Politica

Catalogna, una matassa difficile da sbrogliare

Il governo della Catalogna grida al successo della consultazione per l’indipendenza, quello della Spagna dice che un referendum valido non c’è mai stato. Sarà la politica a dover districare i nodi di una questione che è antica quanto la nazione e anche un po’ di più visto che a Barcellona e Madrid si parlano due lingue diverse fin da quando è caduto l’impero romano. Ecco 11 punti per capire che cosa è successo e che cosa succederà.

«Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente in forma di Repubblica?». Era questa la domanda sulla scheda del referendum di domenica che chiamava alle urne 5,5 milioni di catalani. È stato indetto dalla Generalitat, il governo locale, per chiedere alla popolazione se era pro o contro alla separazione dalla Spagna. Con il sì si indicava la volontà di separazione. L’affluenza alle urne è stata del 42%, 2,2 milioni di votanti, con una netta vittoria del sì che è arrivato al 90,09%. Al no è andato il 7,87%. Unica fonte per i risultati sono gli organizzatori del referendum.

Madrid non ha riconosciuto la consultazione e ha tentato di bloccare i seggi dove non c’erano in alcuni casi cabine per votare in segreto e nemmeno osservatori esterni e dell’opposizione. I seggi sono stati aperti a tutti liberamente senza dover votare in quelli in cui si era registrati. Sono state contate schede per 2.262.424 di voti corrispondenti al 42,2% degli aventi diritto. Secondo detto il portavoce del Governo Jordi Turull si sarebbe arrivati al 55% se non ci fossero state le chiusure di seggi da parte della Polizia. Ha votato quasi solo chi era a favore della separazione dal governo centrale, arrivando al 90%.

Il referendum non è stato istituito in base a una legge nazionale, ma con una approvata all’inizio di settembre dal Parlamento regionale. Non con il voto delle opposizioni. Il referendum è stato boicottato dalle opposizioni catalane e non riconosciuto dal governo centrale di Madrid. Per il governo centrale spagnolo il referendum è incostituzionale. Il Tribunal Supremo di Spagna lo aveva sospeso per dubbi di costituzionalità. In base alla Costituzione del 1978 la Spagna è indivisibile e l’autodeterminazione è possibile solo in caso di dominio coloniale o occupazione straniera.

Per il governo catalano i giudici non sono indipendenti e il diritto di voto non può essere negato. Non sono state le forze dell’ordine catalane, ma quelle arrivate dal resto del Paese a tentare di bloccare il referendum. La Guardia Civil ha cercato di chiudere seggi e sparato anche proiettili di gomma contro i manifestanti. Sono stati bloccati siti web per evitare il voto on line e il conteggio dei voti, controllati anche i conti della Generalitat. La vittoria del sì, nei progetti degli organizzatori, porta alla separazione. Entrando in vigore la ley de desconexión c’è la possibilità di una «dichiarazione unilaterale di indipendenza entro 48 ore».

La gestione dello stato sarebbe invariata solo con negoziazioni dei casi con doppia gestione locale e nazionale fino alla separazione definitiva. La Catalogna indipendente sarebbe fuori dall’Unione Europea. Dovrebbe chiedere un nuovo ingresso rifacendo tutte le procedure. Domani intanto è stato indetto uno sciopero generale in Catalogna.

Per il presidente della Generalitat catalana, Carles Puigdemont, «i cittadini catalani si sono guadagnati il diritto a uno Stato indipendente». Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha definito il voto una farsa. «Il referendum per l’autodeterminazione non è mai esistito. Mi spiace per tutti i catalani che sono stati presi in giro: è stato un voto senza regole né certezze».

La Spagna è divisa in 16 comunità autonome, simili alle regioni italiane. La Catalogna, che ha Barcellona come capitale, porta il 20% del Pil nazionale e riceve dallo stato meno di quanto versa in tasse, l’8 secondo gli indipendentisti, al massimo entro il 6% per gli oppositori. Il governo locale decide di sanità, trasporti, educazione, e ambiente. Restano nella regione le imposte patrimoniali e di successione, metà dell’Iva, parte dell’Irpef e la tassa sugli alcolici. La prima e più evidente differenza della Catalogna rispetto al resto della Spagna è la lingua. Il catalano è una lingua neolatina, come castigliano, francese (lingua d’oc e d’oil), italiano e rumeno, con una diretta derivazione dal latino. Era negato il diritto di parlare in catalano negli anni del franchismo. Barcellona e la sua regione hanno sempre avuto una vocazione commerciale e mercantile diversa da quella agricola del resto della Spagna.

Nel 1714, per gli indipendentisti, i Borboni conquistarono Barcellona e così terminò l’autogoverno della città cominciando il modello centralista dello stato. Qui c’è stata la maggiore resistenza al regime di Franco. Anche il noto regista ischitano di film hard Axel Ramirez ha fatto molto discutere la scena politica campana per le sue dichiarazioni politically scorrect a favore dell'indipendenza della Catalogna.

Autore Dante Coppola
Categoria Politica
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