Si è iniziato con l'affermare che le ONG che effettuano salvataggi in mare operano, perlomeno alcune di esse, in modo poco chiaro andando ad imbarcare migranti diretamente dalle coste libiche. Questo per consentire loro di avere maggiori introiti (come rimborsi) per il lavoro svolto. Inotre, è stato detto che le ONG non hanno bilanci chiari ed operano in maniera nebulosa, senza dimenticare possibili finanziamenti a suporto da parte di speculatdori della finanza che, non si capisce bene per quale motivo anche se facessero ciò, commetterebero un qualche reato, come se avessero bisogno di trasportare dei disperati salvati in mare per incrementare i loro utili. Naturalmente non è mancata neppure l'ipotesi di un coinvolgimento della criminalità organizzata che, senza che fossero state fornite prove chiare e documentate a riguardo, si sarebbe impadronita di alcune ONG per allargare il loro business.

Questo il quadro, a grandi linee, che ha anticipato le dichiarazioni del premier Gentiloni e del presidente della Repubblica Mattarella che, casualmente, nello stesso giorno e a pochi minuti di distanza, si sono messi a parlare di mgarzione in toni allarmanti, quasi apocalittici, enfatizzando un poblema definito ormai non più sotto controllo, quando in quel momento gli sbarchi in Italia era poche migliaia in più dello stesso periodo dello scorso anno.

Dopo che le istituzioni italiane hanno provveduto a disegnare un quadro che potesse allarmare e condizionare l'opinione pubblica, grazie anche all'informazione di regime sempre pronta a capire dove soffia il vento e ad adattarsi di conseguenza (difficile negare che ciò non sia avvenuto quando adesso in tv la migrazione viene descritta con toni quasi apocalittici), l'Italia ha chiesto l'intervento dell'Europa per ridefinire i piani - concordati in precedenza - di salvataggio in mare, sbarchi ed accoglienza. Una richiesta che mirava ad ottenere dall'Europa l'impegno che i migranti salvati venissero sbarcati nei porti delle navi che li avevano recuperati che battevano bandiera di un determinato paese e non solo nei porti italiani come adesso avviene.

La risposta in Europa alla richiesta italiana, più o meno, è stata una risata in faccia, ricordando che quanto sta avvenendo è frutto di un accordo che l'Italia ha sottoscritto. Ma c'è un punto però su cui l'Italia chiede il rispetto di tale accordo ed è quello che i vari paesi d'Europa diano corso a quanto concordato, accogliendo la percentuale di aventi diritto all'asilo in base alle quote definite. Alcuni paesi non ci pensano proprio a dar seguito ai loro impegni e l'Italia è su questo che dovrebbe far valere i propri diritti.

Nell'ultima riunione del consiglio europeo, però, l'unica cosa concreta che si è stati in grado di fare è quella di rivedere le direttive alle quali le ONG si devono attenere per effettuare i salvataggi in mare, come se quello fosse il reale problema.

Queste regole, prima di essere definite avrebbero dovuto essere concordate insieme alle stesse ONG, ma così non è stato. L'Europa ha invece rivisto autonomamente il Codice di condotta per le ONG, riservandosi solo in settimana di ridiscuterlo con quelle interessate ai salvataggi in mare.

Secondo Silvia Stilli, portavoce dell’Aoi (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale), il nuovo codice di comportamento contiene dei punti che limiterebbero gli interventi a supporto dei migranti, facendo così aumentare la difficoltà nel numero dei salvataggi in mare.

Tra i punti più controversi, secondo il codice di condotta proposto, le navi delle ONG non dovrebbero entrare in acque libiche per condurre operazioni di salvataggio, nè utilizzare le telefonate o i razzi per segnalare la loro posizione alle imbarcazioni di migranti in difficoltà. Un aspetto a cui sui media si è dato molto risalto, peccato che una Commissione del Senato abbia accertato che questo sia avvenuto solo tre volte e in tutti e e che in tutti e tre i casi ne è stata informata la Guardia costiera!

A bordo delle navi delle ONG dovrebbero essere presenti ufficiali di polizia e di sicurezza, cosa che potrebbe potenzialmente compromettere l’indipendenza delle ONG.

Il codice include anche un piano in cui i bambini potrebbero essere esposti ad un forte rischio di essere rimandati in Libia senza attuare misure di protezione, esponendoli così a reali deprivazioni, danni e gravi violazioni, le stesse principali cause che li hanno spinti a fuggire.

Nelle nuove direttive è previsto il divieto di trasbordo da una nave all’altra. Che cosa accade, nelle situzioni reali? Nei momenti di grande emergenza ci sono navi più grandi che possono accogliere migranti da quelle più piccole, le quali possono poi facilmente ripartire a salvare altre vite umane. Se questa possibilità viene negata, non è difficile capire che, satisticamente, si finisca per limitare i tal modo il numero d vite da salvare!

Ma non solo. Per chi non si adeguerà al nuovo Codice di condotta saranno previste sanzioni. Se la politica ha ancora un significato, è evidente che quanto si sta facendo ha il chiaro intento di limitare l'azione delle ONG e, soprattutto, di limitare la possibilità di effettuare salvataggi in mare. È evidente che si vuole alimentare un clima non favorevole nei confronti di chi salva vite umane. C’è una responsabilità delle istituzioni nell’essere arrivati a questo punto.

Adesso, al di là delle dichiarazioni di facciata, è evidente l'intento di rendere sempre più difficile l'impegno di coloro che stanno effettuando operazioni a carattere umanitario. L'Europa e l'Italia sembrano adesso impegnatissime a limitare questa possibilità.

Una riprova che così non sia? Sarebbe stato sufficiente che i ministri Alfano e Minniti organizzassero un tavolo con le ONG per discutere su tutta la filiera del soccorso, per cercare di organizzare un'accoglienza sostenibile ed eliminare problemi e difficoltà, costi compresi, finora segnalati e definiti problemi epocali.

Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale tale incontro lo ha richiesto più volte, ma senza ricevere risposta alcuna.