Non è stato necessario contare fino a 10 per dover attendere che Matteo Salvini sconfessasse Luigi Di Maio vantatosi, davanti a microfoni e telecamere, di essere intervenuto lui ad esortare il collega vicepremier a non vilipendere i Magistrati.

Salvini, infatti, aveva dato fuori di matto alla notizia che al Tribunale dei Ministri di Palermo fosse stato inoltrato il dossier sul caso del pattugliatore Diciotti con la ipotesi del reato di sequestro aggravato.

Singolare, per contro, che nelle stesse ore Salvini non si sia preoccupato di sconfessare, con altrettanta solerzia, anche l’ex segretario leghista Umberto Bossi che, in una intervista, aveva confermato che al momento di dimettersi da segretario, nell’aprile 2012, nelle casse della Lega c’erano 49 milioni, cioè proprio il tesoretto che i PM di Genova stanno ricercando in ogni dove con una caccia al tesoro senza tregua.

Anche Belsito, ex tesoriere della Lega, in altra intervista aveva avvalorate le parole di Bossi senza per questo essere sconfessato da Salvini.

In attesa, comunque, che venga svelato il mistero del tesoretto scomparso, tornerei però a parlare di Di Maio che, proprio oggi, è stato tacciato di essere menzognero anche dall’ex ministro Carlo Calenda.

Perché mai ?

Verso fine agosto, per dire la sua sullo stato dell’annoso e complesso problema ILVA, Di Maio convocò una conferenza stampa.

Di fronte ai cronisti esordì dichiarando che grazie al parere espresso dall’Avvocatura dello Stato: “Abbiamo scoperto il delitto perfetto, gara illegittima ma che non si può annullare perché deve sussistere anche la tutela dell’interesse pubblico concreto ed attuale” !

La dichiarazione apparve alquanto bizzarra e sembrò scorretto e fuori luogo il riferimento al “delitto perfetto”, ma poiché Di Maio non esibì il documento dell’Avvocatura nessuno fu in grado di mettere in dubbio quelle affermazioni.

Ovviamente per Di Maio sul banco degli imputati c’era il suo predecessore al Ministero dello Sviluppo, Carlo Calenda, supposto responsabile di aver gestita la gara “illegittima” per la cessione dell’ILVA.

Solo in questi giorni, inebriato dall’aver siglato l’accordo per la cessione dell’ILVA a ArcelorMittal, il ministro Di Maio ha deciso di mettere online tutta la documentazione, compreso il parere dell’Avvocatura dal quale, però, non emergono elementi per definire “illegittima” quella gara.

L’ex ministro Calenda, un permalosetto da prendere con le molle, non ci ha pensato su due volte per sconfessare le affermazioni del suo successore e chiederne le dimissioni.

Purtroppo non sono questi né i primi né i soli casi in cui Di Maio è scivolato sulle bucce di banana di dichiarazioni avventate e non vere al punto da costringerlo a rinculare in tutta fretta, a cominciare da quella imbarazzante e scriteriata richiesta di impeachment nei confronti del Capo dello Stato in poi.

Mi sembra che Di Maio si comporti un po’ come se fosse affetto da una sindrome di orgasmo da microfono.

Cioè, non appena si accorge che davanti a lui è spuntato un microfono o si è accesa la luce di una telecamera, Di Maio è sopraffatto da una incontenibile eccitazione che lo fa levitare da terra in stato di trance e ne annulla non solo il contatto con la realtà ma anche e soprattutto gli inibisce l’equilibrio richiesto al suo ruolo istituzionale.

Così, di qualunque argomento parli sul suo volto si imprime un affettato ed indelebile sorriso di compiacimento, il suo sguardo incomincia a roteare cercando il consenso degli astanti, il timbro di voce diventa categorico, il pronome “IO” la fa da padrone.

Dubito che il vicepremier ricorra ai consigli di uno spin doctor ma, forse, per non continuare a scivolare sulle bucce di banana della sua oratoria farebbe bene a pensarci prima dell’irreparabile.