Sin dall'inizio della mia vita professionale, ho capito di dover adeguare i miei comportamenti alla situazione da affrontare.
L’esperienza di revisore dei conti, ancor più nella realtà americana, mi ha subito imposto di prendere consapevolezza della grande differenza tra autorità e autorevolezza, che ho avuto modo di consolidare nel ruolo di manager, di consulente, di formatore e di venditore che ricopro da più di quarantanni anni.
Nelle realtà strutturate, come ad esempio nell'impresa, la differenza sostanziale tra autorevolezza e autorità è rappresentata dall'origine dell’assegnazione dell'una o dell'altra.
L'autorità è corrispondente al livello gerarchico, quindi al potere del grado.
L'autorevolezza è invece riconosciuta dagli altri. Gli altri che riconoscono, in quella persona, comportamenti adeguati, competenza e capacità di comunicare efficacemente; riconoscono equità nell'esigere dagli altri quanto da se stesso; percepiscono l'equilibrio psichico che permette di evitare l'aggressività, di poter ammettere i propri errori senza complessi, di saper gestire i conflitti al loro sorgere, senza timore reverenziale e autocensura.
Naturalmente autorità e autorevolezza possono essere presenti nella stessa persona (ad esempio un superiore di grado che usa la sua autorità ed è anche riconosciuto autorevole).
L'autorità si associa allo stile direttivo (ad esempio per comunicare ordini non negoziabili) quindi al superiore gerarchico, al "capo". Male si abbina ai collaboratori per autorevoli possano essere riconosciuti.
L'autorevolezza più efficacemente si abbina allo stile partecipativo, quindi alla ricerca del consenso, alla capacità di convincere e di vendere (anche un'idea).
I rapporti tra autorità e autorevolezza, quando presenti in due individui distinti (il capo e un suo collaboratore, ad esempio), possono generare situazioni sia molto positive sia conflittuali. Solitamente l'una o l'altra situazione deriva dagli atteggiamenti e comportamenti del capo.
Uno dei controlli che il responsabile dell'organizzazione esegue è l'analisi dei flussi della comunicazione informale. Se, ad esempio, le comunicazioni informali tra “capo del capo” e il collaboratore autorevole sono più frequenti della norma e tendono a evitare/saltare il "capo", percepito quale filtro che rallenta il processo senza aggiungere valore, sarà prossima la dismissione o spostamento del "capo".
Un esempio di situazione positiva corrisponde all'accettazione, da parte del capo, dell'autorevolezza del collaboratore: lo vuole suo alleato nella gestione operativa del gruppo e lo valorizza per mantenere alta la sua motivazione.
E’ un capo che non ha la paura di dover abdicare ma, al contrario, interviene con rapidità nel prendere decisioni e nel negoziare con la propria gerarchia, in caso la decisione supera la sua delega.
Il capo, quindi, ha anch'esso una sua autorevolezza nell'esercitare l'autorità, rappresentata dalla capacità soprattutto comportamentale, di comunicare con i suoi collaboratori individualmente, con tutto il suo gruppo e con la propria gerarchia.
In poche parole è la corposità del Sé psichico del capo che gli permette di agire senza complessi: accettando la maggiore competenza operativa del collaboratore, l'influenza che ha nei confronti del gruppo e concentrandosi sul suo ruolo di capo e sui comportamenti più efficaci da applicare nelle diverse situazioni.