Negli anni dell’occupazione[1] e nel periodo del dopoguerra a Vilnius  Sopoćko non si salvò dalle persecuzioni degli occupanti. Anche lui sperimentò il peso dell’occupazione. Accettò la funzione di rettore della chiesa di sant’Ignazio assegnatagli dalla Curia Arcivescovile nel settembre del 1939. Tuttavia, questo non durò a lungo, poiché l’arcivescovo ancora nello stesso anno, lo liberò dal lavoro presso quella chiesa. Il fatto  si verificò subito dopo che i Lituani ebbero preso il potere a Vilnius, il 28 ottobre, in forza di un accordo sovietico-lituano. Il cappellano delle truppe lituane don Jan Panawa  fu nominato rettore della chiesa di sant’Ignazio[2].

La situazione difficile causata dalla guerra, che invadeva territori sempre più ampi dell’Europa, coinvolgendo numerose nazioni, faceva crescere sempre di più la convinzione di Sopoćko che il mondo avesse bisogno della divina misericordia. Egli iniziò, dunque, a predicare con fermezza crescente sulla divina misericordia[3]. I parroci di Vilnius e dei dintorni lo invitavano a tenere conferenze. Durante la quaresima, nelle funzioni della passione celebrate nella cattedrale di Vilnius, teneva omelie sulla divina misericordia che attiravano folle di fedeli da tutta Vilnius e che riecheggiavano in tutta la città. In questo periodo, il sacerdote iniziò  a elaborare un trattato sulla divina misericordia e sulla festa in suo onore: De misericordia Dei. Deque eiusdem festo instituendo. Tractatus dogmaticus ac liturgicus. Il Cardinale August Hlond lo incoraggiò a fare questo lavoro ancora prima della guerra. Sopoćko gli aveva presentato le sue ricerche sull’opera della divina misericordia[4].

Nel frattempo,  a giugno del 1940 la Lituania fu nuovamente occupata dall’Armata Rossa, e dopo un mese fu inclusa nell’Unione Sovietica come quindicesima repubblica. Il sacerdote fu costretto a interrompere gli incontri dei gruppi di cui si occupava e fu privato della possibilità di pubblicare il trattato sulla divina misericordia[5]. Lo aiutò Jadwiga Osińska la quale, in quanto esperta di filologia classica, si occupava dell’aspetto linguistico del trattato. Con l’aiuto dei suoi conoscenti s’impegnò a stamparne clandestinamente alcune copie, usando il ciclostile. Successivamente si occupò di fornire i singoli esemplari a varie persone, che avevano la possibilità di partire da Vilnius. In questo modo l’opera di Sopoćko arrivò in molte nazioni, e soprattutto ai vescovi di tutta Europa e del mondo intero. Il Nostro divenne sospetto a causa della dottrina della divina misericordia da lui predicata e a causa della divulgazione di questo culto. Avvertito da un’impiegata dell’Ufficio dello Stato civile, riuscì a evitare di essere arrestato. Per motivi di sicurezza partì da Vilnius. Continuò a tenere conferenze sulla divina misericordia a Olita, Zyzmory, Merecz e nelle altre parrocchie. Finito il pericolo di arresto, tornò a Vilnius e iniziò a tenere i corsi nel seminario nel quale, nonostante le difficili condizioni materiali, iniziò il nuovo anno accademico 1940-41. Risiedeva nuovamente presso la chiesa di san Michele, dove era collocata l’immagine di Gesù Misericordioso sempre più venerata dai fedeli[6].                

Il 22 giugno 1941 scoppiò la guerra tedesco-sovietica. In breve Vilnius si trovò sotto una nuova occupazione. La popolazione ebraica fu particolarmente discriminata. Sopoćko, ancora prima della guerra, catechizzava gli Ebrei che cercavano rifugio nella Chiesa e li preparava al battesimo. Il frutto di questi sforzi fu il battesimo di circa 65 persone. Il sacerdote aiutava gli Ebrei sia materialmente che spiritualmente. Tale comportamento implicava gravi pericoli, compreso il pericolo di morte. La Gestapo trovò le tracce della sua attività e per alcuni giorni lo mise agli arresti. Sopoćko contribuì a salvare 100 ebrei dal ghetto di Vilnius, rilasciando loro certificati di nascita falsi, in modo che potessero lasciare il ghetto e fuggire in posti più sicuri[7]. Nelle note personali del Nostro leggiamo:

 «Prima e all’inizio della guerra molti candidati con istruzione superiore: medici, ingegneri, insegnanti   e studenti sono venuti da me per farsi battezzare. Ho dato i certificati di battesimo sia a quelli battezzati che a quelli non battezzati, e ho indirizzato alcuni di loro verso i miei amici nel paese. Questi sono sopravvissuti alla guerra. Oggi non ricordo tutti i nomi perché l’elenco è stato perso. Ricordo solo poche persone: il dottor Aleksander Steiberg-Sawicki, secondo un documento con la moglie, che era rimasto a Vilnius come capo dell’ospedale di Wilcza Lapa; il dottor Erdman-Benedetto Szymanski, secondo un documento, con la moglie e la figlia, capo dell’ospedale di s. Elisabettaa Breslavia; il dottor Juliusz Genzel e sua moglie, che ora vive a Sidney, in Australia»[8].

In precedenza aveva inviato ebrei da proteggere e nascondere alle suore Orsoline, dove anche lui trovò rifugio. Sopoćko raccomandò a padre Jan Władysław Sielewicz altre famiglie ebree che fuggivano dal ghetto di Vilnius verso Worniany[9].

Nell’estate del 1941 Sopoćko partecipò al lavoro per gli inizi della congregazione delle suore, che si proponeva l’obiettivo di diffondere l’idea della divina misericordia.  La sua collaboratrice Jadwiga Osińska, persona molto dotata e personalità molto ricca, scoprì in sé il desiderio di consacrarsi in modo particolare al servizio di Dio. Confidò questo desiderio al sacerdote, chiedendogli preghiera e consiglio, in quanto era suo direttore spirituale[10]. 

prof. sac. Gregorio - Grzegorz Stanislaw Lydek

 

[1] «La seconda repubblica polacca durò fino agli inizi della seconda guerra mondiale nel 1939, quando il suo territorio fu invaso dalla Germania di Hitler e dall’Unione Sovietica e spartito fra i due Stati aggressori sulla base di quanto stabilito dal Patto Molotov-Ribbentrop (Trattato di non aggressione), che prevedeva, tra l’altro, la spartizione della Polonia. La Polonia era completamente impreparata di fronte alla velocità e alla violenza degli attacchi tedeschi, per via del ritardo nella modernizzazione dell’esercito. La situazione si aggravò quando l’esercito polacco, impegnato duramente ad ovest dalla Wehrmacht, fu attaccato anche da est dall’Armata Rossa, senza alcuna dichiarazione di guerra da parte dell’Unione Sovietica. Tutto il Paese soffrì gravemente durante il periodo dell’occupazione, anche perché, tra tutte le nazioni coinvolte nella guerra, la Polonia perse la percentuale maggiore di cittadini: più di 6 milioni morirono, metà dei quali ebrei polacchi»: G. Parker - A. Dorpalen, Atlas Historii Powszechnej - The Times Atlas of Word History, pp. 128-133.
[2] H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, pp. 109-111.
[3] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), pp. 285-287.
[4] Cf. ibidem, pp. 287-289.
[5] Cf. H. Ciereszko, Il cammino di santità di Don Michele Sopoćko, p. 223.
[6] Ibidem.
[7] Sopoćko aiutò gli ebrei fino al 3 marzo 1942, quando, per evitare il carcere, trovò rifugio in Czarny Bór presso il convento delle Orsoline, dove rimase fino alla fine dell’occupazione nazista.
[8] Cit. in T. Krahel, Ratowanie Żydów przez bł. ks. Michała Sopoćkę [Salvezza degli ebrei grazie al beato Michał Sopoćko],  in “W Służbie Miłosierdzia” 11(2008), p. 5. Mons. Tadeusz Krahel ha trovato queste note personali di Sopoćko e le ha riportate nel suo articolo pubblicato nella rivista diocesana di Białystok. 
[9] M. Paul, Wartime Rescue of Jews by the Polish Catholic Clergy. The Testimony of Survivors, Polish Education in North America, Toronto 2015, pp. 286-288.
[10] H. Ciereszko, Życie i działalność Księdza Michała Sopoćki (1888-1975), p. 290.