"Siamo stati ad Hebron, l'unica città palestinese con una colonia israeliana nel suo centro storico. Qui centinaia di coloni israeliani vivono protetti da soldati e check-point, mentre i palestinesi sono costretti a subire controlli continui da parte dell'esercito, anche solamente per andare a lavorare o tornare alle proprie case.
Abbiamo avuto la possibilità di incontrare e parlare con Muhanned Qafesha, presidente dell'associazione Young Against Settlement, organizzazione giovanile nonviolenta che resiste ai soprusi quotidiani dei coloni. Qui in video la sua testimonianza. Un'altra prova di come queste violenze e sopraffazioni da parte dei coloni non hanno nulla a che fare con la sicurezza di Israele e degli israeliani..."
Le case a mongolfiera dei palestinesi.
“Come le riconosci le case dei palestinesi?”
Me lo ha detto ieri Muhanned, con un mezzo sorriso. “Hanno una cisterna per l’acqua sul tetto e le grate alle finestre”.
Succede a Hebron, dentro la zona occupata dagli israeliani; ma lo stesso scenario si ripete anche a Betlemme, dove la “foresta delle cisterne” ci appare infinita dal tetto di una casa dove siamo saliti per vedere meglio lo stupro del territorio fatto dal muro di oltre 700 kilometri che Israele ha fatto costruire arbitrariamente a partire dal 2002. Le case come gabbie con cisterne. Magari un giorno si trasformano in mongolfiere, ci dice un bambino nel campo di Aida.
Ma le cisterne sono fondamentali, perché l’accesso all’acqua è controllato da Israele che la forniscono a singhiozzo ai palestinesi. Attenzione, non parliamo di città diverse, ma di case che stanno in alcuni casi nella stessa strada.
Ai palestinesi è negato perfino l’accesso in alcune strade, nella città in cui abitano.
Uno dei racconti che mi ha più colpito mi è stato fatto ad At-Twuani, nella Masafer Yatta, dove una straordinaria comunità di persone, con l’aiuto di attivisti internazionali, da anni sta conducendo una resistenza non violenta contro il tentativo di coloni ed esercito di cacciarli dalle loro case e dalla loro terra.
Per un anno intero hanno scortato i bambini che per andare a scuola dovevano percorrere a piedi una strada che passava vicino ad alcuni insediamenti di coloni che li aggredivano e lo picchiavano.
È anche grazie a questa straordinaria resistenza e resilienza se i bambini possono continuare a immaginare le loro case come mongolfiere.
Basel Adra, vincitore del Premio Oscar per il film documentario No Other Land
È stato un grandissimo piacere oggi incontrare Basel Adra, vincitore del Premio Oscar per il film documentario No Other Land. Eravamo a Masafer Yatta, proprio nei luoghi dove il film è stato girato, per incontrare cittadini e attivisti palestinesi che resistono alla progressiva occupazione dei coloni israeliani.
Basel era lì con loro ed è stata una piacevole sorpresa poter parlare anche con lui, ascoltare dalla sua voce l’esperienza terribile di un popolo cui stanno progressivamente sottraendo casa, terra e dignità.