Estratto domande studenti del Liceo “Giulio Cesare” di Roma.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.

Chi è Vincenzo Musacchio?

È un semplicissimo cittadino che ha sentito il dovere morale di lottare culturalmente le mafie e la corruzione da oltre trent’anni. Nulla di più e nulla di meno.

Come mai ha sentito questo dovere morale?

Spiego subito che per dovere morale io intendo quello di carattere etico che porta il soggetto a dare un valore alla propria esistenza. Se volete, ve la spiego con una frase bellissima di Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”. 

Com’è nato l’interesse per questi argomenti?

Diciamo che tutto nasce da una lettera di Giovanni Falcone nella quale mi scrisse una frase davvero profonda e bellissima: “Continui a credere nella giustizia, c’è tanto bisogno di giovani con nobili ideali”. Una frase rivolta a tutti giovani, voi compresi. Poi ho conosciuto Antonino Caponnetto e con lui ho intrapreso un cammino verso i temi della legalità. È stato un maestro di vita e un amico. Un rapporto tipo nonno e nipote. Dopo questi incontri non potevo che intraprendere il percorso che voi conoscete.

Professore, perché lo Stato non combatte efficacemente le mafie? 

In primis non parlerei di Stato ma di una parte corrotta. Lo Stato è rappresentato dalle tante vittime di mafia che hanno combattuto le mafie a viso aperto, la parte corrotta sono coloro che lo rappresentano e si sono schierati con i mafiosi. Certamente il pericolo maggiore in questo tipo di atteggiamento non univoco è quello di non dare risposte credibili. Se lo Stato è equivoco, è ovvio che il cittadino avrà dubbi nel credere alle istituzioni.  Bisogna rendere la risposta dello Stato più efficace e più forte nel dare soluzioni e risultati per riprendersi quella parte di credibilità perduta. A questa domanda in qualche modo ha già risposto anche Paolo Borsellino il quale disse che “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo”. Credo che la risposta alla sua domanda sia contenuta in questa frase.

Di mafie e di corruzione si parla sempre di meno lei come si spiega questa anomalia?

Sono pochi a parlare e pochissimi a voler ascoltare cosa sia la mafia. Anestetizzati nel mondo reale e persino in quello virtuale. L’ondata d’indifferenza che sta avvelenando il dibattito pubblico sul tema delle mafie rischia di sovvertire qualsiasi politica di prevenzione e di contrasto. Si arriva addirittura all’assurdo di disprezzare chi ne parla, come fosse una colpa anziché un merito. Rigurgiti verso il rispetto delle regole (disgusto verso la legalità), situazione mai verificatasi prima in uno Stato che vuol definirsi ancora di diritto. La risposta a questo stato di fatto dev’essere individuale e intima, un’obiezione di coscienza, non solo di gruppo. Diffondiamo il “vangelo” della legalità e facciamolo con lo spirito di chi la mafia l’ha combattuta veramente anche a costo della propria vita.

Professor Musacchio è vero che la legalizzazione delle droghe leggere colpirebbe anche la criminalità organizzata?

Premetto subito che sono favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere, in primis quelle a scopo terapeutico. Se il termine “legalizzare” significa regolamentare, controllare e vigilare, allora, sono pienamente d’accordo. L’ho sostenuto in passato e continuo a sostenerlo oggi. Meglio un’azione volta a rendere legale, sotto il controllo diretto dello Stato, la vendita e la coltivazione della cannabis e dei suoi derivati per scopi terapeutici e non la gestione assoluta del mercato da parte delle mafie. Così facendo la legalizzazione delle droghe leggere, con interventi mirati, potrebbe sottrarre terreno al traffico e allo spaccio e avrebbe il vantaggio di far concentrare la magistratura e le forze di polizia sulle organizzazioni mafiose e sulla filiera economica che ne deriva. Sappiamo inoltre che la microcriminalità è alimentata soprattutto dai giovani che proprio per procurarsi queste sostanze si rivolgono al mercato nero e commettono delitti come furti, scippi e rapine. La legalizzazione contribuirebbe certamente a far diminuire anche questa tipologia di delitti.

Che differenza c’è tra le mafie di ieri e quelle di oggi?

Una volta avevamo la mafia feroce e violenta, per capirci alla Totò Riina, poi abbiamo avuto quella silente e corruttiva alla Messina Denaro, tra poco avremo quella informatica e tecnologica di qualche nuovo boss. Le mafie sono sempre le stesse, il concetto, di nuovo o vecchio, è connesso esclusivamente alle metamorfosi del metodo mafioso, alle modalità d’infiltrazione nella politica, nella pubblica amministrazione, nell’economia, nella finanza e nella stessa società civile. La novità è evidenziata dal fatto che si muovano secondo le esigenze del momento storico in atto. 

Che caratteristiche ha la mafia dei nostri giorni?

È transnazionale, mercatistica, corruttiva e silente. È sempre al passo con i tempi, anzi, in alcuni casi, è in grado di anticiparli in prospettiva futura. La mafia di oggi è quella degli appalti, della finanza globale, della sanità, dei rifiuti urbani e di quelli pericolosi, delle banche e delle imprese. Si tratta di una mafia che si è servita dei poteri dello Stato e li ha usati per i propri fini con la complicità di una parte deviata delle istituzioni.

Che cosa possiamo fare noi giovani contro questa mafia che lei ci ha descritto?

Ognuno di noi può fare qualcosa. Voi ad esempio dovete studiare e farlo nel migliore dei modi possibile. Il nemico più temuto dalle mafie è l'istruzione. Se agli studenti s’insegnasse sin da piccoli cosa sia realmente la mafia, loro la riterrebbero subito come un'attività criminale, imparerebbero a distinguerla, ad allontanarla e persino a denunciarla. Parlare di mafia a scuola è importante anche per combattere un altro virus mafioso molto diffuso: la mafiosità. Spero tanto che un giorno non molto lontano - mi auguro di esserci - lo studio delle mafie diventi un insegnamento nelle scuole italiane.

L’ultima domanda. Le mafie vinceranno o sarà lo Stato a vincere?

Le mafie non vinceranno, ma la loro sconfitta dipenderà da ciascuno di noi.