Al di là delle opinioni personali o dei politici o degli esperti è molto interessante valutare i termini dell’accordo che è stato concluso ieri tra il Governo in carica e il gruppo Autostrade per l’Italia. Considerando che molto ha dipeso dalla determinazione del Governo e dal contenuto della deliberazione della Corte Costituzionale la quale ha riconosciuto legittimo escludere i gestori dalla ricostruzione del ponte crollato a causa della gravità del fatto. Per incuria non aveva solo ceduto il ponte Morandi ma anche un guardrail in Campania causando più di quaranta morti e prima ancora altri “incidenti” erano accaduti a causa della fatiscenza delle strutture lasciate andare in malora: la Consulta con tale motivazione ha moralmente sepolto la “politica aziendale” dei Benetton sotto quelle macerie e quelle bare. Le vittime con i loro parenti e la dignità dell’intera collettività si dovevano accontentare della “generosa offerta” delle dimissioni dell’amministratore delegato Giovanni Castellucci corredate di una dignitosa liquidazione di 13 milioni di euro invece la Corte Costituzionale con quella sentenza ha condannato la “logica del profitto” che ha determinato la tragedia di Genova.

Raggiunto un accordo subito si “mormora” ad alta voce:” Dov’è la fregatura?” (vedi le dichiarazioni di vari politici). Al di là della ormai consolidata malafede invece è interessante constatare come la famiglia Benetton si sia inserita brillantemente nelle gestioni di svariate reti autostradali a livello internazionale: in Italia con la controllata Aspi (88% delle azioni) e, tramite la concessionaria spagnola Abertis, in 24 paesi pari a 15.000 chilometri di strade a pedaggio e 31 mila dipendenti inoltre tramite la società Schemaventotto gestisce tutti gli Autogrill. Ci sono anche gli aeroporti di Roma oltre il 30% dello scalo di Bologna inoltre tramite la società Aéroports de la Cote d’Azur è presente negli aeroporti di Nizza, Cannes e Saint Tropez.

E’ comunque la società Atlantia il “cuore pulsante” degli investimenti della famiglia Benetton che detiene il 30,25% del pacchetto azionario mentre il 45,6% è in mano al mercato mentre il restante 24,15% è ripartito tra il Fondo Sovrano di Singapore (8,28%), HSBC gruppo bancario inglese (4,8%) e la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (11,07%) grande azionista di Unicredit, di Generali, di Banco Bpm e soprattutto di Cassa Depositi e Prestiti, quest’ultima giocherà un ruolo importantissimo nella vicenda. Escludendo l’azionariato di mercato, il gruppo di comando è costituito dal 54,4% del capitale e i Benetton con il loro 30,25% ne hanno il controllo.

Subentrando la Cassa Depositi e Prestiti nel capitale azionario della controllata Aspi con una percentuale minima del 51% (per il momento) quest’ultima diviene praticamente una società pubblica che verrà quotata in borsa inoltre, visto l’assetto societario, con uno scorporo, il pacchetto azionario della famiglia Benetton verrebbe ridotto ulteriormente tra il 10% e il  12% limite minimo oltre il quale non si può far parte  del cda, comunque la famiglia Benetton dovrà rinunciare a tutto l’88% dell’Aspi entro un anno.

Date le pessime condizioni delle infrastrutture in concessione e gli ingenti investimenti indifferibili il subentro della Cassa Depositi e Prestiti avverrà partendo dal 27 luglio o tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale in concerto con altri investitori istituzionali oppure tramite la cessione diretta di parte delle azioni ad investitori istituzionali graditi alla Cdp inoltre Atlantia si è impegnata a non destinare tali risorse per distribuire i dividendi. I Benetton hanno offerto un’ulteriore alternativa: sono disponibili a cedere l’intero pacchetto azionario Aspi alla Cassa Depositi e Prestiti e ad investitori graditi a quest’ultima.

A mio avviso la parte più significativa ed essenziale di tale accordo è la modifica delle parti critiche del contratto di concessione che hanno esposto lo Stato a subire passivamente una situazione immorale ed ingiusta. Emergono le gravissime responsabilità di chi, incaricato di curare gli interessi della pubblica proprietà, ha redatto un tale scandaloso atto inserendo norme ad esclusivo vantaggio del gestore, chi lo ha sottoscritto e il Parlamento pro-tempore che lo ha ratificato.

Vediamo brevemente i termini di questo accordo: adeguamento dei contenuti del contratto di gestione all’art. 35 del decreto legge n. 162 del 30 dicembre 2019 “Milleproroghe” al fine di legittimare il contenuto di alcune clausole introdotte unilateralmente dal Governo (tecnicamente illegittime ma giuste) a modifica di quelle preesistenti (legittime ma ingiuste). L’Aspi deve versare 3,4 miliardi di euro per rifondere i danni provocati dal crollo del ponte Morandi; è obbligo del concessionario eseguire una serie di controlli pianificati, sistematici sulle infrastrutture in concessione sotto la supervisione della Pubblica Amministrazione per garantirne la solidità statica e l’aumento delle sanzioni a suo carico in caso anche di lievi violazioni; rinunciare a tutti i giudizi in corso e a possibili contenziosi relativi alla esclusione dalla ricostruzione del ponte Morandi, alla legittimità del risarcimento per i mancati guadagni pari a 23 miliardi di euro ridotto a 7 miliardi in caso di revoca e per la riduzione del sistema tariffario.

Alla fine ciò che può garantire la pubblica proprietà sono le norme dal contenuto chiaro ed equo che saranno inserite nel contratto di concessione che verrà rinegoziato inoltre sarebbe auspicabile introdurre una durata settennale come in tutti i paesi occidentali che si rispettino.