Minniti si candida alla segreteria del PD nonostante le resistenze della famiglia. L'ex ministro firmò l'accordo con la Libia che gli permise di "risolvere" il problema dei migranti, cioè di gestirlo alla maniera leghista: la Libia si impegnava a tenerseli e poteva farne quel che voleva, in barba a diritti umani e buon senso. Ancora oggi lui rivendica con forza la paternità delle azioni che Salvini dichiara proprie, dichiarando perciò che è merito suo se gli sbarchi sono calati.

Alle primarie del PD si sta candidando insomma un Salvini di riserva, ma Minniti non capisce che chi apprezza le politiche del segretario leghista voterà di nuovo Lega, perché non ha senso votare il Salvini finto quando al governo hai già quello vero. 

Quello del PD è un caso da far studiare in tutte le scuole di politica del mondo. Il partito è riuscito a dilapidare il 20% di consensi in meno di due anni, ha incassato una batosta elettorale senza precedenti, ha consegnato l'Italia nelle mani dei fascisti e ora, cosa fa? Presenta candidati che negli ultimi mesi non hanno fatto altro che rivendicare come proprie le politiche di un ministro tacciabile di crimini contro l'umanità e intanto rimpiange l'uomo che l'ha condotto al disastro.

Sì, perché non dobbiamo dimenticare che una buona parte degli attuali elettori PD rimpiange Renzi e si strappa le vesti nel tentativo di riabilitarne l'immagine e le riforme, come d'altronde lui stesso sta facendo. La strategia del PD dopo la batosta elettorale non è stata quella dell'autocritica e della riflessione ideologica, ma quella della rissa e del tentativo di convincere chi non li ha votati che ha fatto una stupidaggine. Il messaggio di Renzi è chiaro: "Io ho governato bene, quindi quel 20% che ho perso è composto da persone che non capiscono niente".

Non c'è spazio nel PD per un confronto serio, nessuno che si chiede "perché abbiamo perso?" e "perché gli italiani non si fidano più di noi?". Continuano a litigare e a buttare lì nomi a caso per la prossima leadership, fingendo di non accorgersi di essere ancora un giocattolo nelle mani di Renzi, che nel partito può fare ancora la voce del padrone.

Dopo la batosta elettorale il partito avrebbe dovuto azzerare la classe dirigente e portare alla ribalta nomi nuovi davvero legati alla sinistra, un po' come sta accadendo negli USA dopo il crollo della Clinton, lanciando il messaggio che è possibile sostenere il popolo senza fare la guerra all'UE. Invece è meglio provare a prendersi il merito delle riforme di Salvini, con la speranza che i suoi elettori, per chissà quale perverso meccanismo, la prossima volta scelgano PD.

In questo gioco sadomaso del PD solo le parole di Katia Tarasconi, Consigliere regionale dell'Emilia Romagna in quota PD, hanno mostrato un po' di buonsenso. Ha invitato tutta la classe dirigente del partito a ritirarsi e ha sottolineato il distacco che si è creato tra i vip del partito e gli elettori.