Spiegare il rapporto tra uomo e natura non è cosa facile. Innanzitutto, il problema si pone eminentemente nel mondo occidentale, specialmente dai Romani in poi. E' noto infatti che le altre culture sono o sono state legate molto più alla natura. Pensiamo ai popoli africani, agli Aborigeni australiani, agli Indios dell'Amazzonia, ai Nativi d'America ecc. Tutte popolazioni in via di estinzione a causa dell'invadere della cosiddetta "civiltà". Con la civiltà, l'uomo occidentale ha voluto attuare il suo desiderio di conoscenza e di potenza.

Pensiamo solo al pensiero inglese da Ruggero a Francesco Bacone e oltre, che ha teorizzato esplicitamente il dominio dell'uomo sulla natura. Sul fronte opposto abbiamo ad, es, l'economista francese Morelly e il filosofo svizzero Jean Jacques Rousseau, che hanno criticato recisamente il progresso come fonte di ogni ingiustizia e diseguaglianza. Gli stessi giuristi romani, come Ulpiano, hanno parlato di uno ius naturale, comune agli uomini e agli animali, antecedente alla civilizzazione, introdotta dal ius gentium, i cui istituti sono i negozi commerciali, la fondazione degli Stati e quindi la guerra. La prospettiva giusta è, probabilmente, quella romana.

I giuristi romani, infatti, hanno colto il problema in una visuale dinamica, che, senza rinnegare lo stato di natura, prende atto dell'evoluzione della storia umana. Nemmeno bisogna illudersi che la natura sia un paradiso felice, cui ritornare come ad una perduta "età dell'oro": la vita secondo natura è infatti severa, richiede sforzi e fatica per sopravvivere; l'uomo è in completa balìa degli elementi. E tuttavia la civiltà umana è destinata a fallire, schiacciata dal peso delle sue sempre più insanabili contraddizioni. Possiamo dunque dire che l'uomo si illude creando la civiltà, con i suoi agi, i suoi vantaggi e le sue aspettative di benessere. Il cerchio si chiude, e l'uomo è condannato a ritornare alla natura, che è contemporaneamente madre e matrigna: con una mano dà e con l'altra toglie.

La legge di natura è tale da regolare perfettamente gli equilibri demografici delle popolazioni, che il progresso ha disastrosamente infranto, provocando milioni di vittime. Nel vano tentativo di migliorare la sua condizione, l'uomo occidentale si è ritrovato in un labirinto di violenza e di non-senso, inseguendo sogni assurdi e profitti  illeciti. In natura, bisogna distinguere popolazioni da popolazioni: vi sono tribù francamente ignoranti, ma ve ne sono anche di intelligenti, come i Dogon del Sudan, con la loro raffinatissima cosmologia.

Mio scopo non è fare l'apologia della natura come "stato ideale" per l'umanità: ho solo cercato di ragionare oggettivamente. E oggettivamente posso dire che la cosa migliore per l'uomo è rispettare la natura, usando  tecnologie basate sui suoi stessi elementi: eolica, solare ed idrica. L'istinto di allontanarsi dalla natura si è rivelato, e sempre più si rivelerà, come una sorta di "scherzo del destino": perché, alla fine, la natura è tiranna con l'uomo: non tollera che egli la rinneghi. La stessa parola "uomo" deriva da humus , che in latino significa "terra".