TACCUINO #56
Ovunque ci sia morale, si nasconde il più terribile dell’orrifico orribile
Introduzione
La morale, spesso celebrata come il fondamento del vivere civile e strumento per il raggiungimento del “bene comune", si rivela, a un'analisi critica, un apparato profondamente ambivalente e pervasivo. Essa si configura come un dispositivo ideologico di controllo, mascherato da costrutto civilizzante, che legittima la repressione e alimenta sistemi di esclusione e gerarchie di potere. Non solo la morale perpetua disuguaglianze, ma si nutre della distorsione semantica e della mistificazione, presentandosi come guida indispensabile e intangibile per il progresso umano.
Per decostruire tale apparato, occorre superare le apparenze: la morale non è una costruzione neutrale ma uno strumento che alimenta il marciume sociale e culturale, radicandosi nella retorica del controllo e della virtù. Smascherare la sua funzione significa cogliere la sua complicità con il potere e rivelare il suo ruolo nell’oppressione sistemica.
Etica e moralità: la maschera del puro
Una distinzione cruciale va operata tra etica e moralità, due concetti spesso confusi.
L’etica rappresenta un’indagine critica, aperta e contestuale sull’agire umano, mentre la moralità si radica in codici statici, dogmatici e prescrittivi. Quest’ultima invoca l’idea di purezza, una costruzione idealizzata e inaccessibile, utile a giustificare meccanismi di estromissione e soffocamento. Tale purezza è una narrazione strumentale, non una qualità intrinseca, concepita per perpetuare privilegi e gerarchie.
Storicamente, la moralità par aver giustificato crimini sistematici e atrocità globali, dalle inquisizioni ai genocidi, trasformando l’alterità in bersaglio di violenza strutturale. Questo processo rende la moralità un meccanismo di legittimazione della disuguaglianza, mascherando tirannide, coercizione, coartazione, giogo, violenza, dietro la facciata di neutralità etica. Lungi dal promuovere evoluzione, la moralità perpetua il progresso del dominio delle élite e cristallizza le disuguaglianze.
L’etica inquinata: una strategia di dominio
Il concetto di “etica inquinata” descrive la trasformazione dell’etica in un dispositivo di controllo, ottenuta tramite un deliberato processo di distorsione semantica. Parole come “giustizia,” “virtù” e “bene comune” vengono svuotate del loro significato autentico e ricaricate di contenuti funzionali agli interessi di chi detiene il cosiddetto potere, debolezza che si maschera di falsa forza e sprigiona vera povertà e miseria d'essere. Questo fenomeno non è casuale, bensì sistematico: attraverso l’inquinamento semantico, l’etica viene piegata a strumento per normalizzare oppressione e silenziare il dissenso.
L’etica inquinata agisce sacralizzando un corpus di valori predeterminati, bloccando la reinterpretazione delle relazioni sociali e ostacolando ogni tentativo di immaginare una società non gerarchica. Tale processo di cristallizzazione perpetua l’alienazione individuale e collettiva, trasformando gli esseri umani in ingranaggi funzionali a un sistema per linfa dispotico e vessatorio. Questa etica distorta non è dunque accessoria, ma essenziale alla riproduzione del dominio.
Il simbolo massimo di morale è probabilmente la bilancia della giustizia. Rappresenta l'idea di equilibrio tra bene e male, premi e punizioni, giusto e sbagliato secondo un codice imposto da una società o da una cultura. È un simbolo che riflette la regolazione dei comportamenti attraverso norme collettive e giudizi esterni, quando tutto è opinione, e tutto opinabile.
Il simbolo massimo di etica potrebbe essere la fiaccola o la luce. Questo perché l'etica è spesso associata alla ricerca della verità, all'autodeterminazione e alla consapevolezza interiore. A differenza della morale, che impone regole dall'esterno, l'etica implica un cammino di discernimento, illuminazione e scelta autonoma.
La demenza del menzoniero
In questo contesto emerge il paradigma del “demente morale", figura che incarna la degenerazione delle strutture morali in meccanismi di alienazione. Questa insania non è un fenomeno individuale, ma istituzionalizzato, radicato nei sistemi produttivi e sociali contemporanei. Il demente morale vive intrappolato in obblighi meccanici e rituali vuoti, funzionali esclusivamente alla conservazione dell’ordine costituito.
Nel contesto delle economie moderne, l’individuo diventa una funzione subordinata a un sistema produttivo che annulla autenticità e pensiero critico. In questo paradosso, il demente morale è al tempo stesso vittima e custode del sistema che lo opprime. La sua esistenza, scandita dalla reiterazione sterile di norme, rafforza le strutture di potere che perpetuano il suo stato di alienazione.
L'amico canuto che mai asconde giovenile estate: «Ma questa è realtà, le bollette vanno pagate».
Complicità e marciume
La morale, lungi dall’essere un elemento civilizzante, è complice del marciume sociale che pretende di combattere. Questo marciume non è un residuo accidentale, ma il nucleo stesso della struttura morale. Si manifesta attraverso istituzioni, linguaggi e pratiche quotidiane che consolidano oppressione e disuguaglianza. La morale, erigendosi a giudice, esercita controllo e repressione attraverso colpa, vergogna e paura, bloccando ogni autentico cambiamento.
Solo smascherando questa complicità intrinseca è possibile immaginare un’alternativa etica basata sull’autenticità e sulla liberazione dalle catene del dominio morale.
Mostrare il mostro
Per comprendere appieno la portata distruttiva dell’etica inquinata, è necessario “mostrare il mostro,” ovvero esporre senza edulcorazioni la crudeltà, il sadismo e il marciume che costituiscono il cuore delle costruzioni morali. Mostrare il mostro significa demolire la maschera dell’ordine e della virtù, rivelando l’orrore che si cela sotto la facciata del controllo morale.
Questo atto non è solo critico ma liberatorio, in quanto permette di riconoscere e apre la strada a una riflessione etica autentica. Solo attraverso questa presa di coscienza è possibile concepire una trasformazione radicale della società, fondata su principi di giustizia e verità non subordinati alle logiche del potere.
La morale è l'ombra della cultura, mentre l'etica è il fuoco che la può dissolvere.