Se vogliamo essere onesti con noi stessi e con chi ci legge, dobbiamo ammettere che le sole riforme del processo non sono la soluzione ai reali problemi della giustizia in Italia. Ad affermarlo è il professor Vincenzo Musacchio associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), oltre ad essere ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera, il giurista è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia nella seconda metà degli anni ’80.


Professore, la riforma della giustizia penale in atto renderà più efficiente il sistema giustizia italiano?
Questo lo potranno dire solo il tempo e le successive riforme a supporto. Ritengo che per un processo penale efficiente il tema cruciale da affrontare sia da ricercare in altri aspetti di riforma della giustizia penale. La ragionevole durata si raggiungerà solo con importanti interventi organizzativi mirati non solo sulla disciplina processuale ma soprattutto sull’organizzazione giudiziaria.


Può essere più preciso?
È assolutamente necessario un importante intervento organizzativo e una forte messa a punto delle risorse materiali e umane. A fronte di un’efficace opera di depenalizzazione, occorrono nuove norme organizzative che prevedano la riorganizzazione strutturale del sistema penale. In primis, un forte potenziamento degli strumenti e dei sistemi informatici e di digitalizzazione del processo penale a partire dalla fase inquirente. In secundis, la gestione delle cancellerie va data al personale amministrativo e non ai magistrati. Infine, gli organici vanno adeguatamente formati alle nuove tecnologie e alle evoluzioni già presenti in altri Paesi europei.


Questo sarebbe benefico nei confronti della lungaggine del processo penale?
Secondo me sì. Con nuovi strumenti tecnologici e informatici e nuove risorse giovani e ben selezionate si aumenta la possibilità di fare fronte alla domanda di giustizia da parte dei tanti individui che vi ricorrono o vi sono sottoposti. Io sono tra quelli che ritengono non occorrano più magistrati. Quelli che ci sono dovrebbero essere meglio riorganizzati sia come risorse umane, sia all’interno delle strutture giudiziarie nel loro complesso.


Questi strumenti serviranno a migliorare la giustizia penale?
Il potenziamento di questi strumenti può dare buoni risultati. Naturalmente incidere sul rito penale resta sempre una buona soluzione, ma, ripeto, da sola assolutamente non sufficiente a risolvere i mali della giustizia penale. Non è possibile che alle soglie del terzo millennio tra le pubbliche amministrazioni o tra Procura della Repubblica e Tribunale si comunichi ancora con Pec o con atti in cartaceo e non con un sistema informatico unico.  Si implementi il fascicolo elettronico e si elimini totalmente il cartaceo. Si agisca anche sulla geografia giudiziaria finalizzandola all’uso congruo delle risorse a disposizione.


Siamo dunque sulla buona strada?
Siamo solo all’inizio. Io credo occorra soltanto più coraggio sul piano delle riforme organizzative dell’intera organizzazione della giustizia.