Viaggio per l’Italia del “buon senso”,  di quella bella parola fagocitata dalla politica, già ai tempi del faccendiere, di quella politica pigra e non incentivata  a doversi rinnovare neanche nei termini, purché  abusati e logori, magicamente si rinnovino nell’espressione e nella gestualità mostrando tuttora potere di persuasione.

Non mi è sufficiente tuttavia leggere ed ascoltare quel buon aggettivo a smorzare quel senso di nausea e vomito che mi assale nello scorrere fotografie di questa Italia che “sopravvivo”, che senza l’ausilio di fotocamere incorporate agli smartphone o di strampalate apparecchiature social network si imprimono mio malgrado nella memoria visiva, purtroppo lungi dall’essere formattabile e reimpostabile alle condizioni iniziali di fabbrica. Tutto resta, lì indelebile nel mio tempo.

Vorrei riappropriarmi dei miei sogni, del mio lavoro, dei miei progetti, costruire, vivere ancora il Bel Paese tanto decantato e non mi è permesso, quell’associazione a delinquere che chiamiamo ancora Stato, in ogni suo apparato di concussione, malaffare, falso sperpero, è una macchina con un sistema liberale perfetto di estorsione delle nostre migliori intenzioni di edificazione sociale.

Resta labile la speranza che a cambiare siano i singoli e fare comunione di idee ed azioni, ma ognuno dedito a coltivare le ortiche in casa è incosciente e ignora forse lucidamente che l’orto gelosamente custodito è solo un piccolo appezzamento dell’indebita mezzadria del Potere.