Quali sono le caratteristiche della cultura italiana nei confronti di quella nord-europea ? Premetto che l'Italia, insieme alla Grecia, è stata la culla della civiltà classica, tanto più che i Latini, con la loro "humanitas", sono riusciti a fondere in unità il loro patrimonio culturale con quello greco. E se è vero che i Romani hanno attinto a piene mani dalle lettere greche, peraltro non senza originalità, e che la loro letteratura inizia con una traduzione dell'Odissea di Livio Andronico, è altrettanto vero che i Greci furono studiosi di diritto, soprattutto in età bizantina. Fatta questa premessa, entriamo "in medias res".
Quando si parla di arte italiana, ci si riferisce inevitabilmente al Rinascimento, anche se geni creativi non sono mancati nelle età successive. E l'arte del Rinascimento si caratterizza per la ricerca dell'equilibrio classico e della perfezione formale, tanto nelle arti visive quanto nella poesia. Artisti come Raffaello, Sandro Botticelli, Michelangelo, Donatello ecc. rappresentano appunto lo sforzo, nella pittura come nella scultura, di rendere la compostezza classica, e nell'architettura ricordiamo i nomi di Leon Battista Alberti e di Filippo Brunelleschi. Nel campo musicale, chi non ricorda la Camerata de' Bardi e le sue teorie sulla tragedia greca, che diedero origine a quel fenomeno universalmente noto come Opera?
Nell'Opera si rivela il carattere popolare della musica italiana, pregevole, ma senza i grandi geni individualisti del Nord-Europa. La cultura nord-europea è più incline ad un realismo a tratti grottesco e drammatico, che si svela, ad es., nella scuola di pittura fiamminga. Beninteso, un Caravaggio, con la sua tecnica chiaroscurale, dà origine al naturalismo, che è quanto dire alla pittura moderna, ma dobbiamo anche dire che a lungo l'arte italiana è rimasta prigioniera degli stilemi classico-cristiani con esiti non raramente stucchevoli; questo dipende anche dalla committenza e dalle ideologie dominanti in Italia, in primo luogo il Cattolicesimo.
A lungo andare questa cappa religiosa impedirà il libero dispiegarsi del talento artistico verso nuovi ed originali esiti: pensiamo all'impressionismo francese. Stesso discorso va fatto per la letteratura, che inizia col genio universale di Dante Alighieri; egli espresse una poetica personalissima, non più eguagliata in Italia. Altro grande scrittore è Giovanni Boccaccio, con la sua raccolta di cento novelle detta Decamerone: egli sancì, nonostante sia stato autore anche di romanzi, il primato della novella sul romanzo in Italia. Innumerevoli sono le raccolte di novelle, che si susseguirono: e in tutte è protagonista il volgo, il popolino sguaiato, che sbarca il lunario tra istinti mondani e anti-clericalismo. Petrarca fu sommo poeta in volgare; ma secondo me ebbe il difetto di scrivere troppo in latino, assecondando acriticamente la moda umanistica. Egli ebbe una pletora di proseliti, anche di grande valore, come Angelo di Costanzo e Luigi Tansillo.
A nostro avviso la novella, genere narrativo più semplice del romanzo, fu privilegiato in Italia soprattutto per la mancanza di una borghesia intraprendente e cosmopolita, che ha prodotto In Francia, Inghilterra, Germania e Russia una prodigiosa messe di romanzi caratterizzati da trame avvincenti ed introspezione psicologica: un vero trionfo per la cultura umanistica. Per la mancanza di un epos nazionale unitario, nemmeno il romanzo storico poté attecchire in Italia: cercò di porvi rimedio il Manzoni con "I promessi sposi". Altri romanzieri di spicco dell''800 sono Ippolito Nievo, Ugo Foscolo, Niccolò Tommaseo, Ugo Iginio Tarchetti e Giuseppe Rovani. Bisogna però attendere la fine dell'Ottocento e il Novecento per assistere ad una discreta fioritura del romanzo con Federico De Roberto, Giovanni Verga, Antonio Fogazzaro, Gabriele D'Annunzio, Pirandello, Italo Svevo e Grazia Deledda, che, quasi tutti, non dimenticarono di coltivare il tradizionale genere della novella. Questa fioritura prosegue e si sviluppa nel Novecento, grande laboratorio di sperimentazione narrativa, sotto la guida dei grandi nomi del romanzo russo, inglese, francese e americano.
In conclusione, se pur esiste un tratto distintivo della cultura italiana, esso va trovato nel dominio plastico delle forme, soprattutto nella scultura, e nel connubio arte-conoscenza: in questo senso non si può non ricordare Leonardo da Vinci, non filosofo, non scienziato ma empirico geniale che seppe fare della pittura la vera filosofia. Gli artisti italiani del Rinascimento, considerano le arti visive, e soprattutto la pittura, come un vero e proprio modo di conoscere la realtà: abbiamo fatto l'esempio di Leonardo da Vinci, ma potremmo citare anche Piero della Francesca, notevole matematico, Filippo Brunelleschi che, come architetto, ebbe anche interessi matematici e Leon Battista Alberti, padre della prospettiva moderna e raffinato uomo di lettere. Da non dimenticare il cinquecentesco Benvenuto Cellini, incisore, orafo e scultore. Degno di nota è l'architetto e trattatista Guarino Guarini, che sembra anticipare la teoria ondulatoria della luce. Quello che abbiamo chiamato "dominio plastico della materia", prosegue e si rafforza col barocco ed il neo-classicismo: citiamo solo i nomi di Bernini, Borromini, Andrea Palladio e Antonio Canova. L'arte italiana vuole conoscere plasmando la materia grezza e trarre da essa la perfezione dell'idea.