Per la prima volta il Giro d'Italia partirà fuori dai confini del Vecchio Continente, e sarà la 13esima volta che partirà dall’estero. La Corsa Rosa proporrà tre tappe sul territorio israeliano ed inizierà con una cronometro individuale da Gerusalemme.

Definendola "Grande Partenza", la Gazzetta dello Sport pubblicizza così l'edizione 2018 del Giro d'Italia che, per l'appunto, inizierà con una cronometro all’interno dell’abitato di Gerusalemme costeggiando alcuni luoghi simbolo della città come la Knesset e le mura storiche. Inoltre, il Giro d'Italia proseguirà in Israele anche per i prossimi due giorni con le tappe Haifa - Tel Aviv e Be'er Sheva - Eilat.

Ma perché iniziare il Giro da Israele? Probabilmente perché nel 2018 ricorrono 70 anni dalla proclamazione dello Stato da parte di Ben Gurion e la corsa rosa sarà uno degli eventi per festeggiare la ricorrenza. Però, c'è anche il rovescio della medaglia. Infatti, nel 2018 anche i palestinesi commemoreranno un evento, il 70° anniversario della Nakba, cioè della "catastrofe" che vide circa 800.000 persone forzatamente rimosse dalle loro case e dalla loro terra da parte di Israele.

Quindi, come è possibile fare qualche migliaio di km per iniziare una corsa ciclistica a tappe all'estero in un Paese la cui politica, lasciando da parte la sua costituzione, è considerata da 50 anni più che controversa dopo l'occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme est, tanto che in molti - comprese le Nazioni Unite, seppur non ufficialmente - paragonano Israele al Sud Africa durante il periodo dell'apartheid? Senza dimenticare che con quel Sud Africa nessuno voleva avere niente a che fare, neppure nello sport!

Evidentemente per gli organizzatori del Giro d'Italia non è un problema che in base al diritto internazionale tutti gli insediamenti israeliani realizzati nei territori occupati palestinesi costituiscano un crimine di guerra. E non deve essere un problema neppure la confisca dei beni dei palestinesi e l'allontanamento dalle loro terre, oltre alla requisizione dei pozzi d'acqua e ad altre "amenità" di cui Israele è responsabile e che qui sarebbe lungo e fuori tema ripetere.

Per tale motivo, oltre un centinaio di organizzazioni per i diritti umani, sindacati, associazioni per il turismo etico, gruppi sportivi e religiosi di più di venti paesi hanno firmato un appello internazionale per spostare da Israele la "Grande Partenza" del Giro d’Italia.

"Noi, sottoscritti gruppi della società civile, impegnati per i diritti umani universali, per lo sviluppo sostenibile, la libertà di movimento ed il turismo etico - così recita l'incipit dell'appello - siamo allarmati nel vedere che il Giro d’Italia, evento ciclistico a carattere mondiale, aiuti Israele nella violazione del diritto internazionale e dei Diritti umani dei palestinesi.

Portare la Grande partenza della gara per il 2018 in Israele non solo coprirà l’occupazione militare israeliana e le sue politiche razziste contro i palestinesi, ma aumenterà anche il senso di impunità di Israele, incoraggiandolo a proseguire nella negazione dei diritti del popolo palestinese sanciti dall’ONU.

Far partire la gara a Gerusalemme aiuterà Israele a rinforzare la sua illegale pretesa di sovranità sulla città. Da quando ha occupato e annesso illegalmente Gerusalemme est oltre 50 anni fa, Israele ha lavorato instancabilmente per espandere e consolidare i suoi insediamenti illegali di soli ebrei dentro e intorno alla città. ..."

Tra i firmatari dell'appello - come riporta la Near east news agency - ci sono il linguista Noam Chomsky, i giuristi John Dugard e Richard Falk, relatori Speciali Onu per la Palestina, l’attore Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza, Curzio Maltese, Sergio Cofferati e Luisa Morgantini. E tra le associazioni i sindacati Fiom-Cgil e Usb e le reti Pax Christi, la Comunità cristiana di base di San Paolo e Ebrei Contro l’Occupazione.

La presentazione del Giro d’Italia 2018 si terrà il 29 novembre.