In un comunicato della Sala Stampa vaticana, si dà notizia dell'incontro avvenuto in mattinata tra Papa Francesco ed il leader palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che, successivamente, ha incontrato il segretario di Stato cardinale Parolin insieme a monsignor Paul Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Oggetto del colloquio, come riportato nella nota ufficiale, anche il processo di pace in Medio Oriente, con "la speranza che si possano riprendere i negoziati diretti tra le Parti per giungere alla fine della violenza che causa inaccettabili sofferenze alle popolazioni civili e ad una soluzione giusta e duratura.

A tale scopo, si è auspicato che, con il sostegno della Comunità internazionale, si intraprendano misure che favoriscano la reciproca fiducia e contribuiscano a creare un clima che permetta di prendere decisioni coraggiose in favore della pace."

La visita di Mahmoud Abbas non è casuale. Da qualche giorno, il presidente dell'autorità palestinese è in Europa in un tour che avrà come culmine domani, 15 gennaio, il vertice di Parigi dove più di 70 Stati si ritroveranno per confermare il pieno sostegno alla soluzione di pace in medio oriente che vede in Palestina ed Israele due distinte nazioni convivere pacificamente l'una a fianco dell'altra.

L'incontro odierno in Vaticano, che aveva come motivazione ufficiale l’apertura dell’ambasciata della Palestina nella Santa Sede, a seguito degli accordi del 26 giugno 2015, va anche visto nell'ottica, da parte del presidente palestinese, di un coinvolgimento nel processo di pace da parte  della diplomazia vaticana, soprattutto in considerazione delle conseguenze che potrebbe portare lo spostamento - anticipato dall'amministrazione Trump - dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo tale città di fatto come capitale dello stato di Israele.

Mahmoud Abbas ha fatto sapere allo stesso Trump, inviandogli una lettera, che tale tipo di scelta avrebbe conseguenze irreparabili per la soluzione di pace a due stati, probabilmente cancellando tutto quanto è stato fatto in passato a partire dagli accordi di Oslo, senza dimenticare possibili gravi conseguenze nella già fragile stabilità della regione.