«Siamo stati inseguiti ogni giorno dalla spada di Damocle, quella che la leggenda legava a un sottile crine di cavallo e che nella nostra realtà rappresentava la minaccia di essere colpiti e venduti al miglior offerente. È la fine, è la fine…»

Così ricorda Norma Rangeri riassumendo la vicenda vissuta dal giornale da lei diretto quando, a partire dal 2011, i soci decisero all’unanimità  di avviare la liquidazione coatta amministrativa come alternativa al fallimento.

Con questo stratagemma, il giornale venne affidato a dei liquidatori che oltre a provvedere alla gestione del giornale iniziarono le procedure per la  vendita. Dopo che il primo avviso per la vendita era andato deserto, una nuova cooperativa di soci si era costituita nuovamente e dal 2013 era tornata a gestire il giornale, affittandolo per 20 mila euro dai commissari liquidatori.

Intanto la procedura per la liquidazione era proseguita con delle aste andate sempre deserte. Successivamente, la nuova cooperativa de il manifesto presentò ai liquidatori una proposta di acquisto del quotidiano. Dopo alcune trattative, la proposta è stata accettata su una base di accordo che prevede il pagamento di 900 mila euro (al netto dell'Iva) da saldare in due tranche. La prima di 600 mila euro è stata saldata subito grazie ad una raccolta fondi tra i lettori, una tassazione tra i soci lavoratori ed un mutuo acceso presso Banca Etica. La parte restante della somma, 300 mila euro, dovrà essere saldata entro il 2017.

Per questo, il manifesto ha pubblicato quel titolo sulla propria pagina web, mentre sulla versione cartacea l'apertura è stata È  l'inizio...
Sempre Norma Rangeri: «Sì, è la fine davvero. Ma della liquidazione coatta amministrativa. Sì, è la fine ma del piccolo inferno in cui abbiamo vissuto in questi ultimi tre anni e mezzo. Ed è l’inizio di una nuova storia del manifesto».

Adesso è tutto risolto? Non proprio, perché l'esistenza de il manifesto come quella di molti altri giornali deve fare i conti con i cambiamenti dovuti a internet. Così, Norma Rangeri termina il proprio editoriale: «Fermare la crisi dei quotidiani stampati non si può, tuttavia possiamo arginarla. Purché si sia consapevoli del fatto che leggere un giornale come il manifesto è in primo luogo un’azione, una scelta politica, e che la lettura di un quotidiano è l’unico strumento per non farsi risucchiare dalla deriva dei social network, sicuramente utili ma al tempo stesso finti, perché surrogano la partecipazione con i «mi piace» e le condivisioni.

Un fatto è ormai chiaro, come sostengono molti studiosi: con i social network si sta modificando il concetto stesso di democrazia. Ed è su questo crinale politico-informativo che siamo chiamati a lavorare e confrontarci ogni giorno nella nostra casa di carta e nel nostro paese, dentro una crescente difficoltà della sinistra di ritrovare le ragioni di una presenza politica forte, unitaria e plurale, nello scenario italiano e internazionale.

Per dare un futuro alla storia e alla cultura che ci sentiamo di rappresentare abbiamo bisogno di voi tutti. Per questo rilanceremo una forte campagna di abbonamenti (la primaria assicurazione sulla vita di questa cooperativa) e in cambio cercheremo di darvi il meglio del nostro lavoro».