Per Tajani il salario minimo è un provvedimento da Unione Sovietica
Se non ci fosse Coldiretti, a chi potrebbero rivolgersi i ministri del governo Meloni? Vien da chiederselo, perché anche il ministro degli Esteri (degli Esteri!) ha pensato bene di dover partecipare all'Assemblea della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti per parlare di... salario minimo!
Ecco che cosa ha detto Antonio Tajani:
"In Italia non serve il salario minimo. Serve un salario ricco, perché non siamo nell'Unione Sovietica in cui tutti avevano lo stesso stipendio. Dobbiamo realizzare una rivoluzione liberale, un tassello al giorno, abbiamo cinque anni per farlo. Ogni decisione di ogni giorno è una tessera del mosaico per la nostra rivoluzione liberale che significa anche maggiore benessere economico per gli italiani. L'obiettivo è questo".
Curioso però che la rivoluzione "liberale" di cui parla Tajani sia iniziata ripristinando i vitalizi dei parlamentari. Dopo dieci mesi di governo, invece, non sarebbe stato più logico intervenire su chi guadagna 4 o 5 euro l'ora? E che dire poi degli altri Paesi in Europa che il salario minimo lo hanno già approvato e da tempo... praticamente tutti o quasi. Senza citare gli Stati Uniti, a meno che Tajani non ritenga che anche in America sia in vigore una dittatura in stile Urss! Non solo. Il salario minimo, come chiunque in grado di interpretare il senso delle parole riuscirebbe a capire, non significa salario uguale per tutti, ma salario base al di sotto del quale non è possibile retribuire un dipendente. Non vuol dire, pertanto, che un lavoratore dipendente non possa esser pagato di più dei 9 euro proposti nel disegno di legge presentato dalle opposizioni.
E a proposito del ddl, continua la battaglia in Commissione con la maggioranza che cerca di impedirne in tutti i modi che venga discusso in Aula.
Per FdI mancherebbe la copertura finanziaria, ma secondo le opposizioni nel ddl è ben specificato che sarà la legge di Bilancio a dover definire l'impegno economico e quindi la copertura di un sostegno alle imprese - solo per una prima fase - per supportarle nell'applicare il salario minimo. Il testo, pertanto, non richiederebbe alcuna copertura nell'immediato.
Per la maggioranza, il provvedimento sarebbe controproducente sul piano della propaganda, perché avrebbe pochi argomenti per opporsi a quello che finirebbe per essere un evidente e ben concreto supporto per le tasche dei lavoratori... di tutti i lavoratori. Per questo motivo vuole affossarlo in Commissione. Le opposizioni, per impedirlo, fanno ostruzionismo per ritardare il voto sull'emendamento soppressivo presentato dalla maggioranza, voto che così slitterà a domani.
Il provvedimento, quasi sicuramente, sarà bocciato. Però, prima o poi, Meloni e la sua maggioranza dovranno spiegare al 75% degli italiani che ritengono utile il salario minimo perché non lo abbiano voluto. Replicare con la novella della riduzione percentuale del cuneo fiscale che aumenterebbe lo stipendio è una barzelletta che a Meloni & Co., prima o poi, finirà per ritorcersi contro. Infatti, anche il più sfegatato (post) fascista a supporto di questo governo, prima o poi, riuscirà a comprendere che anche la più alta percentuale possibile di "nulla", darà sempre come risultato nulla. Pertanto, le risibili percentuali di sconto del cuneo fiscale, annunciate come provvedimenti miracolosi dall'esecutivo Meloni, su stipendi da fame non produrranno mai l'aumento dei salari. E quando gli italiani capiranno di essere stati presi in giro, allora Meloni inizierà a dover fare i conti con la realtà.