Era iniziata dopo l'udienza pubblica del 24 gennaio, la camera di consiglio in cui i giudici della Corte costituzionale hanno dibattuto sulla legittimità della legge n. 52 del 6 maggio 2015 recante "Disposizioni in materia di elezioni della Camera dei deputati", in pratica il cosiddetto Italicum, la legge elettorale voluta dal PD di Renzi ed approvata, nei vari passaggi in aula, con il ricorso alla fiducia.
Le questioni di incostituzionalità sono state sollevate dai Tribunali ordinari di Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova a cui si sono rivolti dei cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali chiedendo che si accertasse se l'Italicum non violasse il loro diritto di voto, anche facendo ricorso alla rimessione degli atti alla Corte costituzionale, come poi è avvenuto.
Coloro che si erano rivolti ai tribunali di Perugia, Torino, Trieste e Genova avevano sollevato le questioni di incostituzionalità su due punti dell'Italicum: il premio di maggioranza assegnato in caso di ballottaggio e la possibilità per un candidato capolista, nel caso fosse stato eletto in più collegi plurinominali, di optare per quello preferito in base ad una sua mera valutazione di opportunità, anziché in base ad un criterio oggettivo e predeterminato.
Dopo due giorni di camera di consiglio, la Corte costituzionale, nel pomeriggio di mercoledì 25, ha reso note le proprie decisioni, respingendo le eccezioni di inammissibilità proposte dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'incostituizionalità di quei due aspetti della legge sopra elencati.
Questo il testo del comunicato rilasciato dalla Consulta.
... Nel merito, ha rigettato la questione di costituzionalità relativa alla previsione del premio di maggioranza al primo turno, sollevata dal Tribunale di Genova, e ha invece accolto le questioni, sollevate dai Tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono.
Ha inoltre accolto la questione, sollevata dagli stessi Tribunali, relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione.
A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità, sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall’ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell’art. 85 del d.p.r n. 361 del 1957.
Ha dichiarato inammissibili o non fondate tutte le altre questioni.
All’esito della sentenza, la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione.
Adesso la palla passa alla politica. La prima dichiarazione è quella del deputato 5 Stelle Di Battista: «L'Italicum, la legge elettorale fatta da Renzi e Boschi e votata da questa maggioranza che pensa esclusivamente alle regole della politica (dimenticando l'Italia reale) è in gran parte incostituzionale!
L'hanno fatta per superare il "porcellum" (giudicato incostituzionale), hanno detto che era "la migliore legge elettorale del mondo", hanno detto "che ce l'avrebbe copiata mezza Europa", ci hanno addirittura messo la fiducia sopra (perdendo per sempre la faccia) e ora la Corte Costituzionale ne ha bocciata la gran parte.
Questo è l'ultimo, clamoroso, fallimento dei "rottamatori della legalità" che ancora non si sono levati dai piedi!»
Dichiarazioni simili e di segno opposto, come logico, incendieranno il dibattito dei prossimi giorni. Ma la questione che adesso è sul piatto riguarda la data del voto politico a cui è legata la legge elettorale.
Dopo questa tanto attesa sentenza che ha confermato in gran parte i dubbi di incostituzionalità espressi da molti già al momento della sua approvazione, che cosa decideranno i partiti? Utilizzeranno questa legge per la Camera così com'è? La modificheranno leggermente? Ne faranno una analoga per il Senato? Non ne terranno conto e torneranno al Mattarellum?
Naturalmente, a frapporsi al voto immediato, c'è il capo dello Stato che si è già espresso sulla necessità di armonizzare la legge elettorale di Camera e Senato in modo che entrambe possano produrre dei risultati "congruenti" al momento dello spoglio.
A ben guardare, il pronunciamento della Consulta che doveva essere una specie di giorno del giudizio per questa legislatura, non farà altro che aggiungere nuovi elementi per ingarbugliare e rendere ancora più aggrovigliato ed inestricabile il dibattito politico sulla legge elettorale... almeno per arrivare alla data utile per consentire ai parlamentari di prima nomina di acquisire i diritti remunerativi che solo il completamento della legislatura potrà rendere esigibili.