Il 20 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale del rifugiato, voluta dall’Assemblea generale dell'Onu nel per la prima volta il 20 giugno 2001, nel cinquantesimo anniversario della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, approvata nel 1951, che definisce chi sia un rifugiato, i diritti di coloro che hanno ottenuto protezione e le responsabilità delle nazioni che garantiscono l'asilo.

Quest'anno, l'appuntamento cade in un momento quanto mai delicato enon solo per quanto riguarda l'Italia. Europa e Stati Uniti sembrano aver dimenticato ciò che in passato hanno approvato, impegnati in una specie di lotta senza quartiere nel come respingere il migrante, senza neanche preoccuparsi tanto di verificarne lo status o men o di rifugiato.

Perché? Ce lo spiega l'Unhcr, Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, con il rapporto annuale Global Trends in cui ci informa che a fine 2017, nel mondo, erano 68.5 milioni le persone costrette alla fuga, di cui, solo nel corso dello scorso anno, 16.2 milioni hanno abbandonato le proprie case per la prima volta o ripetutamente: 44.500 persone in fuga ogni giorno, una persona ogni due secondi!

Nei 68.5 milioni sono inclusi anche 25.4 milioni di rifugiati che hanno lasciato il proprio paese a causa di guerre e persecuzioni, un numero che è aumentato di oltre il 10% - 2.9 milioni in più - rispetto al 2016: l’aumento maggiore registrato dall’UNHCR in un solo anno.

Coloro che al 31 dicembre 2017 hanno chiesto asilo ed erano ancora in attesa di sapere l'esito di tale richiestasono aumentati da circa 300.000 a 3.1 milioni.

Invece, le persone sfollate all’interno del proprio Paese erano 40 milioni del numero totale, poco meno dei 40.3 milioni del 2016.

Questo è quanto ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati: «Siamo a una svolta, dove il successo nella gestione degli esodi forzati a livello globale richiede un approccio nuovo e molto più complessivo, per evitare che paesi e comunità vengano lasciati soli ad affrontare tutto questo. Ma abbiamo motivo di sperare.

Quattordici paesi stanno già sperimentando un nuovo piano di risposta alle crisi di rifugiati e in pochi mesi sarà pronto un nuovo Global Compact sui rifugiati e potrà essere adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Oggi, alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato, il mio appello agli Stati membri è di sostenerci in questo. Nessuno diventa un rifugiato per scelta; ma noi tutti possiamo scegliere come aiutare.»

Ma non va neppure dimenticato che tra i rifugiati non vi sono solo gli adulti, come ci ricorda l'Unicef, visto che il numero globale di bambini rifugiati e migranti che si spostano soli è aumentato di circa 5 volte tra il 2010 e il 2015.

Almeno 300.000 bambini non accompagnati e separati sono stati registrati in circa 80 paesi tra il 2015 e il 2016, rispetto ai 66.000 nel 2010-2011. Il dato reale dei bambini che si spostano soli è probabilmente molto più alto.

Ed i rischi collegati a ciò ci vengono ricordati da Manuel Fontaine, Direttore dei Programmi di Emergenza dell’UNICEF: «Nella Giornata Mondiale del Rifugiato, è importante ricordare le minacce e le sfide che i bambini in transito affrontano ogni giorno. I bambini sradicati – rifugiati, richiedenti asilo o sfollati interni – affrontano gravi rischi per la loro salute e sicurezza, oltre a enormi ostacoli che limitano l’accesso ai servizi di cui hanno bisogno per crescere.

Questi bambini hanno bisogno di più di una giornata... hanno bisogno di speranza, opportunità e protezione. Richiediamo agli Stati Membri di rinnovare i loro impegni a garantire a questi bambini diritti e ambizioni.»

L’Unicef spera che il Global Compact sui Rifugiati (GCR) e il Global Compact sulle Migrazioni (GCM), che dovrebbero essere finalizzati entro quest’anno, servano da linee guida per impegni più forti degli Stati Membri in favore dei diritti dei bambini sradicati nel mondo. A tale scopo ha rilasciato un’agenda di sei punti d’azione per proteggere i bambini rifugiati e migranti, nella quale sono incluse le raccomandazioni sulle migliori pratiche che possono essere incorporate in entrambi i Compact.

Intanto, però, negli Usa i bambini del Messico e dei Paesi del Centro America i cui genitori vengono fermati dalle autorità, sono presi in custodia dal governo americano e separati dai loro familiari.

«Un trattamento inumano, traumatico e, senza mezzi termini, inaccettabile - ha dichiarato Carolyn Miles, Presidente e Direttore Generale di Save the Children Stati Uniti. - Un atto così crudele come la separazione può infatti causare gravissime conseguenze sociali ed emotive ai bambini e ai loro familiari, con il rischio di comprometterne anche gli anni a venire. La nostra esperienza in tutto il mondo ci dice che un bambino posto in strutture pubbliche lontano dalla propria famiglia è particolarmente vulnerabile ad abusi a livello emotivo, fisico e psicologico che possono comportare problemi nello sviluppo, ferite interiori e traumi.»