"Stop agli attacchi sui bambini" - dice l'Unicef. - A Gaza, dall'inizio di marzo abbiamo visto bambini uccisi e feriti nelle proteste, con notizie (di ieri) di ulteriori bambini colpiti in quello che si dice sia stato il giorno di violenze più cruento dalla guerra del 2014."
Il presidente francese Emmanuel Macron ha telefonato al presidente dell'ANP Mahmoud Abbas offrendo le proprie condoglianze per la morte degli oltre 50 palestinesi nella striscia di Gaza.
Macron ha ribadito il sostegno del suo paese al popolo palestinese e ha affermato la necessità che le proteste restino non violente, aggiungendo che dopo che gli Stati Uniti hanno riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele non saranno più accettati come mediatori, né autorizzati a proporre un piano di pace.
Persino il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson, riguardo all'apertura dell'ambasciata americana a Gerusalemme, ha dichiarato che la Gran Bretagna non è d'accordo con la decisione degli Stati Uniti, definita una scelta sbagliata fatta nel momento sbagliato, ed ha auspicato il raggiungimento di una accordo che porti alla creazione di due Stati.
Il ministero degli Esteri greco ha espresso preoccupazione per la perdita di vite umane, affermando che Israele deve rispettare il diritto dei palestinesi alla protesta non violenta e deve astenersi dall'uso della forza, con il ricorso ad armi letali.
Il governo del Sud Africa, ribadendo la sua posizione che prevede il ritiro dell'esercito israeliano dalla Striscia di Gaza e la fine di violenze e distruzioni nei territori palestinesi, ha richiamato con effetto immediato il proprio ambasciatore in Israele, Sisa Ngombane, proprio a seguito dell'uccisione dei manifestanti palestinesi al confine con Gaza. Si è, inoltre, unito all'appello lanciato da diversi Stati membri delle Nazioni Unite, chiedendo che si avvi un'inchiesta indipendente sulle uccisioni, volta ad individuare e punire i responsabili.
Nella giornata di martedì, le principali organizzazioni che si occupano dei diritti umani dei palestinesi hanno inviato una lettera urgente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite denunciando la "ininterrotta escalation di violenze nei territori occupati e, in particolare, nella Striscia di Gaza, dove i manifestanti palestinesi sono stati uccisi e feriti per mano delle forze di occupazione israeliane a partire dal 30 marzo 2018".
Nella lettera, si sottolinea che "nelle ultime sette settimane le forze di occupazione israeliane hanno fatto ricorso ad un uso eccessivo della forza per sopprimere la Grande Marcia di Ritorno nella Striscia di Gaza, mirando intenzionalmente e uccidendo persone inermi. Da quando sono iniziate le proteste di massa, l'esercito israeliano ha utilizzato munizioni vere, ha fatto ricorso a cecchini, ha usato proiettili di acciaio rivestiti di gomma e lanciato granate lacrimogene dai droni."
Le organizzazioni hanno chiesto agli stati membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di intraprendere un'azione immediata e concreta per proteggere i civili e porre fine alla chiusura illegale di Gaza da parte di Israele, oltre all'avvio di un'inchiesta indipendente e obiettiva su quanto accaduto nella Striscia di Gaza a partire dallo scorso 30 marzo.
Quelle sopra riportate sono alcune delle dichiarazioni ufficiali rilasciate dopo la carneficina messa in atto lunedì dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si occuperà di quanto accaduto a Gaza, ma qualsiasi decisione che possa anche fare chiarezza sul comportamento dei militari israeliani - sappiamo già - sarà impedita dal veto degli Stati Uniti.
Il numero del massacro di lunedì è stato aggiornato, con il totale dei morti palestinesi che adesso è arrivato a 59, tra cui anche un bambino di 8 mesi, a cui vanno aggiunti oltre 2500 feriti.
Il 15 maggio i palestinesi ricordano la Nakba, catastrofe, per la diaspora causata dalla nascita dello Stato di Israele. La strage continua...