Mia figlia non ha avuto una vita facile. Io e la mia ex moglie ci siamo divisi tanto tempo fa. Lei (così come il fratello, ora neo maggiorenne) ha vissuto fin da piccolissima tra famiglie affidatarie e comunità. Era stanca, scappava di continuo. L’anno scorso, l’ultima volta che ci siamo visti, abbiamo litigato perché io mi ero accorto che chattava con uomini più grandi e l’avevo ripresa. Era stata fidanzata anche con un ragazzo che era stato in carcere, più volte le avevo detto di “tornare sulla strada giusta”. Non sapeva nemmeno lei cosa volesse. Da allora non ci siamo più visti ma lei mi scriveva.
Chi parla è Stefano il papà di Jessica altra vittima di un uomo impazzito al pensiero di un rifiuto, Jessica cerca un posto dove stare ed un lavoro così si rifugia a casa di Garlaschi.
Una ragazza che ha vissuto la sua breve vita tra comunità e famiglie affidatarie, un’altra vittima della società della famiglia, “famiglia“ una parola che dopo gli ultimi due omicidi risuona come un macigno.
I ragazzi fragili si ritrovano senza una guida, soli a combattere contro ogni ostacolo che incontrano nel loro percorso di vita, urlano e nessuno ascolta il loro grido, siamo tutti sordi siamo tutti colpevoli, siamo noi che abbiamo ridotto questa società.
Ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità. I genitori sono responsabili di ciò che insegnano ai loro figli, sono responsabili di ciò che gli mettono davanti, sono responsabili dei disagi che gli procurano.
I genitori sono esempio attivo nella vita di ogni bambino, sono il motore. Si deve ripartire da lì, dalla comunicazione figlio/genitore, dalle attenzione spesso non date, dalle parole e dai disagi non carpiti.
Non possiamo lasciarli soli, non possiamo affidarli alla rete, in cerca di consigli di nuovi amici.
Ascoltiamo il grido di disagio di dolore mettiamo da parte il nostro apparire.