Questo è un passo estremamente significativo ma contraddittorio tratto dal discorso di insediamento dell’attuale Presidente della Repubblica al secondo mandato:

“Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”,

Questa dichiarazione pubblica in un’occasione così solenne pone una pietra tombale sulla nostra spelacchiata Repubblica democratica.

Il primo cittadino utilizza numerose volte la parola “dignità” in apertura di periodo, così facendo ha elencato i principali fallimenti di settant’anni di attività politica, parlamentare e di governo, ne riporto di seguito alcuni sinteticamente:  

“Dignità è contrastare la povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone”. (Ai percettori del RdC è vietato avere in casa un divano di qualsiasi genere pena la decadenza)

 “È necessario assumere la lotta alle diseguaglianze e alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche”. (Gli evasori pagassero il dovuto e il Parlamento votasse una legge contro le delocalizzazioni)

“Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine”.  (Possibilmente senza ricoverare nelle RSA i malati di SarsCov2. Al Pio Albergo Trivulzio di Milano hanno fatto una strage)

“Dignità è azzerare le morti sul lavoro (…)”  (È un autentico massacro senza fine)

È doveroso ascoltare la voce degli studenti che esprimono domande volte a superare squilibri e contraddizioni”. (Possibilmente senza manganellarli)

“Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale”. (Poniamo un velo)

Il discorso di insediamento è stato una celebrazione della retorica salutata dagli applausi di un Parlamento che non rappresenta la volontà popolare del 60% dei cittadini: è stato uno spettacolo quasi “irreale”, una “liturgia” tra intimi.  I cittadini relegati fuori da quel tempio si sono sentiti più estranei, ancor più insicuri e delusi; oggi molti si sono rassegnati a subire passivamente le decisioni di un’élite nella quale non hanno alcuna fiducia e che offende la dignità della parte onesta del Paese.

È giunto il momento che il presente chieda qualcosa al passato: la verità! È giunto il tempo che vengano smascherati tutti coloro che hanno agito contro un reale processo di democratizzazione del Paese. È tempo di aprire gli armadi e tirare fuori tutti gli scheletri e fare in modo che tutti li vedano, che tutti sappiano come un sistema totalitario di stampo mafioso sia sopravvissuto parallelamente per più di settant’anni annidato nelle istituzioni agendo impunemente e strangolando giorno dopo giorno la vita politica, economica, sociale, culturale e democratica di una collettività trascinandola di nuovo verso il baratro della miseria, della paura e del servilismo feudale.

Quest’operazione di chiarezza è la via salvifica verso un riscatto da un regime silente, opaco, inesorabile, privo di pietà che impone ciò che è contro l’interesse generale per favorire l’interesse dell’élite economico-bancaria. Lo dobbiamo a noi stessi se ancora riusciamo a percepire nel fondo della nostra anima una parvenza di dignità offesa, se ancora proviamo nostalgia per un mondo migliore, se ancora riusciamo a trovare le tracce di un coraggio soffocato dal ricatto e da una violenza silente che impone inesorabilmente un gioco delle parti dove noi siamo inevitabilmente i perdenti.

Il Presidente parla di poteri economici sovrannazionali che interferiscono pesantemente nella vita del nostro Paese, in primis cominciamo a dare una precisa identità a questi poteri: in Europa chi agisce in questi termini sono una serie di entità sovrannazionali denominata la “troica” formata dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Commissione europea e dalla Banca Centrale Europea; vi sono organismi privati molto influenti come la Morgan Stanley Foundation che, ad esempio, in un rapporto ad uso interno datato 25.05.2013  indicando le costituzioni democratiche – la nostra Costituzione ne è un esempio - riportava testualmente: “(…) sono caratterizzate da esecutivi centrali deboli; dalla protezione dei diritti dei lavoratori; dal diritto di protestare contro ogni mutamento sgradito dello Status quo”.   Ridefinire la struttura portante della Costituzione da parte dei poteri forti del mercato ha l’obiettivo di invertire i principi costituzionali a danno delle classi più deboli, la vicenda dell’ex ILVA di Taranto ne è un esempio scandaloso, tale azione ha portato in conflitto il Consiglio di Stato e la Procura di Taranto vanificando la tutela del diritto alla salute e, nel caso specifico, si è affermato di fatto il principio di sacrificare la vita al profitto. Tali interventi sono finalizzati a spostare la tutela dall’interesse pubblico a quello privato.

Dal canto suo la “troica” affermava che aveva ottenuto molto, ma che in Italia tale processo non era neanche iniziato, testualmente: “Il test chiave sarà l’Italia, il governo avrà l’opportunità concreta di iniziare significative riforme”.

Per capire il significato di questa affermazione occorre ricollegarsi ad un altro documento datato 5 agosto 2011. Due anni prima i Presidente della BCE – J. C. Trichet (francese) - aveva inviato al governo italiano (Berlusconi) una lettera tenuta segreta a lungo all’opinione pubblica con la quale dettava l’agenda politica delle riforme da attuare specificando gli strumenti legislativi, quando usare la legge ordinaria, quando il decreto legge in base ad una gerarchia delle priorità unilateralmente prestabilita ed imposta.

Che cosa chiedeva? La piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e servizi professionali; le privatizzazioni su larga scala; la riforma sulla contrattazione – la revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti - la riduzione dei costi del pubblico impiego (riducendo gli stipendi dei funzionari pubblici) e per finire una bella riforma costituzionale che rendevano più stringenti le regole di bilancio. Con questa operazione, la sovranità veniva trasferita dal Parlamento nazionale ad un ente sovranazionale autocrate come la troica che sottraeva al dibattito pubblico e parlamentare e al controllo popolare decisioni strategiche che hanno prodotto conseguenze catastrofiche nel nostro Paese.

Berlusconi, in questa splendida occasione da non perdere, ha fatto gli interessi dei banchieri e del potere economico nazionale e straniero con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, un “aiutino” glielo ha dato anche Draghi (sul Britannia) quando succedette a Trichet nel novembre 2011 fino al novembre 2019 per passare nel 2020 all’attuale carica di capo dell’esecutivo: una carriera tutta in salita.

Analizziamo un po' meglio la riforma costituzionale. Il 18 aprile 2012, nel silenzio totale della stampa, il Parlamento della Repubblica Italiana, con voto a maggioranza assoluta, ha modificato l'articolo 81 della Costituzione Italiana che impone il pareggio di bilancio che nel periodo di recessione impedisce l’attuazione di politiche economiche espansive in deficit che vanno ad incidere sulle risorse destinate alle politiche sociali. L’art. 81 inverte l’obbligo costituzionale della equa redistribuzione delle risorse per sostenere lo stato sociale: si rompe il patto costituzionale tra le parti socialmente deboli e i poteri forti, quel patto che costituisce l’animus della Costituzione. Se in un periodo di recessione si obbliga il pareggio dei conti lo stato può andare in de fault, sicuramente saranno le classi più vulnerabili a pagarne le conseguenze. L’America gestisce liberamente il suo sistema economico ma impone trasversalmente ai paesi poveri questa condizione che ha provocato negli anni milioni di morti per fame e ha trascinato altri milioni di individui in stato indigenza più o meno grave, attualmente emerge che anche coloro che hanno un lavoro si trovano in difficoltà.

Lo stato sociale di diritto rischia di essere soffocato da due forze destabilizzatrici: i poteri forti sovranazionali e i piccoli “feudatari” con i loro vassalli, valvassori, valvassini e sotto tutti i servi della gleba per restaurare un sistema verticistico oligarchico che fa riferimento all’esecutivo nazionale che esonera le classi abbienti dal sostenere i costi dello stato sociale.

La tragica illusione (spacciata per l’occasione da non perdere) della corsa alle privatizzazioni dei beni e servizi pubblici è stata preceduta da una martellante compagna stampa denigratoria verso i servizi pubblici.

Il periodo durante il quale si è costruito un patrimonio pubblico e i cittadini hanno potuto godere di un periodo di tranquillità economica è stato quello più sanguinoso e politicamente turbolento perché vi era la classe media che si opponeva con il voto alle classi abbienti. Allora vi era una forte rappresentanza delle classi operaie, contadine e impiegatizie che si confrontavano in Parlamento e trattavano con la controparte economico, finanziaria. Quando quelle classi deboli non hanno avuto più chi le rappresentasse ecco che gradualmente sono state disintegrate le ricchezze pubbliche e ripristinate le vecchie regole.

 L’unico punto di riferimento certo dal quale ricominciare è la nostra Costituzione, è l’ultimo ed unico baluardo contro questa barbarie che ci sta travolgendo tutti: è stata la base sulla quale costruire una società nuova, una visione nobile e un programma per realizzare uno Stato sottratto alle ambizioni e alle ingiustizie delle caste che dominavano incontrastate su una maggioranza umiliata e tenuta sotto il ricatto del bisogno, dello sfruttamento e dell’analfabetismo e che oggi stanno riaffermando il loro potere.

I padri costituenti ci hanno lasciato una preziosa eredità da difendere con le unghie e con i denti, ciò che ci è stato consegnato è costato sofferenze, umiliazioni e per molti la morte. È la fonte dalla quale deve trarre la forza la parte ancora sana della nostra società per un reale rinnovamento, deve porsi dietro questo scudo che può difendere tutti dal processo di regressione nel quale ci hanno fatto scivolare da decenni.

La nostra Costituzione non va cambiata vanno cambiate le persone che hanno occupato le istituzioni attraverso leggi elettorali funzionali ai loro interessi e non agli interessi generali del Paese, coloro che si sono associati occultamente e hanno influito sulle nostre esistenze e impedito lo sviluppo di una reale democrazia.

Incominciamo a dedicare tempo e fatica alla ricerca della verità, essere correttamente informati ci permette di non essere più truffati, ci trasmette la prudenza a non delegare la cura degli interessi generali a persone infedeli al loro mandato; è necessario fermarci un attimo a riflettere e a prestare attenzione a coloro che hanno combattuto e combattono lealmente per difendere lo Stato di diritto. Occorre sottrarci al canto ingannevole delle moderne sirene che ci deviano dalla percezione della realtà, dobbiamo rassegnarci a rinunciare a molte delle nostre illusioni e incominciare ad accettare la sofferenza che deriva dalla vera conoscenza perché quel dolore ci mantiene svegli.   

La ricerca della felicità è un canto ingannevole quando spinge a ricercarla nella forma e non nella sostanza allontanandoci gli uni dagli altri, mettendoci gli uni contro gli altri, spezzando il patto di solidarietà che aveva permesso alle generazioni passate di ricostruire dalle macerie un Paese provato dalla guerra, dalla fame e da un regime ingiusto ma, purtroppo, forze destabilizzatrici hanno impedito che i cittadini sviluppassero una coscienza civile individuale e collettiva infatti l’identità di un popolo si fonda sulla condivisione di valori, nel reciproco sostegno e nella solidarietà, nella condivisione dei diritti e dei doveri, nel rispetto della dignità di tutti senza distinzione, nella libertà di opinione manifestata pacificamente e pacificamente  ascoltata e soprattutto nella fiducia reciproca.

La conoscenza è lo strumento intellettuale che ci porta alla verità, oggi stiamo cadendo nella trappola mortale posta da “menti raffinatissime” per sviarci dalla via maestra verso la libertà, per inibire lo sviluppo di una individualità equilibrata svincolata dalle false promesse e dalle illusioni.  Gradualmente ci stanno togliendo ogni valido punto di riferimento da cui trarre ispirazione e la forza di costruire un mondo migliore.

È da una corretta lettura della nostra storia che possiamo individuare le cause della carenza di questo elemento indispensabile che sta mettendo in crisi il fondamento della nostra società.

Dobbiamo ammettere una cosa che risulterà a molti inaccettabile: la società feudale in Italia non è mai tramontata e la nostra mentalità è rimasta ancora ancorata in quel passato.