Due giorni fa Papa Francesco aveva inviato un messaggio ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association affermando che è lecito rinunciare all'accanimento terapeutico.

Oggi, anticipando uno dei temi della giornata della povertà che sarà celebrata domenica, il Papa ha inviato un messaggio di saluto ai partecipanti alla XXXII Conferenza internazionale sul tema "Affrontare le disparità globali in materia di salute".

Bergoglio ha ribadito la necessità di estendere a tutti il diritto ad essere curati.

«A ciò sono chiamati anzitutto gli operatori sanitari e le loro associazioni professionali, tenuti a farsi promotori di una sempre maggiore sensibilizzazione presso le istituzioni, gli enti assistenziali e l’industria sanitaria, affinché tutti possano realmente beneficiare del diritto alla tutela della salute.»

Un problema, come ha fatto capire Francesco, che «non dipende solo dall’assistenza sanitaria, ma anche da complessi fattori economici, sociali, culturali e decisionali», che non potrà esser risolto «finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali.»

Richiamandosi poi alla parabola del Buon Samaritano che già aveva usato nel suo messaggio alla World Medical Association, ha voluto ricordare agli operatori sanitari che «non vengano mai a mancare le dimensioni dell’ascolto, dell’accompagnamento e del sostegno alla persona.»

La compassione del samaritano non è solo l'espressione di un atto di pietà per il dispiacere provocato da una condizione di sofferenza, ma anche «la predisposizione a entrare nel problema, a mettersi nella situazione dell’altro.» E riportando questo al tema della salute, Bergoglio ha ribadito che «un’organizzazione sanitaria efficiente e in grado di affrontare le disparità non può dimenticare la sua sorgente primaria: la compassione... del medico, dell’infermiere, dell’operatore, del volontario, di tutti coloro che per questa via possono sottrarre il dolore alla solitudine e all’angoscia.»

«Una compassione - ha concluso infine il Papa - come via privilegiata anche per edificare la giustizia, perché, mettendoci nella situazione dell’altro, non solo ci permette di incontrarne le fatiche, le difficoltà e le paure, ma pure di scoprirne, all’interno della fragilità che connota ogni essere umano, la preziosità e il valore unico, in una parola: la dignità. Perché la dignità umana è il fondamento della giustizia, mentre la scoperta dell’inestimabile valore di ogni uomo è la forza che ci spinge a superare, con entusiasmo e abnegazione, le disparità.»

Anche stavolta, in tema di sanità, queste ultime parole di papa Francesco non possono non essere considerate un ulteriore richiamo a quanto aveva già sostenuto giovedì sul fine vita, affermando che bisognava rinunciare all'accanimento terapeutico. Infatti, Francesco quasi sicuramente non a caso ha di nuovo fatto riferimento al buon samaritano per dare risalto al concetto di dignità, indicandone così una doppia lettura... sia in relazione all'accessibiità alle cure, sia in contrapposizione alla difesa della vita a prescindere, come predicano tanti ultrà del cattolicesimo.

Ultrà del cattolicesimo che, va ricordato, hanno impedito anche nel corso di questa legislatura che in Italia si potessero approvare delle leggi in tema di diritti civili che anche a chi risiede in questo Paese concedessero la dignità a cui Bergoglio ha fatto riferimento.