La somma delle parti
Se c’è uno stato d’animo che un’esecuzione di Simone Perugini non è proprio in grado di provocare, è la noia. Queste recenti interpretazioni mozartiane, registrate pochi mesi fa, proprio all'alba del 2019, non fanno di certo eccezione.
Le prime battute della Sinfonia n. 40, rapide e sferzanti, sono più che sufficienti a farci comprendere che siamo di fronte a qualcosa di autenticamente nuovo, e che il viaggio che abbiamo intrapreso non potrà che essere prodigo di sorprese.
«L’intero è maggiore della somma delle sue parti», affermava Aristotele. Nel corso degli anni, Perugini si è convinto del fatto che Mozart abbia voluto concepire le sue ultime tre sinfonie – composte in rapida successione nella tormentata estate del 1788, dopo la tiepida accoglienza riservata al Don Giovanni dal pubblico viennese – come un unico ‘oratorio strumentale’ in dodici movimenti; una sorta di dramma psicologico il cui atto conclusivo sarebbe rappresentato dal grandioso fugato della Jupiter. Teoria affascinante ma tutta da dimostrare, per la quale rimando al booklet allegato al cd.
Comunque la si pensi in merito, sarebbe sbagliato soffermarsi più del dovuto su questo aspetto della questione, che costituisce l’elemento di novità più appariscente ma forse anche il più esteriore. Confesso di trovare più interessanti i riflessi prodotti da questa inedita visione unitaria sul piano interpretativo.
Il lavoro del direttore e della sua splendida orchestra, la francese Fête Galante Baroque Orchestre, sul testo musicale è infatti meticoloso e capillare. Non c’è frase del discorso che possa dirsi scontata nella sua articolazione interna, così come encomiabile è lo sforzo di mettere in evidenza i motivi ricorrenti che attraversano le due celeberrime partiture.
Certo, alcune scelte di tempo sono davvero ardite. E non mi riferisco tanto ai centrali movimenti lenti, laddove le moderne prassi esecutive ci hanno ormai abituati ad agogiche molto più sostenute rispetto al passato, ma soprattutto ai minuetti delle due sinfonie del dittico qui proposto (40 e 41), condotti a velocità vorticosa, a mo’ di scherzo.
Sul piano delle sonorità, l’aspetto che più colpisce è sicuramente la rilevanza data agli ottoni all’interno del tessuto strumentale, che dona all’esecuzione un vigore e un’energia dirompenti, calibrata sapientemente in modo da non offuscare mai la linea degli archi, comunque sempre protagonista.. In ultimo, vale la pena sottolineare lo scrupoloso rispetto di tutti i ritornelli previsti dall’autore, compresi quelli attinenti ai da capo dei minuetti.
Un’edizione dunque da consigliare ad occhi chiusi? Certamente sì, anche se in qualche modo un'edizione che potrebbe turbare orecchie particolarmente addormentate nella solita prassi esecutiva tardo ottocentesca. Mi spiego: se siete tra coloro che pensano di aver già trovato il proprio Mozart ideale, magari in Böhm, in Szell o in Karajan, forse è meglio non rischiare.
Se invece amate le sfide, se siete disposti a mettere in discussione le vostre certezze, se ritenete che non sia una sola la via che porta a Mozart, allora questo CD fa decisamente al caso vostro. Da parte mia, non posso che esprimere ammirazione per un direttore d’orchestra che, nell'energia dei suoi 43 anni, ha voglia di cercare strade nuove, ed è in grado di incantare, di stupire e di scandalizzare l’ascoltatore. Chapeau.