L'amichevole di calcio tra Israele e Argentina, partita di preparazione in vista dei prossimi mondiali in Russia, doveva disputarsi sabato 9 giugno inizialmente nella città settentrionale di Haifa.

La propaganda politica, anche in considerazione del 70° anniversario della nascita di Israele, ha spinto il governo Netanyahu a spostare il match a Gerusalemme, città che lo Stato ebraico pretende di considerare come propria capitale, in barba a qualsiasi convenzione internazionale sull'attuale status di Gerusalemme, per metà territorio palestinese sotto occupazione militare da ben 51 anni.

Il capo della Federcalcio palestinese (PFA), Jibril Rjoub, aveva protestato per questa scelta.

Mercoledì, però, il colpo di scena. La partita è stata annullata.

L'ambasciata israeliana in Argentina ne ha dato conferma, parlando di "minacce e provocazioni" non meglio specificate nei confronti dei giocatori argentini e, in particolare, nei confronti di Lionel Messi.

Nei giorni scorsi sono state fatte pressioni su Messi e la Federcalcio argentina per non giocare il match, con manifestazioni a Buenos Aires e a Barcellona.

Il quotidiano argentino Clarín ha riferito che secondo fonti ufficiali, il presidente Mauricio Macri ha parlato con i dirigenti dell'AFA, venendo a conoscenza che i calciatori argentini non avevano alcuna intenzione di andare a giocare in Israele a causa delle minacce contro Messi. Pertanto, Macri si è scusato con il premier Netanyahu, aggiungendo che le motivazioni dei giocatori non erano politiche.

Gonzalo Higuaín, in una intervista alla tv ESPN si è detto soddisfatto della scelta, perché razionalità e salute vengono prima di ogni altra cosa.

Mentre la destra israeliana è insorta contro l'annullamento della partita, prendendosela con chiunque, argentini e palestinesi, e confermando al di là di ogni dubbio la finalità politica dell'evento, Jibril Rjoub si è invece detto soddisfatto dell'annullamento, interpretandolo, sempre in chiave politica, come uno schiaffo di Lionel Messi al premier Netanyahu.

«I valori, la moralità e il messaggio dello sport oggi hanno trionfato - ha detto il capo della PFA - con il cartellino rosso mostrato in faccia ad Israele, con la cancellazione di questa partita.»

Al di là delle motivazioni che, in base al proprio "tornaconto" politico, israeliani e palestinesi addurranno per giustificare la cancellazione della partita, era comunque evidente, da parte di Israele, la finalità politica dell'eveneto, assecondata per motivi economici dall'AFA e dallo Stato argentino, con Macri che era in procinto di assistere al match insieme a uomini d'affari israeliani.

Ma al di là delle motivazioni vere che hanno spinto i calciatori argentini a non andare a giocare a Gerusalemme - per il CT Sampaoli era un match inutile - quanto accaduto finirà per diventare, al di là delle intenzioni, una denuncia contro Israele e la sua politica di apartheid nei confronti del popolo palestinese.

In pratica, rimanendo in tema, Netanyahu si è fatto autogol.