Isabella Rauti: "Nel Giorno del Ricordo, istituito con la Legge 92/2004, rendiamo omaggio ai Martiri delle Foibe, agli esuli giuliano-dalmati ed a tutte le vittime delle violenze perpetrate dai comunisti titini. L'unica "colpa" degli infoibati, dei perseguitati e degli esiliati era di essere e di sentirsi italiani. In questa giornata, e sempre, abbiamo il dovere di restituire dignità e memoria alle vittime, rinnovando il ricordo di quelle drammatiche pagine della nostra storia, troppo spesso trascurate o addirittura negate. Mai più saranno dimenticati!"
Francesco Lollobrigida: "Io ricordo i Martiri delle Foibe, assassinati solo perché "colpevoli" di essere italiani, le sofferenze degli esuli giuliano-dalmati, la furia criminale dei partigiani comunisti di Tito sul confine orientale. Come ogni 10 febbraio, come ogni singolo giorno, il nostro impegno si rinnova perché nessuno possa strappare deliberatamente pagine dal libro della nostra storia nazionale, perché si giunga finalmente a una piena e compiuta memoria condivisa. Io ricordo".
Carlo Fidanza: "Più di undicimila innocenti assassinati nelle foibe con la sola "colpa" di essere italiani, più di trecentocinquantamila persone costrette a lasciare le loro terre per non piegarsi al regime e al terrore dei partigiani comunisti di Tito. Oggi onoriamo ognuno di loro, i Martiri delle foibe e gli esuli d'Istria, Fiume e Dalmazia. Italiani due volte: per nascita e per atto d'amore. E noi, ottant'anni dopo l'inizio di quell'esodo, NON DIMENTIGHEMO!"
Guido Crosetto: "La tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle #Foibe e il drammatico esodo degli esuli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra rappresentano ancora oggi una pagina straziante della storia del nostro Paese. Vicende dolorose, e forse ancora poco conosciute, di cui oggi rinnoviamo la memoria, unico strumento possibile contro l'oblio".
Giorgia Meloni: "Ricordare significa "riportare al cuore", ovvero ricondurre ciò che ci è più caro al centro di noi. Noi oggi "riportiamo al cuore" centinaia di migliaia di storie, e restituiamo loro la dignità che meritano. Oggi onoriamo la memoria dei martiri delle foibe e torniamo ad abbracciare tutti i nostri connazionali che decisero di abbandonare tutto pur di non rinunciare alla propria identità. Italiani due volte, per nascita e per scelta. In questa giornata, riportiamo al cuore ogni singola storia di quella tragedia e rinnoviamo una promessa solenne. Continueremo a scrivere nuove pagine e a raccontare alle giovani generazioni ciò che è successo ai fiumani, agli istriani e ai dalmati. Perché la loro storia non è una storia che appartiene ad una porzione di confine o a quel che resta delle comunità degli esuli, ma è patrimonio di tutta la Nazione. È una storia che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare".
Matteo Salvini: "In migliaia trucidati nelle foibe, centinaia di migliaia costretti all'esodo, colpevoli solo di essere italiani. Per anni, una certa sinistra ha negato, minimizzato, giustificato. Ancora oggi, qualcuno tenta di riscrivere la storia, tra vergognosi oltraggi e atti di vandalismo, ma la memoria di quegli innocenti non può essere cancellata. Il ricordo è un dovere, la verità è un diritto. Onoriamo oggi e sempre i nostri connazionali vittime di una delle più grandi tragedie del ‘900, perché senza memoria non c'è giustizia".
Antonio Tajani: "Nel Giorno del Ricordo rendiamo onore alle vittime delle #foibe e dell'esodo istriano, fiumano e dalmata. Una terribile pagina della nostra storia e una tragedia che non vogliamo si ripeta mai più. Proprio oggi a Roma ospitiamo un incontro ministeriale sui Balcani occidentali per accompagnare tutti i Paesi della regione nel percorso di riunificazione con la famiglia europea".
Così i (post) fascisti ricordano gli italiani uccisi nelle foibe nel Giorno del ricordo da loro richiesto e istituito con la legge n.92 del 30 marzo 2004.
Quello che però i (post) fascisti non ricordano e che ogni anno va detto è che quei disgraziati furono vittime delle violenze che per primi loro stessi, in quanto fascisti, avevano messo in atto con l'italianizzazione forzata di croati e sloveni, iniziata subito dopo la prima guerra mondiale. L'incendio dell'hotel Balkan di Trieste (13 luglio 1920) sede del Narodni Dom, il più importante e moderno centro culturale delle organizzazioni slovene in città, fu lo spartiacque della progressiva italianizzazione forzata delle popolazioni slave che fu messa in atto dal regime fascista.
«Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara», recitava un proclama dell'epoca, «non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone».
Le popolazioni slave («allogene», venivano definite con un termine pseudo-scientifico) vennero costrette alla italianizzazione, dei cognomi e della toponomastica, e si arrivò persino a proibire l'uso delle lingue autoctone anche in chiesa, durante le funzioni religiose, e in tutti i luoghi pubblici. Si chiusero i pochi circoli culturali sopravvissuti alle devastazioni, senza contare le angherie e le violenze fisiche.
Quando dall'aprile del 1941 tedeschi, italiani, ungheresi e bulgari aggredirono il Regno di Jugoslavia, occupandolo e smembrandolo, fu messa in atto una repressione spietata per spartirsi le varie aree del Paese di cui furono vittime anche i civili. Si è calcolato che, nei 29 mesi di occupazione italiana, nella sola provincia di Lubiana vennero fucilati circa 5mila civili e altre 7mila persone, in gran parte anziani, donne e bambini, trovarono la morte nei campi di concentramento italiani di Gonars (Udine) e Rab in Croazia.
Questo i (post) camerati de noantri evitano di "ricordarlo", perché non contribuirebbe a sostenere fino in fondo la retorica dei cattivissimi comunisti titini che avrebbero sterminato dei poveri e innocui italiani trasferitisi da quelle parti solo per fare del bene.
E i (post) fascisti che oggi spopolano in Parlamento sono tanto a corto di memoria da dimenticarsi che i loro cari avi furono responsabili anche della Risiera di San Sabba, dove venne creato un campo di concentramento provvisto di forno crematorio, il Polizeihaftlager (campo di detenzione di polizia) originariamente destinato a ebrei e detenuti politici, ma poi aperto alla popolazione civile, sospettata di appoggiare il Movimento di liberazione. Lì si applicarono tutte le "classiche attività" tristemente sperimentate nei più celebri campi tedeschi e polacchi, dall'uso sistematico delle torture all'uccisione di massa, anche con la gassazione, dalla selezione dei prigionieri da deportare negli altri campi di sterminio allo sfruttamento intensivo della forza lavoro. Dei 20 mila prigionieri della Risiera, almeno 5 mila persero la vita.
Un ulteriore elemento ha poi ulteriormente esasperato gli animi jugoslavi, e cioè che nessuno, tra i protagonisti delle violenze fasciste in Slovenia, sia mai stato perseguito, com dimostra la vicenda del principale protagonista delle violenze fasciste dell'Esercito italiano fascista: il generale Mario Roatta che fuggito in Spagna alla fine della guerra con l'aiuto del Vaticano, fu graziato poi nel 1966, consentendogli di morire due anni dopo in Italia, non prima però di aver fondato il cosiddetto Noto servizio, un servizio segreto clandestino che, almeno fino alla fine degli Anni 70, è stato tra i protagonisti delle pagine più oscure della nostra storia, dal Golpe Borghese alle stragi di piazza Fontana e piazza della Loggia al caso Moro.
Certo, non che la ritorsione ai danni degli italiani, di cui furono vittime anche coloro che i fascisti avevano combattuto, fosse per questo dovuta, ma far passare come martire chi aveva per primo creato le premesse per quello che è accaduto dopo è semplicemente revisionismo storico. Perché i (post) fascisti di oggi non ricordano e condannano anche quanto fatto in precedenza dai fascisti italiani?
Perché i (post) fascisti di oggi pretendendo di commemorare le vittime del passato, vogliono far credere che, in fondo, i fascisti del ventennio erano brava gente, come dimostrano i (post) camerati meloniani di Gioventù Nazionale che hanno assaltato il Comune di Bologna facendosi scudo di uno striscione, rigorosamente nero, su cui era scritto, con i caratteri in uso nel ventennio, "Istria, Fiume, Dalmazia terre d'Italia".