Poteva uno come Matteo Renzi, le cui fondamenta politiche sono cementate sulla comunicazione e l'immagine, lasciar correre le dichiarazioni che si sono succedute in questi ultimi giorni da parte di membri della minoranza PD? Evidentemente no.

Così ieri, in un suo intervento tenuto alla scuola di formazioane del partito, dopo  avre dato i lsuo magnanimo placet affinché i video delle primarie di Napoli venissero esaminati e valutati, Renzi non ha perso l'occasione per attaccare la minoranza del PD che ha tenuto banco nei media, con la tre giorni di Perugia:  «In questi giorni tutta la discussione politica è al nostro interno, ma il mondo fuori da qui non è interessato alle nostre discussioni. Vuole sapere se può avere risposte dall'Italia. C'è un mondo virtuale che si alza la mattina e pensa a chi gli ha risposto su Twitter o sulle agenzie. Al mondo non importa nulla (quest'ultima frase pronunciata da uno che controlla stabilmente ciò che riportano i social e le agenzie è a dir poco incredibile)».

Ma l'intervento più duro è stato il seguente: «Coloro che chiedono oggi più rispetto per la storia dell'Ulivo sono quelli che hanno distrutto l'Ulivo consegnando l'Italia nelle mani di Berlusconi.»

Una frase a cui replica a Pier Luigi Bersani.  Ieri, a caldo: «Renzi ricordi che noi l'abbiam fatto l'Ulivo. Noi l'Ulivo l'abbiamo fatto. Se lui è di sinistra, noi chi siamo?»

Ed oggi, di nuovo dopo averci dormito su: «Sì, lo ammetto, mi sono arrabbiato molto, se mi toccano l'Ulivo... Se al corso di formazione politica vai a dire che la sinistra ha distrutto l'Ulivo, che abbiamo aiutato Berlusconi... Ricordo che il centrosinistra ha battuto tre volte Silvio Berlusconi e che, pochi o tanti voti che io abbia preso, Renzi sta comodamente governando con i voti che ho preso io. Non io Bersani, io centrosinistra. Io, assieme ad altri  sto cercando di tenere dentro il Pd della gente che non è molto convinta di starci. A volte si ha l'impressione, invece, che il segretario voglia cacciarla fuori. Il segretario deve fare la sintesi, non deve insultare un pezzo di partito.»

Alle parole di Bersani hanno fatto eco quelle di Roberto Speranza: «Sono abituato a un’idea di partito in cui il segretario lavora a unire il Pd, non a insultare la minoranza.»

Separati in casa, verrebbe da dire. In una coppia, quando si arriva ad una situazione del genere, si va dall'avvocato. Nel Partito Democratico si afferma che l'unità del partito non è in discussione. Questo è quanto è stato più volte ribadito nella kermesse di San Martino in Campo.

E tutto senza che all'orizzonte ci sia un congresso straordinario che decida la linea del partito, perché la maggioranza non lo vuole, nonostante le politiche di Renzi, oggettivamente, non rispecchino il mandato elettorale ricevuto nell'urna alle ultime politiche. Quanto ancora potrà durare questa situazione all'interno del PD?