L'argomento è di quelli spessi, trattato egregiamente da romanzieri come Herman Hesse, soprattutto nella parte che riguarda la delusione che essa ci infligge. Si parla di "sfogo al nostro egoismo" e di "complicità" come evoluzione del rapporto amicale. Se per l’amore entrano in campo altre pulsioni, come quella sessuale, nell'amicizia si dovrebbe trovare, o almeno a molti di noi  è stata trasmessa questa idea, una condivisione più "alta", pura, disinteressata. E' poi così? 

Per molti l'approccio all'altro è di tipo utilitaristico, una formula che, da adulti, diventa sfruttamento: economico, emotivo, fisico e chi più ne ha. Ci sono poi individui così egocentrici da farti chiaramente capire che frequentarli è un onore; e il fatto che ce lo abbiano elargito, vale bene che, a un certo punto, ce lo abbiano tolto a loro insindacabile arbitrio. Talora il soggetto ci avvicina per qualche sua profonda nevrosi, scoprire la quale può divenire addirittura pericoloso, e la scoperta  emerge quando magari è tardi per rimediare i danni.

Il posto di lavoro è una fucina di cosiddette amicizie, e come potrebbe non esserlo! Lì ti spendi, ti esponi, ti coinvolgi, tracimando i rapporti oltre l'orario, dove è possibile sparlare dei capi, dei disonesti, degli adulatori, ovvero complottare per puntellare le posizioni rispettive, con sincerità sempre precaria. Da lì, è facile trovarsi coinvolti in girandole di cene, serate di svago, vacanze... e liti.

L'amicizia comporta il tradimento. Cos'è il tradimento? La rottura di un patto, che avviene solo tra confidenti, non certo tra estranei. Pertanto, in età di primi bilanci, inizia a far capolino il termine "delusione" di cui sopra. "Da lui non me lo aspettavo" è una delle frasi ricorrenti. Ma perché? Lo avevi sovrastimato? Vi siete fraintesi? Avevi più bisogno di lui, che lui di te? O davvero è un bastardo? 

Certo, a volte l'amico ti fotte il partner, oppure ti truffa, o magari non ti rispetta. Perché gli anni passano, cose e persone cambiano, ma non con gli stessi tempi, e allora si produce uno sfasamento, è come se la persona fosse inquadrata da un altro riflettore. Se si è pressati da qualche più impellente esigenza, anche l'amicizia diventa nulla, un fardello. E poi e poi, l'amicizia è anche un sentimento: e come gli altri, si logora. Prima stavamo bene insieme, ora quella presenza mi opprime, non mi diverte; oppure ho preteso troppo; o ancora, qualcuno si è messo tra noi come una zeppa e ha distrutto l'affiatamento.

Arrivano anche le amicizie dell'età matura, naturalmente. Non è la stessa cosa che per quelle giovanili, si dice. Ovvio che sia così, ma può essere più piacevole: meno confidenze, più confronto sui sistemi e le tematiche, è un modo.

Anche su quel versante però, si incontrano impacci. Le rispettive idee intralciano una vera osmosi, di rado si è disposti a lasciare a casa il proprio IO e a buttare il famoso cuore oltre l'ostacolo. Tra donne, poi...

Il divario di età? Pare che non ingrani molto l'amicizia, quando lo scarto anagrafico è eccessivo. Il più grande ti vuole insegnare a vivere e non si mette certo in gioco: più facile un quieto rapporto distaccato e ironico. Ci si è incontrati in modi eccentrici, alla convention new age, alla presentazione del libro, è nato qualcosa, magari abbiamo le stesse idee su molte cose o condividiamo una passione. Durerà? Speriamo...

Amicizia tra ex amanti ( o coniugi o quel che sia)? A meno di non essersi lasciati in mezzo a lanci di piatti e carte bollate; se i nuovi compagni non hanno da eccepire; se non ci si scanna usando i figli o se figli non ci sono; se davvero si è elaborato il passato, ecco, immagino che esista uno spazio di abbraccio possibile, dove davvero puoi rilassarti, essere te stesso, lasciarti andare: Non è questa, l'amicizia? Un nirvana in cui nulla è schermato, tranne il rispetto condiviso dei rispettivi segreti,  ci si capisce al volo e si fa pace senza dirselo?

Poi ci sono le amicizie social: non va né meglio né peggio che quando ci si conosceva “all’antica”.

Per finire, riprendiamo la figura di Nicola, mirabilmente interpretato dal compianto Stefano Satta Flores in "C'eravamo tanto amati", capolavoro di Ettore Scola del 1974, e la sua sferzante opinione sulla antisocialità dell’amicizia. Davvero, viene da chiedersi dopo averlo ascoltato, l’amicizia è settaria, esclude, emargina, al punto da far desiderare di non avere amici? O era solo una provocazione, certo, da parte di un personaggio complicato, contorto, un'intellettuale del sud cui non andava mai bene nulla, che però lascia il segno? Il dubbio rimane.