NATO e Comunità Europea sono solo delle etichette (prima parte)
L’Europa non ha ancora metabolizzato gli effetti del secondo conflitto mondiale per questo ha dato vita ad una Comunità dai “piedi di argilla” perché è sorta su premesse completamente errate infatti domina tutt’ora la mentalità ottocentesca: vincitori e vinti; la superiorità di alcuni e l’inferiorità degli altri; i Paesi nordici evoluti, efficienti, civili, economicamente forti e ben strutturati e i Paesi mediterranei considerati le ciabatte vecchie da tenere al margine delle decisioni e della gestione dell’organismo europeo.
Si deve anche leggere correttamente la storia del nostro Paese: ricomposto un territorio smembrato, la famiglia Savoia si era imposta come unico padrone lasciando il centro sud abbandonato nelle mani dei proprietari terrieri (nobili, arricchiti e clero) mentre dava impulso ad una economia industriale nel nord determinando l’abbandono graduale delle terre da parte dei latifondisti che iniziarono ad impiegare i capitali nel più remunerativo sviluppo industriale ma il rapporto tra il potere economico e i lavoratori giaceva sul binario morto della mentalità e delle regole feudali preesistenti. Le condizioni delle popolazioni rimasero immutate ancora per più di un secolo: povertà, sfruttamento, analfabetismo, condizioni igienico-sanitarie precarie, emigrazione, morti premature, fame.
L’avvento del fascismo fu la risposta ad una collettività che aspirava a migliorare le proprie condizioni di vita per loro e i loro figli. Il totalitarismo oltre a combattere le istanze interne trascinò un Paese isolato e arretrato in un conflitto le cui conseguenze continuano a ripercuotersi pesantemente nelle scelte politiche, economiche e culturali delle nostre istituzioni.
L’assetto dell’Europa post bellica fu impostato sulla difesa di interessi economico, militari e politici delle parti vincenti, lo dimostra il contenuto del Trattato di Jalta infatti durante la conferenza tenutasi dal 4 all'11 febbraio 1945 a ovest di Jalta, in Crimea mentre ancora imperversavano i combattimenti, i capi politici dei tre principali paesi alleati presero alcune importanti decisioni sul proseguimento del conflitto, sull'assetto futuro della Polonia, e sull'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
I tre protagonisti furono Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Iosif Stalin, capi rispettivamente dei governi degli Stati Uniti d'America, del Regno Unito e dell'Unione Sovietica era assente giustificata la Francia per la mancanza dei rappresentati riconosciuti di un governo in carica.
Esso fu il secondo ed il più importante di una serie di tre incontri fra i massimi rappresentanti delle grandi potenze alleate, iniziati con la Conferenza di Teheran (28 novembre - 1° dicembre 1943) e conclusisi con la Conferenza di Potsdam (17 luglio - 2 agosto 1945).
La conferenza ebbe luogo in un momento in cui la situazione politico-strategica era fortemente favorevole all'Unione Sovietica infatti l'Armata Rossa era ormai a 80 chilometri da Berlino, mentre gli Alleati occidentali, appena superata la crisi della battaglia delle Ardenne, si trovavano con le armate ancora ferme sul confine occidentale della Germania a oltre 700 chilometri dalla capitale tedesca; in Italia il fronte era bloccato da mesi sulla linea Gotica.
“Nel dettaglio, gli accordi ufficialmente raggiunti a Jalta inclusero:
una dichiarazione in cui si affermava che l'Europa era libera, e che invitava allo svolgimento di elezioni democratiche in tutti i territori liberati dal giogo nazista;
la proposta di una conferenza (da tenere nell'aprile 1945 a San Francisco) in cui discutere l'istituzione di una nuova organizzazione mondiale, le Nazioni Unite (ONU); in particolare a Jalta si considerò l'istituzione del Consiglio di sicurezza;
lo smembramento, il disarmo e la smilitarizzazione della Germania, visti come "prerequisiti per la pace futura"; lo smembramento (che prevedeva che USA, URSS, Regno Unito e Francia gestissero ciascuno una zona di occupazione) doveva essere provvisorio, ma si risolse nella divisione della Germania in Est e Ovest che finì solo nel 1990;
furono fissate delle riparazioni dovute dalla Germania agli Alleati, nella misura di 22 miliardi di dollari;
in Polonia si sarebbe dovuto insediare un "governo democratico provvisorio", che avrebbe dovuto condurre il paese a libere elezioni nel più breve tempo possibile;
riguardo alla Jugoslavia, fu approvato l'accordo fra Tito e Šubašić (capo del governo monarchico in esilio), che prevedeva la fusione fra il governo comunista e quello in esilio;
i sovietici avrebbero dichiarato guerra al Giappone entro tre mesi dalla sconfitta della Germania; in cambio avrebbero ricevuto la metà meridionale dell'isola di Sachalin, le isole Curili e avrebbero visti riconosciuti i loro "interessi" nei porti cinesi di Port Arthur e Dalian;
tutti i prigionieri di guerra sovietici sarebbero stati rimandati in URSS, indipendentemente dalla loro volontà;
Inoltre in Romania e Bulgaria furono insediate delle Commissioni Alleate per governare tali Paesi, appena sconfitti.
Nella relazione finale venne inserito l'impegno a garantire che tutti i popoli potessero scegliere i propri governanti, impegno palesemente disatteso nei decenni successivi.
Con l'Armata Rossa a 80 chilometri da Berlino e gli anglo-americani ancora fermi sul confine tedesco occidentale, sembrava probabile che i sovietici avrebbero occupato in breve tempo non solo Berlino e il territorio tedesco orientale, ma addirittura l'intera Germania. Lo stesso generale Douglas MacArthur aveva previsto che l'Unione Sovietica avrebbe dominato l'intera Europa al termine della guerra. Secondo questa interpretazione quindi, i capi anglo-americani si recarono a Jalta non per mettere in discussione l'influenza sovietica in Europa orientale, ma soprattutto per scongiurare l'eventualità di dover cedere anche tutta la Germania; avendo ottenuto da Stalin assicurazioni sulla divisione della Germania in zone di occupazione e sull'assegnazione della parte più ricca del territorio tedesco agli occidentali, essi si ritennero molto soddisfatti. Stalin infatti non solo confermò il suo consenso alla divisione della Germania in zone di occupazione ma approvò anche il piano di zone separate dentro Berlino.”
Stalin si accordò con gli americani e gli inglesi per arrivare ad una compensazione che garantisse all'Unione Sovietica l'obiettivo realistico di una sua sfera di influenza e sicurezza in Europa centro-orientale, rinunciando alla parte più ricca della Germania.
Se si voleva vivere in pace e dare un futuro vivibile alle nuove generazioni allo scioglimento del Patto di Varsavia doveva seguire quello della NATO invece l’Occidente gridò alla “sconfitta del comunismo e del sistema URSS” dimostrando una visione miope che denunciava la volontà di imporre un modello economico “liberista” basato sull’asservimento dell’uomo al capitale supportato da una democrazia formale e dipendente dalla logica del profitto. L’allargamento del numero dei Paesi membri della UE ha avuto lo scopo di estendere l’influenza geopolitica ed economica dell’imprenditoria europea occidentale e statunitense, lo dimostrano le numerose delocalizzazioni delle produzioni nei paesi dell’ex Patto di Varsavia.
L’Italia, sin dagli anni ’60, è stata oggetto di destabilizzazione economica attraverso la svendita del patrimonio pubblico a favore di entità straniere e un programma di privatizzazioni attraverso concessioni che hanno prodotto il degrado delle infrastrutture e il facile arricchimento dei concessionari: un esempio per tutti, il crollo del Ponte Morandi ha messo in luce situazioni scandalose che sono state pilotate all'interno del sistema partitocratico e istituzionale a favore dei concessionari che ha prodotto ulteriori danni ad una collettività mal rappresentata. Dall’oggi al domani molti lavoratori si sono trovati in mezzo ad una strada perché senza preavviso gli stabilimenti venivano chiusi e gli impianti trasferiti in un week end nei paesi dell’est ovviamente il tutto utilizzando fondi pubblici.
I dati che riporto di seguito sono attuali e riguardano il minimo salariale di tutti i Paesi membri.
Luxemburgo € 12,38; Germania € 12,00; Francia € 10,15; Olanda € 10,14; Irlanda € 10,10; Belgio € 9,66; Inghilterra € 9,35.
Spagna € 5,76;
Malta € 4,48;
Portogallo, Grecia, Lituania, Polonia, Estonia, Croazia, Repubblica Ceca, Slovenia da € 3,83 a € 3,40;
Ungheria, Romania, Lettonia da € 2,85 a € 2,54;
Bulgaria € 1,87.
Italia € al vostro buon cuore (cifra variabile con annesso precariato).
Sono decenni che sento dire che il costo del lavoro in Italia è troppo alto, i nostri ragazzi si collocano nelle ultime fasce della lista dei compensi che dovrebbero coprire il pagamento degli affitti stellari, il continuo aumento del costo per gli alimenti, imposte, tasse e balzelli che riescono a colpire anche chi non ha il necessario per sopravvivere; mancano finanziamenti per sostenere i servizi nazionali per fornire il minimo ad una collettività disorientata e abbandonata al proprio destino.
Ma dove va la ricchezza?
I primi cinque paesi mondiali per ricchezza di materie prime sono: Cina, Arabia Saudita, Canada, India e Russia (dati al 6 luglio 2023). Le materie prime si concentrano per il 40% Stati Uniti, Canada, Sudafrica, Australia ed Europa; 25% Russia e Cina; 35% Sud del mondo.
I principali produttori (ed esportatori) sono: Russia, Canada, Sudafrica, Australia, USA, Brasile, Cina, Cile e Congo. Vediamo in dollari “sonanti” a quanto ammonta la ricchezza prodotta da tale fonte.
Prendiamo in esame i 10 paesi più ricchi di risorse naturali del mondo e abbiamo altre preziose indicazioni che nelle economie interne giocano un ruolo determinante.
- RUSSIA: il valore totale stimato delle risorse è di 76.000 miliardi di dollari.
- TATI UNITI: il valore totale stimato delle risorse è di 45.000 miliardi di dollari.
- ARABIA SAUDITA: il valore totale stimato delle risorse è di 34.000 miliardi di dollari.
- CANADA: il valore totale stimato delle risorse è di 33.000 miliardi di dollari.
- IRAN: il valore totale stimato delle risorse è di 27.000 miliardi di dollari.
- CINA: il valore totale stimato delle risorse è di 23.000 miliardi di dollari.
- BRASILE: il valore totale stimato delle risorse è di 22.000 miliardi di dollari.
- AUSTRALIA: il valore totale stimato delle risorse è di 20.000 miliardi di dollari.
- IRAQ: il valore totale stimato delle risorse è di 16.000 miliardi di dollari.
- VENEZUELA: il valore totale stimato delle risorse è di 14.000 miliardi di dollari.
Come si può notare nella classifica sopra riportata non compare nessun paese europeo. La scoperta di giacimenti petroliferi nel Mare del Nord e altri notevoli giacimenti di materie prime hanno reso la Norvegia l’unico paese in vetta alla classifica europea che ha astutamente rifiutato di aderire all’euro ma, allo stesso tempo, riveste ruoli chiave nell’amministrazione dell’UE e della NATO.
Quali sono gli stati più popolosi del mondo.
Paese Stima
1 India 1,429,459,726
2 Cina 1,425,639,908
3 Stati Uniti 336.390.315
4 Indonesia 281.654.964
Quali sono i 3 paesi più grandi del mondo.
Pos Stato Superficie
1. Russia 17.098.242 Km²
2. Canada 9.984.670 Km²
3. Stati Uniti 9.833.517 Km²
4. Cina 9.572.900 Km²
Con 9834000 km² in totale e circa 335 milioni di abitanti, gli Stati Uniti sono il terzo Paese al mondo per superficie e il terzo per popolazione. Partiamo da un dato attuale a livello europeo: L'UE copre oltre 4 milioni di km² e conta 448,4 milioni di abitanti.
Lo Stato membro più popoloso dell'UE era la Germania (83.2 milioni, 19 % del totale UE), seguita dalla Francia (67.4 milioni, 15 %), dall'Italia (59.3 milioni, 13 %), dalla Spagna (47.4 milioni, 11 %) e dalla Polonia (37.8 milioni, 9 %). I Paesi chiamati “frugali” sono quelli che dettano le condizioni agli altri membri, questi hanno una densità di popolazione molto esigua che varia dai tre agli undici milioni: Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Belgio ed altri fino ad arrivare a Malta con poco più di mezzo milione di abitanti.
Prendiamo tre Paesi membri dell’UE e facciamo il confronto tra la densità di popolazione e PIL pro capite. Lussemburgo: 660.809 abitanti - PIL pro capite 261; Irlanda: 5.194.326 abitanti – PIL pro capite 234; Danimarca: 5.932.654 abitanti – PIL pro capite 136. Questi dati corrispondono al tenore di vita della collettività presa in considerazione.