Ieri, il ministro dei Trasporti Toninelli, per giustificare l'intervento della Guardia Costiera libica per quello che è stato definito "salvataggio" di 800 persone, ha parlato di naturale conseguenza dell'addestramento e rafforzamento (della Guardia Costiera libica) voluto dai suoi predecessori in sede di Commissione Europea.

Questa dichiarazione, da parte di Toninelli, è stata rilasciata per rispondere ai suoi avversari politici che hanno denunciato uno scaricabarile da parte dell'Italia nel salvataggio dei migranti, accusando l'attuale governo di aver impedito alla nostra Guardia Costiera di intervenire, lasciando il soccorso dei naufraghi ai libici... con tutte le conseguenze del caso, in relazione ai centri di detenzione libici.

Ieri, inoltre, la nostra Guardia Costiera è stata tirata in ballo anche dal ministro Salvini che, durante la conferenza stampa in Libia, a chi gli ha chiesto se la Guardia Costiera italiana non dovesse raccogliere più gli sos provenienti dai barconi, aveva risposto che bisognava chiederlo al collega Toninelli, aggiungendo che "se così fosse, avrebbe il mio totale sostegno".

Una dichiarazione del tutto insensata oltre che preoccupante, in relazione al fatto che è stata pronunciata da un ministro. Infatti, chiunque sia su un barcone in mezzo al mare, migrante o no, è prima di tutto un naufrago e in conseguenza di ciò, qualunque imbarcazione o corpo preposto al salvataggio in mare è obbligato ad intervenire in base ad un codice di comportamento ben definito e collaudato... in caso contrario verrebbe commesso un reato.

Martedì, alla trasmissione Radio Anch'io, Toninelli è tornato sull'argomento, ricordando che "la nostra Guardia Costiera opera in autonomia tecnico giuridica e non devo essere io a dire di rispondere oppure no! ... Se uno dei gommoni ci chiama ma è in zona libica rispondiamo che non possiamo intervenire perché è in un'area a responsabilità giuridica non nostra. ... Se uno di questi gommoni della morte è a 25 miglia dalle coste libiche e sono presenti motovedette di Tripoli noi non possiamo avere responsabilità. ... Non abbiamo mai fatto morire nessuno - ha aggiunto Toninelli. - Se non ci sono altre autorità responsabili la Guardia Costiera italiana continuerà a intervenire, non serve un mio ordine di intervento."

Le precisazioni tra i due ministri, scambiate a stretto giro con dichiarazioni, conferenze e interviste, dimostrano come le cose in questo governo abbiano funzionato finora e che i 5 Stelle, dopo aver finalmente capito di essere stati usati per la propaganda elettorale del ministro dell'Interno - che in meno di un mese ha fatto di tutto per far credere di essere il premier, se non il ministro unico, del governo del cambiamento - hanno deciso di non continuare ad interpretare il ruolo di portaborse.

Lo scambio di battute tra Toninelli e Di Maio è il segnale che gli sconfinamenti di Salvini hanno oltrepassato la misura e ampiamente saturato il livello di sopportazione di alcuni ministri, se non del Movimento 5 Stelle in toto.

Si può già parlare di primi segnali di crepe nell'alleanza di governo?

Qualche ora dopo Toninelli, senza far sapere in base a quali decisioni concordate all'interno del governo e soprattutto con quali risorse, ha parlato con il suo omologo libico promettendogli di fornire alla Guardia Costiera libica nuove motovedette "in modo da pattugliare meglio i loro mari e contrastare più efficacemente le partenze dei barconi della morte."


Per la cronaca, il governo precedente, solo per rimettere in mare un paio di motovedette libiche aveva fatto uso dei fondi destinati alla cooperazione internazionale allo sviluppo, in base ad una denuncia da parte dei legali del nodo romano dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che hanno parlato di fondi «distratti dai loro fini».

Ma questo, come sappiamo, è il governo del cambiamento, dove ognuno dichiara quel che vuole promettendo di fare qualsiasi cosa, anche se non ha la competenza e i soldi per farlo.