«Da quando sono iniziate le proteste il 30 marzo, 87 palestinesi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza israeliane nel contesto delle manifestazioni, tra cui 12 bambini; Altre 29, tra cui tre bambini, sono state uccise in altre circostanze. E oltre 12.000 persone sono state ferite, oltre 3.500 di loro da munizioni vere.»

Lo ha riportato Zeid Ra'ad Al Hussein, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, all'inizio del suo discorso in apertura della sessione speciale del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (Ohchr) sul deterioramento della situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, inclusa Gerusalemme Est.

Nel suo discorso, Al Hussein ha dichiarato che «questa non è stata "una vittoria di pubbliche relazioni per Hamas", come l'ha definita un alto portavoce militare israeliano: è stata una tragedia per migliaia di famiglie. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha anche descritto i manifestanti come "pagati da Hamas" e ha affermato che le forze di sicurezza israeliane "cercano di ridurre al minimo le vittime".

Ma ci sono poche prove di qualsiasi tentativo di ridurre al minimo le vittime, in base a quanto accaduto lunedì. Sebbene alcuni manifestanti abbiano lanciato bottiglie molotov, utilizzato fionde per lanciare pietre, lanciato aquiloni in fiamme verso Israele e abbiano tentato di usare delle cesoie per aprire due recinti che dividono Gaza e Israele, queste azioni da sole non sembrano costituire una minaccia tale da poter mettere a rischio la vita della popolazione israeliana e giustificare l'uso delle armi per contrastarla.

Il netto contrasto tra le vittime di entrambe le parti è anche indicativo di una risposta totalmente sproporzionata: lunedì, da parte israeliana, un soldato sarebbe stato leggermente ferito da una pietra. Le uccisioni derivanti dall'uso illegale della forza da parte di una potenza occupante possono anche essere considerate "omicidi volontari", una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra.

I palestinesi hanno esattamente gli stessi diritti umani degli israeliani. Hanno gli stessi diritti di vivere in sicurezza nelle loro case, in libertà, con servizi e opportunità adeguati ed essenziali. E di questo nucleo essenziale di diritti dovuti a ogni essere umano sono sistematicamente privati.

Tutti gli abitanti di Gaza, 1,9 milioni di persone, sono costrette a vivere recluse all'interno di una recinzione ed hanno sofferto progressivamente maggiori restrizioni e maggiore povertà.

Dopo 11 anni di blocco da parte di Israele hanno poche speranze di ottenere una vita normale, mentre le loro infrastrutture si stanno progressivamente deteriorando, a causa della mancanza di elettricità, di servizi sanitari inadeguati e di un sistema di fognatura in disfacimento, tale da costituire una minaccia per la salute.

Sono costretti a chiedere permessi per uscire da Gaza per qualsiasi motivo, anche per avere assistenza sanitaria specializzata, e molti di questi permessi sono negati o ritardati - inclusi i permessi per la maggior parte dei manifestanti colpiti dalle forze di sicurezza israeliane questa settimana...»

In seguito a questo duro atto di accusa da parte di Zeid Ra'ad Al Hussein nei confronti di Israele, il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dato il via libera, lo scorso venerdì, ad una commissione d’inchiesta chiamata ad indagare sui palestinesi uccisi, a partire dal 30 marzo, dall’esercito israeliano.

Dei 47 Paesi membri, sono stati 29 quelli che l'hanno approvata, con 14 astensioni, due Paesi assenti al momento della votazione ed il voto contrario di Stati Uniti ed Australia.

Questo il commento del premier israeliano Benyamin Netanyahu: «Nulla di nuovo sotto il sole. L’organismo che si autodefinisce Consiglio dei diritti umani ha di nuovo dato prova di sè come organizzazione ipocrita e deplorevole il cui unico obiettivo è attaccare Israele e sostenere il terrorismo.»

Nel frattempo, continua la dura battaglia diplomatica tra Turchia e Israele. Sabato il portavoce del presidente turco, Ibrahim Kalin, ha detto all'agenzia di stampa Anadolu che non ci sarà pace in Palestina a meno che Israele non metta fine all'occupazione dei territori palestinesi.

Nella sua dichiarazione, Kalin ha condannato il recente massacro israeliano a Gaza, accusando i media occidentali di essere stati reticenti al riguardo.

«I titoli dei giornali recitavano "Decine di morti a Gaza", senza però fare riferimento che di tali uccisioni era responsabile Israele, come se i palestinesi fossero morti a causa di un disastro naturale o di un'epidemia. ... Immaginatevi solo quali sarebbero state invece le reazioni se le 62 persone uccise il 14 maggio anziché palestinesi fossero stati israeliani.»

Lunedì 21 maggio, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) discuterà una bozza di risoluzione per fornire protezione internazionale al popolo palestinese.

La risoluzione, chiesta dal rappresentante permanente del Kuwait presso l'ONU a New York, l'ambasciatore Mansour Al Otaibi, mira a fornire protezione internazionale ai civili nei territori palestinesi occupati, compresa la striscia di Gaza, per la quale viene chiesta la revoca del blocco israeliano.

Il progetto di risoluzione incoraggerà inoltre gli sforzi delle Nazioni Unite volti a migliorare la situazione nella regione e a rafforzare il rispetto delle leggi internazionali e umanitarie, ha affermato l'alto diplomatico.

La risoluzione esprime allarme per l'esacerbazione della crisi umanitaria a Gaza e sottolinea l'urgenza di una soluzione sostenibile alla crisi, in linea con il diritto umanitario internazionale.