Los Angeles è diventata l'epicentro di una crisi che scuote gli Stati Uniti, mescolando immigrazione, potere militare e profonde fratture politiche. L'amministrazione Trump ha scelto la linea dura. Lunedì, mentre le proteste contro i raid anti-immigrazione infiammavano la città per il quarto giorno consecutivo, è arrivato l'ordine dalla Casa Bianca: circa 700 Marines statunitensi, di stanza nella California meridionale, sono stati inviati verso Los Angeles. Il loro arrivo rappresenta un evento straordinario, considerando che, come alle truppe della Guardia Nazionale, anche ai Marines è proibito svolgere attività di polizia, come ad esempio effettuare arresti.

La missione ufficiale, quindi? Proteggere il personale e le proprietà federali. Secondo quanto riportato dai media statunitensi, l'impiego dei Marines per proteggere gli edifici federali consente di utilizzarli senza invocare l'Insurrection Act del 1807, in base al quale al presidente è consentito utilizzare personale militare in servizio attivo per svolgere compiti di polizia all'interno degli Stati Uniti.

Il significato politico della decisione di Trump, però, va ben oltre. Questo spiegamento, definito "senza precedenti" dal senatore democratico Jack Reed, è percepito da molti come l'uso della forza armata per sedare il dissenso, un passo pericoloso che porta lo scontro su un terreno minato. Reed, principale esponente democratico nella Commissione per le forze armate del Senato, non ha usato mezzi termini: "Il presidente sta forzatamente scavalcando l'autorità del governatore e del sindaco e usando l'esercito come arma politica. Questa mossa rischia di trasformare una situazione di tensione in una crisi nazionale".

L'arrivo dei Marines, noti per essere la punta di lancia nelle operazioni estere degli Stati Uniti, è stato accompagnato dalle dichiarazioni incendiare del Segretario per la Sicurezza Interna, Kristi Noem, che ha fatto sapere di voler intensificare i raid per arrestare i presunti immigrati privi di documenti.

L'amministrazione Trump ha bollato le manifestazioni iniziate nel fine settimana come illegali, accusando i leader democratici (sindaca di LA e governatore della California) di aver permesso i disordini e di proteggere gli immigrati clandestini attraverso le loro politiche. 

Il governatore democratico della California, Gavin Newsom, ha replicato a Trump annunciando un'iniziativa legale per bloccare l'impiego di Marines e Guardia Nazionale, denunciando una violazione della sovranità statale e della legge federale.

Newsom ha definito la mossa di Trump "un inequivocabile passo verso l'autoritarismo". La risposta del Presidente è stata altrettanto dura, sostenendo pubblicamente la proposta del suo consigliere per l'immigrazione, Tom Homan, di arrestare lo stesso governatore Newsom come "ostacolo" alle sue decisioni. "Lo farei io se fossi Tom. Penso sia fantastico", ha dichiarato Trump ai giornalisti, alzando ulteriormente lo scontlro istituzionale.

Sul terreno, la tensione è palpabile. Lunedì sera, davanti a un centro di detenzione federale nel centro di Los Angeles, la polizia ha disperso centinaia di manifestanti, mentre schieramenti a falange di Guardia Nazionale e poliziotti avanzavano lungo le strade, accompagnati dall'odore acre del gas lacrimogeno e dal crepitio delle granate stordenti. Scene analoghe si sono verificate in altre città, da New York ad Austin, in Texas, dove la polizia ha effettuato arresti e usato munizioni meno letali.

I numeri diffusi dal Dipartimento della Sicurezza Nazionale parlano di un'accelerazione drastica: 2.000 arresti al giorno di presunti trasgressori delle leggi sull'immigrazione negli ultimi giorni, una cifra che eclissa la media giornaliera del 2024 sotto Biden. Una escalation che la stessa Noem ha promesso di intensificare ulteriormente, legando esplicitamente la repressione alla reazione dei manifestanti: "Più protesteranno e commetteranno atti di violenza... più duramente l'ICE li perseguirà".

Sicuri che in relazione agli Stati Uniti di Trump si possa ancora parlare di democrazia?