplicitamente la dualità come sistema filosofico, ma lo relativizza e lo trascende. La dualità è vista come uno strumento interpretativo temporaneo, non come una verità ultima o fondamento ontologico. Il cristianesimo non è propriamente dualistico, ma piuttosto teleologico, orientato verso un'unità che supera ogni divisione.
 

Conclusione del primo movimento: L’illusione e la rottura
 

Il messaggio di Paolo di Tarso non è una trasmissione fedele di un pensiero originario, ma una metamorfosi funzionale al controllo delle masse. Egli converte l’intuizione viscerale dell’essere in una narrazione astratta, promettendo ciò che non può essere mantenuto: il superamento della morte e l’accesso a un ordine eterno.

 

II. Platone e l'Iperuranio: Il Gravame dell'Idea
 

1. Platone come ponte tra il viscerale e l'astratto
 

Platone, come Paolo, è un costruttore di mondi, ma il suo regno non è celeste: è il regno delle Idee. Il tal filosofo ateniese fu tra i primi a teorizzare una realtà trascendente e perfetta, diversa e superiore rispetto al mondo sensibile. Con lui, l’essenza viscerale dell’uomo – il suo rapporto immediato con la realtà – subì una prima, fatale frattura.

 

Il mito della caverna come inganno originario: il famoso mito suggerisce che il mondo sensibile sia un'ombra del reale. Ma cosa accade quando l’uomo smette di abitare le ombre per inseguire la luce? Si disconnette dalla sua natura e diventa prigioniero di un’idea astratta.

 
L'iperuranio come gerarchia cosmica: Platone istituisce una gerarchia ontologica: le Idee sono perfette, eterne; il mondo sensibile è imperfetto, mutevole. Questo schema legittima sistemi di potere che separano chi "vede" la verità da chi è condannato alle ombre.

 
2. Gli universali e la morte della particolarità
 

La filosofia platonica introduce un concetto devastante per la diversità: quello degli universali. Se ogni cosa è solo una copia imperfetta di un'idea eterna, il valore intrinseco del singolo viene annullato.

 

La negazione del particolare: l’uomo non è più corpo, istinto, azione, ma un’idea imperfetta da elevare. L’umanità si trova proiettata verso una perfezione irraggiungibile.

 
Il legame con la religione cristiana: gli universali platonici trovarono una casa nel cristianesimo, che li adottò per costruire un sistema teologico. Dio è l’Idea suprema; il mondo terreno è la sua pallida imitazione.

 
3. Platone e i legami con i misteri antichi
 

Nonostante la sua apparenza razionale, il pensiero di Platone ha radici nei culti misterici e nei miti antichi.

 

I misteri eleusini: Platone era profondamente influenzato dai riti eleusini, che promettevano una rivelazione della verità ultima attraverso un'esperienza mistica. L’iperuranio potrebbe essere letto come una rielaborazione di queste visioni.

 
Collegamenti con l'Egitto e l'Oriente: Alcuni studiosi suggeriscono che Platone fosse ispirato da idee provenienti dall’Egitto e dalla Mesopotamia. Il suo viaggio in Egitto, sebbene storicamente incerto, potrebbe averlo esposto a concetti di ordine cosmico e dualismo.

 
4. La presunzione del pensiero
 

La filosofia platonica inaugura un’epoca di presunzione intellettuale: pensare diventa sinonimo di elevazione, mentre il "sentire" viscerale viene relegato a un ruolo inferiore.

 

L'erosione del sentire: Platone privilegia la ragione sull’istinto, creando una spaccatura tra corpo e mente. Questo dualismo sarà ereditato e amplificato dalla tradizione occidentale.

 
Il pensiero come gravame: pensare, nel senso platonico, è un atto che allontana l’uomo dalla sua natura immediata e corporea. È un fardello che lo trascina lontano dalla terra, verso un cielo di illusioni.

 
III. La trasformazione del rispetto e il dominio dell’ego
 

1. Il rispetto come maschera sociale
 

Il concetto di rispetto è stato storicamente inteso come una virtù, ma dietro di esso si cela una maschera che nasconde l’egoismo e la paura.

 

Rispetto e gerarchia: nelle società antiche, il rispetto era legato alla posizione sociale e alla paura del disonore. Non era un riconoscimento dell’uguaglianza, ma un atto di sottomissione al potere.

 
L'ego come motore nascosto: dietro ogni gesto di rispetto si nasconde il desiderio di preservare se stessi. Il rispetto diventa una forma di manipolazione, un contratto non detto per evitare conflitti.

 
2. Il menefreghismo come fallimento del rispetto
 

Quando il rispetto fallisce, emerge il menefreghismo: una negazione totale dell’altro.

 

La disgregazione delle relazioni: in una società che non riconosce più valori condivisi, il rispetto si svuota di significato, lasciando spazio all'indifferenza.

 
Dalla maschera all'assenza: se il rispetto è una maschera, il menefreghismo è il volto nudo della società moderna: privo di legami, freddo, disumano.

 
Conclusione intermedia: Dalla frattura alla possibilità
 

Il pensiero di Platone e il messaggio di Paolo hanno creato fratture profonde nell’essere umano, separandolo dalla sua natura viscerale e trasformandolo in un ingranaggio di sistemi ideologici. Ma in queste fratture si intravede anche una possibilità: ogni crepa è un varco verso il reale.

 

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Autore PsykoSapiens
Categoria Salute
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