Un caro amico mi ha appena inviato delle foto stupende dal suo paese, l’Argentina. Posti mozzafiato che ha visitato durante queste festività. Ma io ho ricordato quanto sia peraltro bello questo nostro paese; quanti paesaggi impareggiabili e emozioni offerte alla vista che la nostra Italia è in grado di regalare. Per non parlare delle varietà di flora e fauna che non hanno eguali al mondo. E il clima dove lo mettiamo? Il mio amico di tutto questo è consapevole e, nonostante le risorse e le bellezze del suo paese, che certamente non sfigurano, medita da sempre di venire a stabilirsi da noi.

E’ anche una questione di qualità generale della vita. Pare che da noi, tutto sommato, si stia un po’ meglio. Certo, meglio se con qualche soldino in tasca. Posso capire chi vuol venire in Italia o andare dall’Italia altrove; ci sono sempre dei posti più accattivanti, dove il livello di civiltà è probabilmente migliore e magari si vive straordinariamente bene. Ma gli entusiasmi sono sempre destinati a scemare quando si scopre che non è tutto oro quel che luccica. Ce ne rendiamo tutti conto, e sarà anche per questo che rimaniamo stanziali provando ad accontentarci di quello che abbiamo.

Spesso si fa ricorso al pensiero consolatorio di chi sta peggio. C’era quello con un auto da sogno, e quello con l’utilitaria fermo accanto a lui al semaforo che lo guardava con invidia. Poi passava quell’altro con la moto scassata desiderando di potersi permettere l’utilitaria. Ma ecco giungere un tizio a piedi che guardava con lussuria la moto scassata, sperando un giorno di possederne una. Dall’alto di un balcone, però, un paralitico osservava il tizio che camminava a piedi, dicendo a se stesso: «Non so cosa darei per poter camminare anch’io!».

Questa è solo una delle tante storielle che avrete sentito chissà quante volte, e che in un attimo fa sentire tutti più buoni, meno invidiosi, e più inclini a essere felici con quello che passa il convento. 

Non credete a questa narrativa, per favore!

L’invidia è indubbiamente l’atteggiamento sbagliato, assolutamente da censurare, ma il desiderio di migliorare la propria condizione sociale, mirando a tutte le comodità e facilitazioni che possono elevare la propria produttività morale o materiale in una dimensione il più possibile agiata, è sacrosanto e assolutamente da perseguire! Pur nell’umiltà dei propri limiti, e magari provando a superarli con coraggio e determinazione.

Se l’auto da sogno non è un mero desiderio di possesso, ma un mezzo necessario per potersi spostare agevolmente su lunghe distanze in comodità, sicurezza, e arrivando più freschi e riposati, allora l’utilitaria non va bene. E non ci si deve accontentare con la scusa di chi ha la moto scassata.

Il limite alla propria determinazione e coraggio non siamo talvolta noi stessi, ma più spesso è il paese in cui si vive a frenare le legittime ambizioni. Così nasce il fenomeno dei “cervelli in fuga”, ma prima ancora veniva inventato il famoso “sogno americano” che ha proiettato un giovanissimo paese come gli USA al vertice dell’influenza politica ed economica mondiale. In quelle terre non esiste età per le opportunità e i desiderata; è sufficiente una buona idea e… l’annullamento della propria esistenza!

Non è tutto oro quel che luccica, dicevamo.

Se per raggiungere l’agiatezza dobbiamo rinunciare a vivere allora c’è qualcosa che non quadra. Il sogno americano forse non funziona tanto bene se permette un auto lussuosa per colmare con comodità la distanza tra una bella villa e il lavoro, ma poi tutto quello che permette finisce lì. Essere fagocitati dal lavoro che genera comodità voluttuarie è un no sense. Ma in un paese consacrato all’edonismo e al capitalismo più sfrenato, è più unico che raro poter conseguire un obiettivo moderato: chi corre di meno non resta solo indietro ma viene assimilato da chi corre di più.

Trai i meccanismi che gli USA curano sapientemente c’è il muro dell’assistenza sanitaria. Essa è prevalentemente privata e pone uno stimolo importantissimo all’intraprendenza dei cittadini. Se costoro non riescono a crearsi una posizione economicamente solida – costi quel che costi – non potranno permettersi un’assicurazione sanitaria che possa garantire la loro salute a 360 gradi. Insomma, quel che diamo per scontato in Italia negli USA è un sogno! Ed è solo dal 2014, grazie alla cd. riforma Obamacare (sotto la presidenza Obama) che qualcosa sta timidamente cambiando.

Si vede che stanno iniziando a percepire le loro patologie! Nel frattempo non è certo un paese dove vivere. E non solo per questo, naturalmente. Ma allora dove altro si può cercare quella dimensione che permetta di potersi esprimere al meglio come esseri umani?

Gli USA hanno svezzato il mondo. C’è poco da fare.
L’esportazione planetaria dei loro modelli fa vivere tutti settorialmente bene e generalmente male. Ovunque. Non è necessario spostarsi.

Possiamo avere una buona sanità pubblica, come in Italia, ma mai buona quando in Canada o a Hong Kong. E del resto lì hanno altri problemi. Possiamo avere il migliore sistema di accesso all’istruzione, come nei paesi del nord Europa, ma non la migliore educazione e disciplina che hanno maturato in Giappone. Oppure andare a Taiwan per giovarsi del minor tasso di criminalità planetario, ma in un paese conteso e instabile dal punto di vista geopolitico. Per respirare a pieni polmoni dovremmo però andare a Katmandù, in Nepal. Anche se poi ci ritroviamo tra problemi serissimi di ogni altro genere. E che dire del costo della vita irrisorio che troveremmo nella metropoli di Nuova Delhi, in India, per poi soffrire al cospetto del degrado, della povertà, e di ogni altro problema quotidiano fatto in gran parte da ghetti e periferie disagiate.

Questa settorialità è dovuta ai problemi dell’economia globale, principalmente governata dai nostri amici americani. Se un paese fa meglio una cosa ne dovrà far peggio un’altra, se vuole rientrare nei conti determinati dalla globalizzazione. Proprio a voler essere bravissimi si arriva al massimo ad essere la Finlandia. Loro hanno raggiunto compromessi ottimali riuscendo a fregiarsi del titolo di miglior paese al mondo per qualità della vita. Sono pur sempre compromessi, perché –  ripetiamolo ancora – anche lì non è tutto oro quel che luccica.

Non esiste un posto dove vivere che sia privo di compromessi. E quel che io mi chiedo è se oggi sia possibile costruire un paese con tutto il meglio del meglio senza compromessi. Troppo costoso, mi direte. Ciascuno si specializza in qualcosa. Lo abbiamo visto: la migliore sanità, la migliore scuola, la migliore educazione, la migliore occupazione, e così via. Prendo ciò che mi piace di più, con giusto un’occhiata al clima e al paesaggio, e vado a vivere lì!

Però non cascateci anche voi!

Alla fine la risposta è sempre la stessa. I costi non sono il reale problema, specie – ad esempio – per un grande paese come l’Italia (restiamoci!), che decidesse, finalmente, di incassare tutte le tasse evase dai cittadini; che decidesse, finalmente, di contenere la propria corruzione perlomeno limitandosi a “fare la cresta”; che decidesse, finalmente, di applicare un sistema di tassazione realmente progressivo per attingere ricchezza dai pochi che ne detengono la maggior percentuale. O magari che decidesse, finalmente, quell’altra soluzione che avete in mente voi e che è sempre meglio di starsene con le mani in mano.

Uno Stato che decidesse, finalmente, di aver coraggio, agire, e cooperare col mercato globale senza piegarsi totalmente a esso.
Perché andar via e far sognare solo chi viene da noi con qualche soldo? Facciamo buon uso degli scampoli di democrazia rimanenti e imponiamo il cambiamento!


📸 base foto: TweSwe da pixabay