Il 6 novembre 2012 veniva licenziata la legge n. 190 relativa a "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione" meglio conosciouta come legge Severino.

Il primo articolo della legge recita che "non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione."

Successivamente, all'articolo 3, la stessa legge afferma che in merito all'incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione. "A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all'articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza."

Per completezza, l'articolo 66 recita che "ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità."

Pertanto, un parlamentare ritenuto indegno di ricoprire il proprio incarico in base alla legge Severino può essere espulso dalla Camera di appartenenza solo dopo il voto dell'Aula.

Teoricamente, in base alle finalità della Legge Severino, il voto dell'Aula dovrebbe essere solo un fatto formale, un voto scontato.

Nel novembre del 2015 è stato condannato in via definitiva a 2 anni e 6 mesi di carcere per peculato continuato il senatore Augusto Minzolni che, da dipendente RAI - in quanto direttore del TG1 - fece un utilizzo non corretto della carta di credito aziendale spendendo, senza fornire adeguata rendicontazione, una cifra intorno ai 65 mila euro.

La Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato a luglio 2016 aveva dato parere favorevole alla decadenza di Minzolini da senatore. Solo ieri, dopo un anno e mezzo dalla condanna, con 137 sì, 94 no e 20 astenuti, l'aula del Senato ha votato nel merito, decidendo di respingere la decisione della Giunta e di confermare Minzolini nella carica di Senatore... nonostante la legge Severino.

Un paradosso. Il Senato ha votato in opposizione ad una legge fatta per prevenire e reprimere la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione. La legge Severino fu licenziata appositamente per dare un segnale agli italiani che il Parlamento non era una casta e non doveva avere privilegi rispetto ai propri elettori. Con il voto di ieri, tutto ciò è stato disatteso.

Perché l'Aula ha votato per mantenere in carica Minzolini? L'ipotesi più credibile - almeno secondo il Movimento 5 Stelle - è quello di un voto di scambio tra Partito Democratico e Forza italia. Il PD, che ha lasciato libertà di scelta ai senatori del gruppo senza dare "ufficialmente" delle indicazioni di voto, ha votato pro Minzolini per ricambiare il favore che Forza Italia ha fatto al PD il giorno precedente, uscendo dall'Aula in occasione della mozione di sfiducia al ministro Lotti.

Forza Italia, una volta conosciuto l'esito del voto, ha espresso la propria soddisfazione con scene di entusiasmo che neppure in uno stadio al momento di un gol si riescono a vedere.

L'entusiasmo dei senatori forzisti, tra l'altro, è motivato dalla possibilità che questa decisione possa influire positivamente sull'esito dell'appello di Berlusconi che si è rivolto al giudizio di una corte europea per annullare la decadenza dai pubblici uffici, nella speranza di poter ottenere l'agibilità politica che gli possa consentire di ripresentarsi candidato alle prossime elezioni.

Per quanto riguarda il voto pro Minzolini dei senatori PD, risultato decisivo, nessun imbarazzo come è risultato evidente dalle dichiarazioni del capogruppo Luigi Zanda che, invece, ha avuto il coraggio di scandalizzarsi per un commento del 5 Stelle Di Maio che, a suo dire avrebbe incitato gli elettori a rispondere con la violenza a quanto deciso dal Senato.

Come accennato in precedenza, Luigi Zanda non ha avuto alcun imbarazzo nel giustificare il voto dei senatori del suo gruppo, pur non spiegandone le motivazioni. Le sue dichiarazioni sono state rilasciate con la solita imperturbabilità, facendo ricorso ad una indifferenza assolutamente ammirabile, da applauso, tanto da far pensare ad un ghiottone che si beava cibandosi di escrementi che gli erano stati serviti facendoli passare come una fetta di ottima Sachertorte.