In un tweet del 7 agosto, Elon Musk, in una riga, ha annunciato di pensare ad un delisting del titolo Tesla, riacquistando ogni azione attualmente in possesso dei vari investitori ad un prezzo di 420 dollari.


Ritirare un titolo dalla borsa non è una novità e non è neppure insensato... il problema però è capire se esistono o meno le condizioni per farlo.

Quando un'azienda va molto bene e non ritiene più necessario di far finanziare il proprio sviluppo dal mercato può decidere di ritirare il proprio titolo dalle contrattazioni pagando agli azionisti, oltre il valore del titolo, un ulteriore premio per il "disturbo".

Una simile operazione può esser fatta con denaro proprio o tramite finanziamento... nessuno avrebbe nulla da obiettare.

Le perplessità, invece, sorgono quando il delisting, volontario, viene fatto da un'azienda che va male o non tanto bene. Questo è il caso di Tesla.

Entrata nel mercato delle auto vendendo solo macchine elettriche, ma di fascia alta, Tesla ha poi deciso di anticipare la concorrenza del mercato di massa dei marchi che operano nel settore dei motori tradizionali che stanno convergendo verso il motore elettrico, iniziando a fabbricare un'auto di fascia media, la Model 3.

Il problema, però, è che la fabbrica di Fremont in cui l'auto si fabbrica non è riuscita, nonostante i vari annunci, a mantenere livelli di produzione tali da realizzare un numero di veicoli minimo sufficiente a soddisfare in tempi sostenibili gli ordini dei clienti.

I ritardi nella produzione hanno causato così ritardi nelle vendite che a loro volta hanno causato dei problemi seri ai conti dell'azienda con una notevole perdita di redditività e di credibilità, che ha visto le obbligazioni di Tesla essere valutate più o meno come titoli spazzatura.

Ma se questa è la situazione attuale di Tesla, come è possibile che l'azienda abbia risorse autonome per ricomprare i propri titoli, ammesso che tutti gli azionisti siano convinti di poter fare un affare a rivenderli a 420 dollari? E se non le ha, chi è che può finanziare un'operazione valutata 72 miliardi di dollari, prestando i soldi ad un'azienda i cui conti sono in pessimo stato e che a breve dovrà scontrarsi nella stessa fascia di mercato con i colossi europei e orientali che finanziariamente sono in grado di far concorrenza a Tesla senza eccessivi problemi?

Ed a porsi gli stessi interrogativi è anche lo stesso Consiglio di Amministrazione di Tesla che non saprebbe, secondo indiscrezioni catturate dalla stampa, con quali soldi Musk dovrebbe finanziare l'operazione.

Un'ipotesi al riguardo è che alcuni dei principali azionisti di Tesla, come Fidelity Investments e Tencent, possano aver deciso di sostenere l'operazione rinunciando al buy back e riducendo così l'importo del finanziamento necessario a sostenerla.

Comunque, tutto è ancora da definire, anche se lascia molto perplessi il modo in cui l'annuncio è stato fatto, senza che i dettagli dell'operazione fossero già definiti per essere diffusi e che gli operatori finanziari li potessero valutare.