Da una parte, il ministro delle Finanze Padoan ed il presidente del Consiglio Renzi dicono, in qualsiasi occasione, che l'Italia cresce anche se non come dovrebbe, ma cresce. Dall'altra, le rilevazioni Istat che fotografano una situazione che indica un paese la cui crescita è non solo contenuta, ma anche in fase calante, senza dimenticare che la sua diffusione non è generalizzata ma a macchia di leopardo, sia in relazione ai settori che alla collocazione geografica.

Inoltre, da parte del Governo non traspare neppure alcuna considerazione in relazione al fatto che l'attuale crescita sia attribuibile in parte, e non certo secondaria, a fattori esterni favorevoli come il rapporto euro/dollaro, il QE ed il prezzo del petrolio che oscilla tra i 40/50 dollari. Quindi, una parte del PIL è oggettivamente attribuibile anche a questi dati che poco hanno a che fare con l'azione del Governo.

Ma oltre alle statitistiche e alle dichiarazioni di propaganda, sono comunque i fatti che possono aiutare a capir meglio quali siano le condizioni dell'Italia. Per questo tornano utili gli avvertimenti del sindacato, in quasto caso della CGIL, che porta a conoscenza che a Torino 10 mila posti di lavoro sono rischio oppure che in Umbria si registra un calo record nelle assunzioni.

"Sono migliaia, tra 5 e 10 mila - fa sapere il sito rassegna.it - i posti di lavoro a rischio nelle imprese metalmeccaniche con oltre 50 dipendenti della provincia di Torino. Un numero che potrebbe addirittura superare i 15 mila se si considerano anche le aziende con meno di 50 addetti. La denuncia arriva dalla Fiom Cgil territoriale, autrice di un'indagine sulle 45 aziende più significative del settore. Lo studio evidenzia che dei 13.900 lavoratori impiegati nelle imprese esaminate (tra cui Fca), oltre 12 mila utilizzano ammortizzatori sociali, tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà e procedura di mobilità."

E per quanto riguarda la situazione dell'Umbria, il segretario generale della Cgil Vincenzo Sgalla ha dichiarato: «La nostra regione è quella in cui il calo delle assunzioni a tempo indeterminato nel 2016 è più accentuato. Non solo arretriamo di quasi il 50% rispetto al dato dopato dagli incentivi nel 2015, ma torniamo indietro anche rispetto al 2014, quando gli incentivi non c’erano. Una chiara dimostrazione di come il jobs act e le politiche del governo in materia di occupazione si dimostrino inefficaci, ma anche del fatto che gli imprenditori umbri“evidenzino una buona dose di opportunismo e una scarsa lungimiranza, unita alla mancanza di volontà di investire davvero sul lavoro.»

Queste sono due situazioni reali nell'Italia del nord e in quella del centro. Sono situazioni che vanno considerate come isolate e del tutto particolari oppure come esempi di una situazione generale? Leggendo i dati dell'Istat su occupazione e andamento dell'economia, la seconda ipotesi appare quella più probabile.

È il Governo, però, che ostinatamente non sembra voler vedere la realtà e, in base a questo, resta difficile comprendere come possa trovare delle soluzioni utili per porvi rimedio. Oggi, sindacati e Governo torneranno a parlarsi in un incorntro che dovrebbe riguardare le imprese nelle aree di crisi. Speriamo che questa occasione sia utile per far capire a Palazzo Chigi la necessità e l'urgenza di politiche che mettano da parte la propaganda per affidarsi a concrete strategie di sviluppo che possano realmente avviare percorsi virtuosi per una crescita economica reale e duratura.